Firenze, dolci ricordi...

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Passa mezz'ora dal traumatico risveglio prima che io riesca a finire di farmi una doccia e vestirmi con ciò che avevo pensato di indossare: un paio di jeans tranquilli a vita alta e una camicetta bianca semplice, insomma un mio look solito, niente di più o di meno. Il commento di Diletta era stato <<mica devi andare in ufficio!>>. Appoggio la giacca sulla sedia davanti alla scrivania, in modo da ricordarmela prima di uscire.

Provare a coprire le occhiaie con un po' di correttore si rivela un tentativo fallimentare, sono una frana nel trucco, non so spingermi oltre il necessario per sembrare leggermente più "in salute". Aggiungo il mascara e il lucidalabbra, dopo aver messo la matita sulle labbra, rimettendo poi tutto nel beauty case da infilare in valigia. Pettinati i capelli, li lascio mossi sulle spalle. Una giornata normale, che normale però non è. Non c'è bisogno di blush, so già che avrò modo e tempo di arrossire a breve.

<<Sei pronta?>>, mamma è appoggiata all'armadio e mi guarda sorridente, chissà da quanto tempo è lì?

Annuisco, respirando profondamente con l'aiuto del diaframma.

<<Ma perché sei così agitata?>>, mi raggiunge alle mie spalle, aiutandomi a sistemare la giacca sulle spalle.

<<Voglio fare bella figura, può contare il suo parere in sede di scrutinio>>, cerco di rimanere concentrata, guardandomi dritta nello specchio.

<<Ah quindi tutta questa cura ieri nel preparare le cose con Diletta, lo smalto e la ceretta servono per quello?>> la osservo dal riflesso per un istante. Non è sospettosa, mi conosce, sicuramente non c'è neanche bisogno che parli per spiegarle. Ha già capito.

Respiro di nuovo profondamente, passandomi una mano sulla fronte alla ricerca di un briciolo di serenità. Mi sembra di rivedere la Lydia, che aveva le crisi d'ansia, subito dopo che Andrea l'aveva lasciata. Ora però è l'esatto opposto. Ho paura. Una paura fottuta.

Mamma mi tiene le mani sulle spalle, facendole scivolare lentamente sulle braccia, sembra voler scrollare via qualche pensiero di troppo al posto mio. <<Non devi darmi spiegazioni, sei grande ed è giusto che ti viva la tua vita, devi stare tranquilla>>, mi sorride sempre nel riflesso dello specchio, sono io a voltarmi per cercare i suoi occhi, magari dove non arriva la mia razionalità, ci pensano loro. <<Io non sono preoccupata, non devi esserlo neanche tu! Stai solo attenta a te, fai ciò che ti rende felice, il resto conta poco!>>

 <<Io non sono preoccupata, non devi esserlo neanche tu! Stai solo attenta a te, fai ciò che ti rende felice, il resto conta poco!>>

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Vedo il cellulare sulla scrivania accanto a me illuminarsi per una notifica. Mamma si allontana richiamata da Flaminia dal piano di sotto. Ne approfitto per leggere il messaggio. È Claudio.

CC: Golizzi, sono qui sotto. Muoviti!

Aiuto. È arrivato. Calma, Lyd. Non mostrargli che hai paura. Sei una donna, sei forte, sei bella. Niente può terrorizzarti, tanto meno un Claudio Conforti qualunque. Be', dai, ripetersi frasi motivazionali in testa funziona. Infilo in testa gli occhiali da sole, afferro la valigia, infilando ad una spalla la borsa ed esco dalla stanza, rischiando però di travolgere nonna per la mia sbadataggine.

Storia di una ragazza disordinatamente normaleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora