• Epilogo

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Arabella's Pov.

Accosto l'auto proprio dinanzi all'ingresso del cimitero, distante all'incirca dieci minuti da Mint Hill, sostando un paio di minuti prima di abbandonare l'abitacolo. La pioggia ha cessato di cadere da un'ora ormai ma la brezza pungente, e a tratti anche gelida, continua a sussistere. Non che si muoia di freddo, non qui a San Francisco per lo meno, le cui temperature non calano mai al di sotto dei dieci gradi. Il caldo asfissiante non abbandona in nessun caso questa terra, anche se negli ultimi dieci giorni la pioggia non ha dato nemmeno un attimo di tregua. Osservo senza prestare veramente attenzione i passanti, alcuni dei quali si introducono svelti nel camposanto mentre altri, con i visi stravolti e imballati di un'angoscia serafica, abbandonano il luogo. Il natale è prossimo, oramai, ed i familiari approfittano dei giorni feriali per andare a trovare i propri cari, seppur il posto non sia poi così allegro. Sospiro pesantemente lanciando un'occhiata ai sedili posteriori, che ospitano un mazzo di orchidee e un Adham dormiente. Sorrido alla visione sporgendomi quanto basta per accarezzargli la guancia e afferrare i fiori.

« Forza dormiglione! Svegliati» esclamo.

Il bimbo sbuffa innumerevoli volte prima di sbattere ritmicamente le palpebre.
« Ho sonno» borbotta, incespicando sull'ultima parola, decisamente cantilenata.

« Sbrigati, su»

Sistemo la sciarpa al collo, rabbrividendo nel momento in cui abbandono la mia auto, raggiungendo a passi lenti l'ingresso aperto a tutti.

La mia mano afferra la sua, così piccola e sottile, curvando le labbra in un piccolo sorriso di incoraggiamento. Adham mi guarda dal basso ricambiando incerto, volgendo poi, con curiosità, la sua attenzione alla cancellata grigia di notevoli dimensioni, stropicciando gli occhi ancora gonfi dal sonno.

« Dove siamo?» domanda a bassa voce, appiattendosi alla mia gamba quando il guardiano gli passa accanto, con in mano una ramazza ed un sacco nero stracolmo di erbacce.

La ghiaia scricchiola al nostro passaggio, confondendosi con i medesimi rumori provocati dalle gente, la quale non fa minimamente caso alla nostra presenza - più interessati, giustamente, a volgere qualche preghiera o semplicemente qualche minuto di silenzio al parente, amico o familiare.

« Siamo nella casa degli angeli» spiego in maniera discreta, ottenendo una sua occhiata stupefatta.

« Angeli?» ripete, fissando una coppia di anziani che raggiungono una lapide poco lontana da noi.

Annuisco. « Tutte queste lapidi che vedi, sono le case delle persone che adesso si trovano in cielo»

« Wow! È anche la casa della mia sorellona?» i suoi occhi cercano i miei in attesa di una conferma ed il mio cuore si riempie di una lieve angoscia.

« Stiamo andando a trovare proprio lei, così potrai conoscerla e parlarle. Ti va?» propongo abbozzando un sorriso dolce.

Annuisce con vigore stringendo la mia mano. « E come fa a sentirmi se si trova in cielo? Ha dei poteri?»

Rido alla sua confusione, abbassandomi sulle ginocchia. È troppo piccolo per capire ed i suoi occhioni intrisi di pura confusione me lo confermano.

« Certo che può sentirti! Anche se si trova in cielo, lei rimarrà sempre al tuo fianco. Non può risponderti, è vero, ma tu puoi parlarle ogni volta che vuoi!»

Il vento fa svolazzare i suoi ricci ribelli ed il brivido di freddo che lo investe lo spinge a nascondere il viso nel suo cappotto blu.

« Mi porti da Alexis?» allunga le mani verso di me, una chiara esortazione a prenderlo in braccio e che accolgo senza alcun indugio.

OLTRE I LIMITI DEL CUORE |HS|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora