.32. Cruel Suggestion

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Magnus le galoppava accanto, entrambi avevano, istintivamente, quasi fermato i cavalli e l'andatura delle due bestie proseguiva lentissima

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Magnus le galoppava accanto, entrambi avevano, istintivamente, quasi fermato i cavalli e l'andatura delle due bestie proseguiva lentissima. Magnus era preso a guardare la gonna sporca di fango e la mano della duchessa che stringeva la briglia con serietà, mentre fissava davanti a sé con concentrazione e non sembrava più badare a lui.

<<My Lady?>>

La duchessa si girò verso di lui e socchiuse le palpebre come se sentisse il bisogno di metterlo di nuovo a fuoco. I capelli erano scarmigliati e gli occhi, così lucidi e accesi, parevano a Magnus quelli di alcune sante di cui aveva osservato le rappresentazioni una volta, nella chiesa di St. James. Quei luoghi lo avevano colpito, lo avevano intimato al silenzio, spinto ad una immediata e istintiva venerazione, esattamente come succedeva quando si trovava di fronte al corpo della duchessa.

<<My Lady...>>

Ripeté incerto. Era curioso che sentisse ancora quel bisogno delle sue parole, del suo corpo? Non l'aveva baciata, non l'aveva neppure baciata. Continuava a pensarlo, continuava a dirsi che doveva avere qualcosa che lo tenesse impegnato nelle lunghe notti che avrebbe dovuto passare sveglio, qualcosa in grado di distrarlo quando le mani della contessa di Winthorpe avrebbero preso da lui tutto quello che lui non voleva concedere.

<<È sbagliato, Magnus. È tutto così... confuso, da quando ti ho conosciuto.>>

<<Vi è dispiaciuto quello che è successo?>>

<<No, ma non... non so come comportarmi con te. Non conosco le regole Magnus, non so, ecco... con mio marito non è così. Niente è stato neanche vagamente simile, eppure si tratta sempre della stessa cosa.>>

Quello che stava dicendo era ogni tanto interrotto dall'incedere a singhiozzo della sua Molly, obbligata ad una marcia troppo lenta.

Magnus provò un improvviso fastidio quando la duchessa gli parlò di quello che faceva o non faceva col duca e sentì subito di dover fare qualcosa per restituirle il favore.

<<Nemmeno con la contessa è come con voi. >>

Disse infatti subito dopo.
La duchessa, che aveva riportato lo sguardo sulla terra in cui gli zoccoli di Molly affondavano senza pietà, gli restituì subito un offeso sguardo azzurro. La giornata non era migliorata, il mondo era ancora un posto scolorito ma Magnus si fece bastare quell'accenno di colore che vedeva addosso a lei, che racchiudeva il cielo negli occhi e la terra d'estate nel vestito.

<<Tu e lei fate, tu fai... questo genere di cose anche con lei?>>

Disse subito, era arrossita, lo sguardo era puntato, fiero, verso la radura. Magnus vide il duca, Roland e Billy venire verso di loro. All'improvviso riconobbe in lei la donna spietata che aveva visto la prima volta e capì che il suo orgoglio gli aveva fatto mettere un piede in fallo, come per un perverso gioco del destino, lo zoccolo del suo cavallo si impigliò in una radice e Magnus dovette tenersi in equilibrio sulla bestia, la duchessa lo aveva distanziato di qualche passo, poi la vide rallentare e aspettarlo.

<<Allora?>>

<<Si.>>

Confessò sicuro, cattivo

<<Si.>>

Ripeté solo per vedere ancora la duchessa accigliarsi e soffrire già di quell'amore fasullo che andava a sommarsi al suo mondo d'illusioni, l'illusione del titolo, della ricchezza, dell'affetto del marito.

<<Quanto spesso?>>

<<Sempre, ogni giorno.>>

Magnus evitava ora di guardarla. La contessa sentiva il cuore scoppiare nel suo petto, sentiva la delusione, la rabbia e un dolore sordo che non riconosceva. Li immaginava insieme, invidiava lei, la sicurezza della contessa soprattutto, si sentiva incapace di gestire questa nuova cosa e provava la spiacevolissima sensazione che presto la sua ignoranza lo avrebbe annoiato, che forse già stava succedendo perché non l'aveva neppure baciata, perché sentiva una specie di freddezza in lui che la disgustava. Era come un cibo squisito e dannoso insieme.

E Dio se aveva fame. Non aveva mai visto un ... solo la parola le faceva rimescolare qualcosa nello stomaco, quindi neppure nella sua testa si concesse di usare uno dei nomi che Magnus aveva suggerito, ma ricostruì lo stesso nella sua testa, con perizia, quello che lui le aveva mostrato. Poi ripensò alle sue stupide ammissioni su quello che faceva anche con la contessa e di nuovo, quel dolore la colpì, insieme alla vista di suo marito, Roland e Billy poco distanti. Si girò di nuovo verso di lui.

Ti odio, ti detesto, siete solo un maledetto bastardo.

Questo dicevano i suoi occhi.

Ancora, ancora, ancora.

Diceva la sua anima.

Magnus si limitò a ricambiarla con uno sguardo terribile, i suoi, di occhi, si erano fatti di muschio. La bocca era una linea dritta e precisa, le mani stringevano fortissime la briglia.

Non disse niente e la duchessa accelerò il passo come l'aveva vista fare all'inizio, forse per errore o forse con determinazione. Stavolta non ebbe dubbi che lo avesse fatto apposta, la vide arrivare presso di loro, fermarsi, e osservò il duca che scendeva da cavallo e si avvicinava a lei. Una mano del duca fu presto sulla caviglia della duchessa, stavano parlando. Sapeva quello che il duca guardava, lo capiva perfettamente. Guardava il corpetto, il seno gonfio, poi aveva notato due graffi lungo il braccio con cui si era difesa dai rovi o dai rami che aveva trovato durante la sua folle corsa. Infine aveva dato forse dato un'occhiata a quel fango ormai asciutto che si era incrostato sulla sua guancia, dove Magnus, mentre si slacciava le brache, l'aveva vista passare, distratta, una mano sporca di terra che aveva poi lasciato ricadere, mostrando infine il suo delizioso palmo all'insù. Lei l'aveva pregato e lui, distratto e sedotto da quella vista, l'aveva assecondata.

Provò l'impulso di correre lì e staccare la mano del duca che ancora era sulla caviglia, ancora la violava coi suoi occhi stupidi, vuoti. I suoi occhi con cui, era sicuro, guardava indifferentemente la moglie e una cameriera qualunque. Si, era convinto che il duca la soppesasse con severità, che la giudicasse come avrebbe fatto con qualunque altra donna, che stava iniziando a trovarla affascinante proprio grazie a lui. Era uno spettacolo insopportabile, questo. Per via del suo orgoglio, sicuramente, per via della vendetta, perché la stava rimandando, vergine, da suo marito. Ripensò a come lei gli aveva raccontato che si era mostrata al duca, nell'intimità della sua camera, con la camicia immacolata e quello sguardo imbambolato, stregato, con cui aveva guardato lui, quello sguardo che l'aveva sedotto e incatenato a sua volta.

Dovette reprimere l'impulso di ucciderlo, Billy e Roland l'avrebbero aiutato? Avrebbero mentito per lui? Ma solo l'idea lo scosse così tanto che senza capire perché, si girò e corse dalla parte opposta a loro come una furia, verso casa della contessa di Winthorpe. Si sarebbe arrabbiata moltissimo, lo sapeva già. Lo avrebbe sottoposto ad uno dei suoi squallidi giochetti, sapeva anche questo. Ma improvvisamente preferì qualunque altra cosa a quella vista che gli aveva causato un tale terremoto interiore.

La odiava. La detestava con tutto sé stesso.

L'avrebbe fatta a pezzi, quello che provava in quel momento Magnus, quello che gli era toccato vedere, la duchessa lo avrebbe visto e provato centuplicato. Stavolta non si difese dai rami che lo sferzavano, sentì quel lieve dolore che doveva aver provato anche lei, immaginò che i rami lo ferissero proprio nello stesso modo e nello stesso punto in cui avevano ferito la duchessa. Non si domandò il perché, neppure lui che se lo domandava sempre su ogni cosa. Iniziò da quel momento ad abbracciare la possibilità che certi impulsi non potevano semplicemente essere compresi. Quel suo bisogno, quella violenza con cui si fece punire dai rami sul suo cammino non avevano alcun senso ma sentiva l'esigenza di farlo, proprio come sentiva l'impulso di fottere la duchessa, di togliere le mani del marito dalle sue gambe e di parlarle ancora. Perciò lasciò  fare, si lasciò fare, senza capirne la ragione, qualunque cosa immaginò si fosse fatta fare la duchessa di Raven da quei rami.

Era solo l'inizio, temette, in un rapido e subitaneo lampò che l'attraverso e lo lasciò stordito.

LA DUCHESSA DI RAVENDove le storie prendono vita. Scoprilo ora