Cap. 49

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Osservai per alcuni minuti l'imponente edificio biancastro che si trovava di fronte a me, e, più lo guardavo, più le poche certezze che ero riuscita a tenere fra le mie mani, incominciarono lentamente a sgretolarsi in mille pezzi.

Ora non mi sentivo più così sicura come prima.

Mille paranoie e timori insistenti si erano infatti impossessati spietatamente della mia mente.

Dentro di me avevo fortemente paura che qualcosa potesse andare storto, temevo che nessuno mi avrebbe creduta; ma soprattutto mi terrorizzava il fatto di non poter essere aiutata e dover quindi affrontare da sola questo grande peso senza poter almeno punire chi mi aveva fatto del male.

Tutto ad un tratto un venticello pungente mi scompigliò i capelli, distogliendomi per un attimo dal tornado di emozioni che avevo dentro di me.

La bandiera a stelle e strisce appesa sull'edificio si mosse a sua volta in maniera energica, mentre, dopo pochi istanti, una seconda ventata un po' più forte attraversò ogni centimetro del mio corpo, facendomi questa volta rabbrividire.

Incrociai le braccia sul mio petto per cercare di ripararmi, poi, dopo essermi guardata un po' attorno, i miei occhi vennero attirati dalla grossa insegna blu che si trovava sopra la mia testa: "Police department".

Sospirai e chiusi gli occhi, fermandomi ad ascoltare il battito del mio cuore che batteva a ritmo contro il petto.

Il mio corpo pareva essere staccato dal resto di me da quanto lo sentivo leggero, mentre la mia mente era come sempre uno scenario affollato e caotico che non si arrestava mai.

I miei arti inferiori iniziarono a formicolare così aprii gli occhi e, dopo essermi sgranchita le gambe, mi diressi verso l'entrata del dipartimento.

Anche se non ero più convinta, non mi sarei tirata indietro: la paura non mi avrebbe fermato ancora una volta.

Non avrei mai e poi mai permesso a Ryan e Jack di passarla liscia come se niente fosse soltanto perché non mi sentivo pronta a denunciarli.

Dopotutto nella vita non si è mai nati pronti, siamo sempre impreparati di fronte a qualcosa che non conosciamo e che ci spaventa, ma dobbiamo andare oltre; perché non esiste l'attimo perfetto, non esiste la situazione ideale in cui saremo sicuri al cento per cento di dover fare quella determinata cosa, spetta a noi crearla.

E questo era per me il momento di affrontare i miei demoni e sperare di ottenere un po' di giustizia.

Salii in fretta le poche scale che si trovavano prima dell'ingresso, poi posai la mano sulla maniglia ed entrai rapidamente prima che potessi cambiare idea.

Una volta dentro, chiusi la porta con cautela per evitare di sbatterla e attirare ulteriore attenzione su di me che, in quel momento, era sicuramente una delle tante cose di cui ne avrei fatto volentieri a meno.

Prima di cercare aiuto rimasi ad osservare curiosa per qualche secondo l'ambiente che mi circondava.

Dovevo ammettere che l'edificio all'interno era decisamente più accogliente e meno tetro, il color panna che si trovava sulle pareti donava infatti al tutto un tocco di luce che esaltava addirittura le divise blu dei poliziotti.

Ad ogni singolo angolo erano posizionati alcuni distributori d'acqua enormi, mentre in fondo alla stanza si trovavano, in un piccolo spazio, tante scrivanie ammucchiate una vicino all'altra dove alcuni poliziotti stavano compilando dei fascicoli ed altri invece stavano lavorando al computer.

Feci qualche passo e mi accorsi che le pareti erano tappezzate di foto di poliziotti che ormai non facevano più parte del dipartimento per ritirarsi in pensione.

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