"Lasciarsi un giorno a Roma"

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PUNTO DI VISTA DI ANDREA

Ci sono giornate fatte a posta per dormire. Quelle dove neanche un improvviso temporale potrebbe dissuadermi dallo stare buttato sul letto a russare come un maiale; oddio sul temporale, riflettendoci, meglio evitare, significherebbe avere Lydia tremante di paura al telefono, ha il terrore dei fulmini, dei tuoi, dei rumori forti, proprio come mia nipote Sofia. Ancora mi ricordo le occasioni in cui è capitato di essere insieme in quei momenti, le vengono proprio le crisi di pianto, nonostante i 18 anni. Le paure paralizzano a qualsiasi età. Facciamo una tempesta di vento allora. Sì, lo so, sono un po' catastrofista.

Quella di oggi mi sembrava una di quelle giornate. Lydia era impegnata con Diletta, Marco e Walter per tutta la mattina a scegliere i "diari" per l'anno nuovo (la verità è che non ce la fanno proprio a non stare insieme, qualsiasi scusa è buona), niente allenamenti almeno per la mattinata e per la scuola tutto ancora da decidere, visto che al Torricelli ero supplente, adesso devono decidere cosa fare di me. Insomma, il clima ideale per sonnecchiare selvaggiamente sopra le lenzuola in mutande; fa ancora troppo caldo per coprirsi (Lydia è un caso a parte, lei si copriva anche a Ferragosto, quindi non fa testo).

Sembrava, sì. Come nei giochi da tavolo, quelli con cui da ragazzino obbligavi i parenti a trascorrere i pomeriggi di domenica o di ogni festività comandata, c'è sempre da fare i conti con l'imprevisto, con le cose che non puoi controllare, quelle che succedono e basta; e tu, impotente, le lasci distruggere tutte le certezze che avevi.

Claudia mi aveva riscritto due giorni prima del gala del Coni, era il suo compleanno e io non avevo voluto farle gli auguri, me lo ero imposto, nonostante ricordassi benissimo quella data. Era il secondo che non festeggiavamo insieme, dopo tanti anni passati a soffiare sulle candeline seduta sulle mie gambe.

Claudia: Non mi hai fatto gli auguri.

Era da poco passata la mezzanotte e io stavo messaggiando con Lydia, che era in preda a una crisi di nervi per il tour de force a cui la stavano costringendo madre, sorella, migliore amica e nonna per trovare l'abito adatto all'evento.

Andrea: Che ti aspettavi?

Claudia: Una telefonata. Tanto lo so che non l'hai scordato ...

Andrea: Pur volendo, non ci riuscirei.

Lo sapevo che era la cosa sbagliata, che avrei dovuto troncarla lì, ma con lei è più forte di me. Per quanto grandi siano i muri, riesco puntualmente a sentirla, proprio lì al centro dello stomaco. Un rumore sordo. Un cielo plumbeo squarciato da un fulmine.

Ce n'erano stati altri di messaggi, voleva sapere come stavo, come proseguiva la mia vita, o meglio ... come proseguiva la mia vita senza di lei. Sì, perché c'è stato un periodo in tempi non sospetti in cui il mio nome era associato al suo, perché siamo stati una cosa sola per così tanto tempo che quando è stato il momento di scioglierci, non ci abbiamo rimesso solo noi. È servito proprio reimparare a vivere l'uno senza l'altro, chissà con quali risultati? Lo stesso è stato necessario per le persone a noi vicine, talmente tanto abituati a vederci insieme, da fare fatica a pronunciare un nome solo dei due. 

Lydia è arrivata proprio nel momento in cui avevo scelto di starmene da solo, di farmi i cazzi miei, di non stare più male per una donna, perché avevo sofferto tanto e non me lo meritavo, perché avevo amato tanto e mi era tornata indietro un'incudine spaventosamente grande. Poi come la primavera arriva dopo l'autunno, è arrivata Lydia. La diffidenza mi ha conquistato, l'innocenza del non sapere, del non credere di voler amare, del non sapere come si fa ad amare. Ci sono rimasto sotto un'altra volta.

Mai avrei creduto che in una mattina di settembre, una di quelle in cui vorresti dormire e basta, in cui non vorresti mai e poi mai sentir suonare il citofono, neanche da parte del postino, mi sarei ritrovato dall'altra parte della porta di casa Claudia.

Storia di una ragazza disordinatamente normaleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora