Diletta, stanca di vedermi buttata sul divano a mangiare e a compatirmi, ora che ho anche "superato" la prima esposizione e posso stare tranquilla per qualche giorno e lei ha ricevuto lo stipendio, decide che la mia vita sociale ha bisogno di movimento.
<<I soldi non devi spenderli per me, devi metterli da parte per il bambino>>, la rimprovero io, nascosta in un plaid dai colori discutibili, ma incredibilmente caldo e accogliente.
<<Il bambino... mancano 7 mesi al parto, c'è tempo per mettere da parte>>, replica seria.
Non mi lascia scelta, tira fuori un abito dal mio armadio che neanche ricordavo di avere, mi obbliga a farmi truccare in maniera migliore di quanto avrei potuto fare io. La conclusione? Mi ritrovo con addosso un tubino nero sexy, scarpe col tacco che odierò fra molto poco, una pochette brillantinata tra le mani; mi trascina a forza in macchina, enunciandomi come un mantra <<hai bisogno di un'uscita da single>>, nonostante le abbia più volte chiesto di dare tregua a me e al mio povero cuore.
Alla fine ho fatto come con i matti, che vanno assecondati, soprattutto se è una donna incinta e decisamente ai limiti dell'isteria. In macchina in ogni canzone alla radio riesco a riconoscere gli occhi della mia pericolosa malattia.
Il cellulare squilla. Problema evocato...
<<Pronto>>, rispondo tentennante.
<<Oi, sei a casa?>>, la sua voce suadente me lo fa immaginare seduto sul divano con il suo solito calice di vino tra le mani, abbigliamento casalingo, dato che oggi non è uscito per lavorare, ma mai sciatto.
<<No, in macchina>>, rispondo a mo' di telegramma.
<<Stai venendo qui>>, non c'è domanda, c'è speranza.
<<No>>, scuoto la testa come se potesse vedermi. <<Sono uscita con Diletta, non so dove mi stia portando, ma a quanto pare devo avere fiducia>>
<<Ah, ho capito, Diletta ha attuato una sorta di terapia>>, commenta sarcastico.
<<Ci tiene a me>>, controbatto con una punta di acidità di troppo. Diletta infatti mi fa cenno di respirare con aria scherzosa.
<<E io no, secondo te>>, riflette leggermente amareggiato.
<<Claudio...>>, respiro profondamente, assecondando la mia amica.
<<No, lascia perdere, buona serata>>
Attacca.
<<Be' dai, almeno non avete urlato>>, commenta Didi soddisfatta.
Già, non abbiamo urlato. Mi sentirei meglio a litigarci come si deve, piuttosto che questa sorta di guerra fredda. Ci incontriamo per Gioia, parliamo di tutto, di lei naturalmente, dell'università; ci scontriamo in facoltà e finiamo per sfogare in discussioni professore – studentessa tutto ciò che non ci diciamo come coppia, se così ci possiamo definire.
<<C'hai pensato a farlo ingelosire?>>, mi chiede sempre Diletta riflettendo, <<no, non sarebbe sensato, lui sa perfettamente che sei cotta di lui, non saresti credibile>>
<<La sfiga di essere innamorata>>, aggiungo sbuffando pesantemente. <<Potrei picchiarlo in testa fino a che non cambia idea, potrei affogarlo sotto la doccia>>
<<Lui apprezzerebbe di ritrovarsi sotto la doccia con te>>, suggerisce Didi ridendo.
Anche io non disdegnerei. Mi manca ... tantissimo.
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Storia di una ragazza disordinatamente normale
Romantik"Essere adolescenti. La cosa più crudele che la natura potesse programmare per l'uomo." Questa è la frase con cui inizia questa storia, la storia di Lydia, un'adolescente che sta iniziando a diventare donna adulta, che non si è mai innamorata di un...