.26. The Stink of Stale's Things

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<<Io non so se...>>

Lisa Leroy si protese verso la contessa di Winthorpe. Forse era perché sapevano entrambe cosa significasse perdere un bambino, quale sensazione terribile fosse avere il ventre improvvisamente vuoto quando ci si era abituate ad averlo tanto pieno. La stessa cosa, indovinò Lisa, forse poteva dirsi del loro cuore. Il suo si era mai sentito davvero pieno dell'amore di Magnus? Le piacque pensare che per una breve parentesi fosse avvenuto che il marito mostrasse per lei un tenero rispetto e un tiepido affetto. Se l'era fatto bastare per sei anni. Ma negli ultimi era tutto precipitato, i modi di Magnus si erano fatti sempre più freddi, le sue assenze sempre più frequenti.

Sentiva le voci che circolavano sul suo conto, le donne con cui si diceva si intrattenesse alle taverne. E se non l'avessero avvertita le malelingue sarebbe bastato incontrarlo ubriaco e puzzolente di alcol, tabacco e profumo da quattro soldi. Eppure era l'uomo più bello che avesse mai incontrato e quando la raggiungeva, sempre più sporadicamente per la verità e solo per tentare di darle un figlio, si trovava a reagire con passione ai suoi sbrigativi amplessi. Si era trovata a rimpiangere il passato, quando lei era una giovane cameriera innamorata e lui sembrava tanto irraggiungibile, quando poteva occuparsi di lui in tanti piccoli modi, rifacendogli il letto, facendogli trovare un pasto caldo.

Quando l'aveva conosciuto era sempre così arrabbiato, poi, negli anni, la rabbia si era trasformata in una placida rassegnazione. Fino a quel ricevimento a cui aveva acconsentito a condurla dopo anni di vita defilata. Lì si era riacceso all'improvviso, era tornato lo scalpitante giovane uomo teso e pieno di vita che aveva conosciuto. E l'aveva stupita infinitamente quando aveva accettato l'invito di Lady Sanders di trascorrere il Natale insieme. L'aveva visto accadere sotto ai suoi occhi, suo marito si era infine trasformato nel fantoccio disperato di quell'odiosa donna a cui in passato aveva scritto le sue lettere, di cui il contenuto le era sempre stato oscuro, finché la contessa di Winthorpe non aveva dato voce ai suoi timori. E pensare al modo in cui si era stretta al seno quell'inchiostro bluastro, in cui aveva odorato la carta da lettere cercandovi una traccia del suo profumo mascolino, sinceramente ammirata di essere innamorata di un uomo così fuori dal comune, così intelligente, capace di scrivere come un nobile, ora la imbarazzava soltanto. Erano lettere colme di passione per la duchessa di Raven, per quell'algida donna che lo trattava con tanta sufficienza e che lui seguiva a testa bassa come un cane in calore. Non faceva che cercare i suoi occhi in mezzo a tutti, che pendere dalle sue labbra, bisognava essere ciechi per non rendersene conto.

<<Io non so se...>> Balbettò appena nel silenzio della camera della contessa. Un'aria stantia permeava la stanza. Pensò di andare ad aprire la finestra, ma il vento che ancora soffiava selvaggiamente la convinse a sopportare l'odore fastidioso di chiuso, che il fuoco crepitante rendeva addirittura più acre.

Osservò la contessa appoggiata su almeno tre cuscini, in posizione quasi seduta, i capelli chiarissimi erano sparsi come una corona intorno al suo volto dagli occhi scuri come la pece. La osservò con quegli occhi e un'espressione profondamente stanca.

LA DUCHESSA DI RAVENDove le storie prendono vita. Scoprilo ora