Cap. 59

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<<Esatto, l'hai detto tu stessa! Proprio perché non sei un medico chiudi subito quella cazzo di bocca e smettila di sparare finte diagnosi o qualunque altra cazzata ti venga in mente. Non ho bisogno di una babysitter che si prenda cura di me o un finto medico che mi proponga esami su esami come se fossero caramelle. Non sei mia madre, non sei mia amica e non sei tanto meno un medico quindi smettila di essere così fastidiosamente gentile! Non sei nessuno per me, è chiaro? Non sei nessuno! >> urlai, puntandole un dito dritto in faccia << Non ho scelto io di vendere la casa che mi apparteneva e non è nemmeno colpa mia se rischi di perdere la tua stupida agenzia immobiliare e se da questo momento in poi io e te saremo costrette a frequentarci, va bene? Quindi smettila di essere così ossessiva e paranoica! Nemmeno il tuo amico Nick ti sopportava oggi quando hai fatto quella scenata al ristorante, non mi sembra il caso che tu ne rifaccia una questione di vita o di morte soltanto per uno stupido svenimento! >> esclamai, alzando le braccia verso l'alto con fare isterico e riuscendo a liberarmi definitivamente dal grande peso che mi opprimeva.

Non mi ero mai sfogata con nessuno in quel modo, anzi, a dir il vero, non mi ero mai sfogata del tutto!

Era la prima volta nella mia vita che urlavo al mondo ciò che non mi andava bene.

Tutto ad un tratto un silenzio tagliente invase la stanza, mentre il rumore del vento, che si udiva debolmente da fuori, creò un'atmosfera surreale e di desolazione.

Sembrava che attorno noi tutto si fosse di colpo fermato e che gli altri fossero addirittura scomparsi.

Al mondo eravamo rimaste soltanto io ed Alexandra.

Abbassai lo sguardo verso le coperte bianche del letto, non osando guardare, nemmeno con la coda dell'occhio, l'amica di Nick.

Il mio petto non smetteva di salire e scendere contro il maglione a causa del mio respiro ancora agitato.

Chiusi un attimo gli occhi e svuotai il mio animo dal caos che stava governando ogni parte di me: dovevo riprendermi sia fisicamente che mentalmente dall'esaurimento nervoso che avevo appena avuto.

Dal fondo della mia gola iniziai ad avvertire un insistente pizzicore per colpa del tono di voce troppo alto che avevo tenuto, le mie mani sudate si erano chiuse da sole in due pugni stretti pieni di odio, mentre la mia mente era imprigionata in un labirinto oscuro.

Qualcosa nel profondo del mio cuore era cambiato. Non potevo affermare con certezza se fosse rancore, tristezza o delusione oppure un mix di tutti e tre; non potevo nemmeno descrivere con precisione come mi sentivo, perché non avevo mai provato una sensazione del genere.

Dopo qualche minuto da quella mia reazione così violenta, incominciai ad acquistare un po' di lucidità e, non appena mi resi conto delle parole impregnate di rabbia che erano uscite dalla mia bocca, l'odio e l'adrenalina che mi scorrevano dentro le vene sparirono all'istante.

Se prima davanti allo specchio già stentavo a riconoscermi, adesso ero ormai certa di non riuscire più a farlo.

Era quasi come se la persona che aveva urlato furiosamente contro Alexandra, non ero io, ma qualcun altro.

Una simile scenata me la sarei potuta aspettare da mia madre, da Ryan, dal padre di Brad e a tratti anche da Brad stesso; ma mai e poi mai mi sarei immaginata che un giorno dal ruolo di vittima sarei passato a quello di carnefice.

Ripensando a ciò che avevo detto, mi morsi la lingua, pentendomi di essermi rivolta a lei in quel modo.

Cosa mi era preso?

Perché avevo reagito così quando Alexandra stava soltanto cercando di aiutarmi?

Perché ce la prendiamo sempre con le persone che si preoccupano per noi e mai con quelle che invece ci hanno fatto soffrire?

Valley Paradise (COMPLETA)/ ITA /Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora