"...Al punto che disturbi, al punto che è già tardi. Rimani quanto vuoi"

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Oggi bisognerebbe andare al mare. Fa caldissimo, l'afa inizia a prendere piede tra quest'ultimi sprazzi di clima primaverile, che Roma ci concede nel suo incanto. Sono stata costretta a fare il cambio degli armadi, non era più tempo ahimè per maglioni e felpe ... via libera a vestiti floreali, jeans, canottiere e quando il freschetto si affaccia nei momenti passati all'aria aperta, un chiodo di pelle a coprire le spalle; altrimenti va più che bene l'impermeabile, nelle circostanze in cui neanche le nuvole sono pronte a lasciarci.

Già, oggi si potrebbe proprio andare al mare. Purtroppo, però, c'è una sorta di tacita regola, una consuetudine, per cui è risaputo che i maturandi il mare nella migliore delle ipotesi lo rivedono poco prima della metà di luglio. E infatti, campeggiamo nel giardino di casa di Diletta, speranzosi di riuscire a memorizzare qualcosa della famosa teoria della sessualità freudiana. Siamo anche saliti di interesse rispetto all'angosciante Kierkegaard.

Io e Walter ci occupiamo di andare a prendere in cucina qualcosa da mangiare per tutti e quattro. Sono ore che non ci prendiamo un break. Ma proprio quando afferro la bottiglia di succo all'albicocca, tirandola fuori dal frigo, sento il cellulare squillare dal giardino. Mi sbrigo a tornare fuori prima che attacchi la segretaria telefonica. È un numero fisso di Roma non registrato.

<<Pronto>>, mi preparo all'ennesima voce straniera di un qualunque call center con l'offerta della giornata.

<<Signorina Lydia Golizzi?>>. La voce è rauca e appartiene ad un uomo.

<<Sono io>>, aggrotto le sopracciglia perplessa. I miei amici mi osservano in attesa come me di sapere l'identità del mio interlocutore.

<<Salve, la chiamo dal policlinico Gemelli>>. Mi si gela il sangue.

<<Che succede?>>

<<Un uomo ha avuto un incidente con la macchina, non è nulla di grave, però ci ha fornito il suo contatto da avvisare>>. Il tono dell'uomo dall'altro capo è neutro, evidentemente abituato a questo tipo di conversazioni; mentre io galleggio a mala pena nel panico.

<<Arrivo subito>>

Attacco senza attendere risposta. Non è grave, però è comunque un incidente! Sarà di certo papà, chi altro avrebbe dato il mio numero per avvisare la famiglia? Mamma mia. Speriamo bene. Non devo avere un bel colorito a vedere le facce di Marco, Diletta e Walter.

<<Allora?>>, Diletta è più spaventata di me.

<<Devo andare al Gemelli>>, sussurro appena, riordinando i mille flash che ora inondando la mia testa, <<mio padre ha avuto un incidente>>. Non riesco a razionalizzare la cosa, di certo non ci riuscirò finché non vedrò con i miei occhi che è tutto a posto.

<<O santo cielo!>> impreca Walter preoccupato.

<<Vai, sbrigati>>, mi incita Marco, sistemandomi i libri che mi ero portata per studiare nella borsa con il resto delle mie cianfrusaglie sparse sul tavolo.

<<Merda, non ho la macchina!>>, realizzo che con l'autobus ci metterei davvero troppo e ragionare su altri mezzi o modi per arrivare il prima possibile mi costa uno sforzo che ora non riesco a sostenere. Devo vedere papà.

<<Prendi la mia>>, afferro al volo le chiavi che Walter mi lancia, dopo averle prese dal mobile accanto al tavolo.

<<Sicuro? Giuro che te la riporto appena posso!>>

<<Ma sì, stai tranquilla>> mi rassicura lui affettuoso, <<io e Marco torniamo a casa a piedi!>>

<<Grazie ragazzi!>>

Storia di una ragazza disordinatamente normaleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora