"Sunday morning"

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PUNTO DI VISTA DI CLAUDIO

Mi sveglio per un prurito improvviso sotto il naso. Spalanco gli occhi, preoccupato che ci sia un animaletto che mi cammina sulla faccia. Faccio fatica a non ridere, quando capisco di cosa si tratta: ho qualche capello di Lydia sul viso, rischio di mangiarli anche. È sdraiata al mio fianco accoccolata esattamente come prima di addormentarmi. È stata lei la prima a cedere alla stanchezza stanotte. Bella come un sogno, dolce come lo zucchero filato del luna park. Il braccio su cui è appoggiata è intorpidito, mentre non sento alcun fastidio alla gamba infortunata e la febbre sembra essere scivolata via come un brutto incubo.

Aveva detto che sarebbe rimasta finché la febbre non mi fosse scesa. Nessuno dei due si è più preoccupato di cercare il termometro per provarla. Lei riposava serena accanto a me e io stavo sempre meglio. Due risate e riflessioni davanti all'ennesima messa in onda di "Troy", commentando non solo i fisici statuari dei protagonisti, ma anche come fosse stata resa l'opera di Omero in scena. Nonostante l'ora e il momento ne è venuta fuori una bella chiacchierata, una delle nostre. A lei quando non torna qualcosa o quando la pensa in maniera diversa viene una ruga in mezzo alle sopracciglia, invece sorride di gusto appena scopre di avere ragione e di aver vinto. Appena si è addormentata, sono rimasto qualche secondo a osservarla prendere un ritmo di respiro regolare, rilassare ogni muscolo, sentire la sua mano morbida carezzare il mio braccio, quasi spaventata che potessi andarmene da un momento all'altro. L'inconsapevolezza di quei momenti rivela così tante cose ...

La sveglia sul comodino segna quasi le 11. Mamma mia, quanto abbiamo dormito? E abbiamo solo dormito. Mi stupisco di me. Non so quanto tempo sia passato dall'ultima volta in cui ho dormito nel senso letterale della parola con una donna. Mi alzo lentamente, cercando di non muoverla più di tanto, dorme con un ghiro e non voglio svegliarla. Zoppico senza però prendere la stampella per aiutarmi. Il telefono è rimasto sulla scrivania, continuo ad ignorarlo. Non ho voglia di rispondere ai messaggi. Prima di uscire dalla stanza, lancio un ultimo sguardo a Lydia, aggrappata ora al cuscino. Sorride involontariamente e io con lei.

È nel mio letto e non ho dovuto forzarla a restare, sarà l'accenno di un passo avanti? Non avrei mai e poi mai pensato di lasciarmi andare con lei, raccontandole addirittura dei miei genitori, di Milli

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È nel mio letto e non ho dovuto forzarla a restare, sarà l'accenno di un passo avanti? Non avrei mai e poi mai pensato di lasciarmi andare con lei, raccontandole addirittura dei miei genitori, di Milli. Ma ieri sera c'era qualcosa...qualcosa di inspiegabile, di magico. Una chimica nuova e sempre diversa. Un familiarissimo tepore, quello di coccole, di premure, di casa e non solo perché sono effettivamente tra le mie mura domestiche. Chissà cosa penserà stavolta svegliandosi?

In cucina, continuando a tenere il peso solo sulla gamba "sana", racimolo l'occorrente per una colazione che sia degna di essere chiamata tale. Qualche arancia da spremere, un po' di caffè, latte, pane e marmellata all'albicocca, serve altro? Io che preparo la colazione per qualcuno, devo essere davvero affetto da qualche strana sindrome. Bah. Mentre stendo la marmellata sul pane appena tostato, sento uno scalpiccio di passi; dall'attrito leggero, di sicuro è lei con i calzini colorati, l'ho notati subito quando si è sdraiata accanto a me, ne va orgogliosissima.

Storia di una ragazza disordinatamente normaleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora