.34. Silk Sheets

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Magnus fece in modo di farle male, usò il suo fallo come se fosse stato un pugnale in grado di ferirla a morte

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Magnus fece in modo di farle male, usò il suo fallo come se fosse stato un pugnale in grado di ferirla a morte.

<<Ti prego, Magnus.>>

Diceva la contessa di Winthorpe, ma non era la sua voce, era quella della duchessa di Raven che gli scoppiava nelle orecchie.

<<Ti prego, Magnus, continua. >>

Il duca di Seillac si stava dando piacere da solo adagiato sulla poltrona da cui li osservava, stava pensando solo a Magnus, ne era invaghito. Ma si era imposto di trattarlo malissimo fuori da lì, di umiliarlo nei salotti quanto Magnus faceva nel letto, rifiutandolo. Dall'altra parte, seduto su una poltrona poco distante, il duca di Raven aveva tra le mani solo il suo bicchiere e li guardava intensamente. Anche lui pensava alla duchessa di Raven, esattamente come stava facendo Magnus, mentre Magnus ripensava ai suoi occhi azzurri e serissimi, alle sue labbra leggermente schiuse e infine, come sempre accadeva, ai suoi pugni che sbattevano contro il vetro della carrozza, il duca ripensava al suo seno, alla purezza di sua moglie contrapposta alla corruzione di quello che stava vedendo. Era attratto dallo spettacolo ma contemporaneamente una tale vista non faceva che rafforzare la figura eterea di sua moglie che stava prendendo forma nella sua testa giorno dopo giorno. L'idea della creatura che niente sapeva del mondo, ancora vergine, che l'attendeva a casa, leggendo, ricamando e che si era rivelata insperatamente eccitante, anche più di una giovane cameriera, perché era sua moglie, era sua.

Da quando era iniziato questo cambiamento ? Se lo domandava spesso, dov'era stato il punto di rottura col passato, quando aveva smesso di avere paura di lei e aveva iniziato a desiderarla? Mille volte si era dato dello stupido per non averla presa la notte in cui si erano visti. Ma una parte di lui ne era invero molto compiaciuta, era contento che lei fosse ancora intatta, che stesse aspettando di essere rotta da lui, come una pallida e lucente porcellana. Era teso e affascinato dall'aspettativa, dal saperla a casa, protetta, in attesa che lui fosse infine andato da lei.

Magnus tentava di fare presa sulle lenzuola di seta della contessa ma le sue mani scivolavano, e ogni volta che le cadeva addosso rimbombava evidente il rumore fastidioso dello schiocco secco che faceva la sua pelle contro il corpo ossuto della contessa.

Mancava poco al piacere della donna, lo percepiva da come si contraeva addosso a lui, dal modo insopportabile in cui respirava, dalle gambe che non stavano ferme un secondo, scivolavano sulle lenzuola anche quelle, e Magnus la tirava su di nuovo, senza pietà, mischiando l'odio coi suoi umori e il suono del godimento della contessa al suo silenzio. Non era mai arrivato all'orgasmo, si conservava, aspettava di rimanere solo nella stanza della servitù dove Lisa, come sempre, gli avrebbe fatto trovare qualcosa, un'arancia, una cioccolata calda, un pezzo di torta. Non avrebbe toccato quel cibo, non aveva mai appetito dopo, ma i suoi occhi sarebbero stati fissi sulla superficie porosa del frutto, sul vapore leggero della cioccolata o sulla compattezza della pasta del dolce, e ancora con quella vista davanti, e la duchessa dappertutto dentro di lui, sarebbe finalmente esploso.

LA DUCHESSA DI RAVENDove le storie prendono vita. Scoprilo ora