"Siamo parole dette a caso da un pazzo che non gli dà peso"

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Ok. Questo posso ammetterlo: sono fastidiosamente impulsiva. Mi pento da sola di quello che involontariamente combino. Ho 20 anni e ancora non ho imparato a contare fino a mille quando qualcosa mi tocca profondamente. È che se sono convinta delle mie ragioni, difficilmente cambio idea finché non ci sbatto il muso.

Dopo quel confronto, che sapeva più di uno scontro in realtà, quella sera a casa con Claudio ho cercato di mantenere un atteggiamento neutrale, soprattutto per non far notare il cambiamento a Gioia. Nelle coppie si litiga, ma non significa che per ogni discussione si deve buttare tutto il lavoro fatto fino a quel momento. Lui sembra essere sulla stessa linea, però mancano le battutine e quella complicità nostra che nei momenti di hype sa regalare circostanze insostituibili.

Ci salutiamo sulla porta di casa prima di cena, stavolta ringrazio Diletta di avermi tolto le castagne dal fuoco sul decidere che fare, mi ha chiamata pregandomi di andarle in soccorso perché ha avuto un calo di pressione e aveva paura. Claudio mi bacia la fronte, accarezzandomi la nuca con gli occhi leggermente incupiti.

No, non sono sicura di essere nel giusto, come non sono certa che lui sia mosso solo da sue paranoie. Quanto sarebbe bello poter avere tutte le certezze di cui si ha bisogno, ma purtroppo o per fortuna sono solo una ragazza normale, anzi ... disordinatamente normale.

*****

Stamattina sono arrivata in facoltà all'ora di pranzo. Ho saltato le lezioni della mattina per ultimare dei punti che avevo lasciato in sospeso della presentazione.

Ieri non avevo proprio la testa per mettermici, sfogliavo le pagine delle dispense, dei libri, nascondendomi nel mio plaid tanto odiato da Diletta, che ormai dormiva nel suo letto, ho usato una tazza di tè per scaldarmi le mani e dei vecchi video di Natale sul cellulare per amareggiarmi ancora di più, per saziare quella parte irrazionale di testa e soprattutto di cuore che mi chiedeva di lui e che in mezzo a cento, mille parole lontane riusciva comunque a trovare qualcosa che rimandasse a lui.

Corro in biblioteca, a quest'ora sono tutti in pausa pranzo in giro per corridoi e soprattutto fuori nei prati sparsi per la città universitaria, infatti è deserta, anche Monica si allontana per andare a mangiare qualcosa. Mi sono portata il pc da casa però per lavorare, perché ci ho salvato dei file utili, così mi metto nei tavoli in fondo dove non ci sono i computer fissi.

Il silenzio beatificante si infrange come un'onda sullo scoglio, quando si spalanca la porta per lasciar entrare il magnificente Edoardo Razzanti, seguito dal suo fascino brillante. Appena si accorge di me sorride soddisfatto, qualche secondo dopo è seduto accanto a me, che non interrompo il mio digitare frenetico sulla tastiera, temo di rompere la magia prolifica.

<<Se le serve qualche libro, faccia pure>>, gli mostro quelli che ho preso dagli scaffali.

<<Oh, no, non mi servono, volevo parlare con lei>>, mi guarda attento.

<<Me?>>, domando perplessa, abbassando lo schermo del pc.

<<Sì, non l'ho vista per niente in facoltà stamattina e ho notato i suoi compagni di corso pranzare nel giardino, mi sono chiesto dove fosse finita>>

<<Stamattina ho saltato le lezioni>>, dico tentennante, <<volevo concentrarmi sulla presentazione e così sono venuta direttamente adesso per mettermi a lavorare prima della lezione con Fabbri>>

<<Ha pranzato? Non è molto produttivo mettersi a studiare a stomaco vuoto>>, si raccomanda scherzosamente.

<<Sì, ho pranzato prima di venire, con me può stare tranquillo riguardo a questo>>, replico ironica.

Storia di una ragazza disordinatamente normaleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora