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| I commenti non sono collegati ai capitoli che leggerete. Purtroppo Wattpad ha stravolto tutto. Per evitare spoiler, vi consiglio di non leggerli. Semmai voleste scrivere, siete liberi di farlo|

Trevor's Pov.

17 ore prima.

Il sacco oscilla da una parte all'altra ad ogni colpo assestato. La forza con la quale colpisco il tessuto compatto e resistente è talmente potente da causare lo scricchiolio delle nocche, dalle quali fuoriesce sangue scarlatto. I piccoli tagli bruciano ad ogni cazzotto, causando un perenne fastidio che si tramuta in dolore. Lo stridio della catene diventa sempre più acuto ma non irrita le mie orecchie, che sembrano abituate a questi rumori sempre più presenti. Non passa giorno in cui non sia rinchiuso in palestra, al poligono o semplicemente in camera per una sessione continua di allenamento fisico. L'unico modo che conosco per trattenere tutta la rabbia, e allo stesso tempo espellerla, è questo: colpire qualcosa di duro, di resistente, così tanto da provocare lesioni. Ad oggi seguo solo cosa suggerisce il mio corpo, il quale sembra abbia bisogno di dosi continue di dolore. Il cervello in automatico volge la completa attenzione su di esso e, per ore intere, i miei pensieri sembrano rimanere in standby. La nota positiva è la stanchezza mentale e fisica che percepisco a fine giornata, di fatti dopo una doccia calda crollo senza nemmeno accorgermene. La mia routine, ormai, è questa - salvo per quelle quattro/ cinque ore in cui sono costretto a dover partecipare alle riunioni, per le questioni ancora aperte su Iabo ed il flerus. Il distacco totale dalla realtà e dalla gente che mi circonda mi sta aiutando, in un certo senso, ad affrontare la situazione. Una situazione incasinata, caotica, che riflette perfettamente il mio stato mentale negli ultimi giorni. Il caos regna sovrano dentro di me, lo percepisco dal modo in cui la ragione ed il sentimento lottino continuamente. È così difficile scegliere quale dei due fare prevalere, specialmente quando ogni cosa mi riporta a due occhi scuri ed una chioma rossa. So bene che i miei comportamenti sono contrastanti, conosco Arabella e immagino già cosa stia pensando di me ultimamente. L'ho allontanata volutamente, preferendo la solitudine a due braccia rassicuranti: le sue. La voglia di stringerla e sentire il suo calore è tanta, ma non tanto quanto la paura di poterle far male intenzionalmente. Mi conosco, so bene quanto possa diventare ingestibile quando qualcosa non va come dovrebbe e l'ultima cosa che voglio, ad oggi, è ferirla. Probabilmente, con il mio atteggiamento lo sto già facendo e non passa giorno in cui non mi senta in colpa. Incrociare i suoi occhi e intravedere quel barlume di tristezza mi uccide, tanto quanto la lontananza che sento non solo fisicamente ma anche, e soprattutto, mentalmente. L'intesa che percepisco tra me e lei è assurda, così strana... eppure è la prima cosa che sin dall'inizio mi ha spinto verso di lei.

Colpisco il sacco con violenza, digrignando i denti quando all'ennesimo colpo i tagli cominciano a bruciare fastidiosamente. Il sangue impregna le nocche, colorandolo di un liquido scarlatto ma non me ne curo molto, non è questo il dolore che in questo istante preme maggiormente. La rabbia si riversa abbattendo ogni frontiera, come un fulmine a ciel sereno, e diamine se non la sento scorrere nelle mie vene, come il sangue che pompa a ritmo con il mio respiro accelerato e affannato.

Mi sento così oppresso, come se un enorme masso stia calpestando il mio corpo con tutta la potenza esistente. Ed io tento di resistere, di sollevarmi sebbene il carico sia esagerato ma la forza è così tanta da schiacciarmi, riducendomi polvere.

Troppe cose stanno andando per il verso sbagliato, troppe cose richiedono una forza interiore ed un coraggio che non possiedo. Arabella ha sempre elogiato queste mie caratteristiche, eppure non le sento più mie, come se non fossero mai esistite. Mi sento come quel ragazzino impaurito che dovette affrontare la perdita improvvisa dei suoi genitori anni prima; quella sensazione di abbandono, di paura perenne. Un limbo di infinita angoscia che mi portò solo all'apatia totale. Mi sento catapultato in una realtà a cui non appartengo, in quell'anno di dolore e sofferenza. La perdita di mio padre, i pianti soffocati di mia madre e la freddezza di quel tempo che avvolse il mio corpo, in un involucro sempre più sottile e fragile.

OLTRE I LIMITI DEL CUORE |HS|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora