•CAPITOLO 3•

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"Posso sapere se avrò qualche credito in più?" -chiesi, cercando di eliminare le immagini maliziose che si stavano facendo spazio nella mia mente.

"Certo che avrai qualche credito in più. E poi avrai maggiori possibilità di trovare lavoro. Non credi?" -sorrise e si alzò, camminando verso di me.

La sua figura faceva ombra sulla mia; mi sentivo così piccola in confronto a lui.

"Vorresti altro?" -il suo tono era basso e seducente. Alzai velocemente lo sguardo sul suo viso, aprendo leggermente la bocca, non sapendo cosa dire. Pensai  a quelle sue parole per qualche secondo, soffermandomi su cosa volesse intendere; non ci voleva forse tanto per capirlo, ma cercai in tutti i modi di trovare un'alternativa a quei pensieri.

"Io.. dovrei andare." -mi voltai ed andai via. Uscì dall'aula nell'imbarazzo più totale. Lo sentì ridere, come se gli piacesse mettermi in imbarazzo.
Cosa stava succedendo? Cosa era successo negli ultimi cinque minuti?
L'unica cosa che avrei voluto in quel momento, era uscire da quella scuola e andare a casa. Non appena varcai la soglia del grande cancello scolastico, socchiusi gli occhi, respirando l'aria fresca. Notai Charlie seduta sul muretto che circondava il grande edificio grigio.

"Eccomi, andiamo!" -evitai di guardarla negli occhi, perché lei era capace di capire se avessi qualcosa soltanto guardandomi.
Le guance ancora rosse.

"Ferma, ferma, ferma. Che è successo lì dentro?"

Non osai guardarla, continuando a camminare verso casa.

"Tamara?"

"Non è successo niente, Charlie! Andiamo a casa, sta per piovere." -mi piaceva sapere che di li a poco, la pioggia avrebbe battuto sul terreno. Mi piacevano le giornate fredde e piovose.

Charlie tentò ancora di strapparmi qualche informazione di bocca, ma ero irremovibile.
Mi diressi verso la fermata dell'autobus e come previsto, la pioggia cominciò a scendere.
Alzai il cappuccio del mio giubbotto, in modo da coprirmi la testa.

"Mi dici qualcosa?"

"Charlie, non è successo niente, davvero."

"Tamara, lo sai che non me la bevo. L'ultima volta che mi hai detto così, hai rotto con Beck. Sputa il rospo."

Mi voltai verso di lei, guardandola.

"Non lo so, Charlie... credo che lui abbia un interesse nei miei confronti. Fisico, intendo."

"E questo lo avevamo notato anche in classe, Tamara... Ricordi?"-io annuì. Forse per lei era normale sentire che un'insegnante si interessasse ad un'alunna. Per me invece era una cosa a dir poco fuori dal comune.

"Cosa ti ha detto?"-continuó lei.

Mi voltai per avvistare l'autobus che avremmo dovuto prendere, ma la forte pioggia non me lo permise. Non si vedeva quasi nulla, almeno da lontano.

"Nulla, di partecipare al corso di fotografia. Poi mi ha fatto delle domande per niente inerenti."

"Del tipo?"- aveva alzato un sopracciglio.

"Che lavoro facessi, cosa leggessi e cose varie."

Arrossì a quel pensiero.

"Mmm, interessante." -il suo piede tamburellava per terra e cominciava a darmi il nervoso.

"Gli ho chiesto se avessi avuto qualche credito in più e  lui mi ha detto di sì. Poi però, mi ha chiesto se volessi altro." -abbassai lo sguardo, ripensando alla scena."

Charlie rise ancora una volta. A quanto pare il mio racconto le sembrò essere una sorta di barzelletta.

"E tu cosa hai fatto?" -continuò.

"E io sono andata via."

Vidi l'autobus avvicinarsi e sperai con tutta me stessa che non ci bagnasse, passandoci davanti.
Ci sedemmo e continuammo a parlare. Salutai Charlie quando arrivò alla sua fermata e mi preparai per scendere alla prossima. Sapevo che mamma non era in casa ed un po' mi dispiaceva.

03:12 p.m.
Nel silenzio, pensai a quel ragazzo e a quello che mi aveva detto. Pensai a tutto quello che era successo nelle ultime tre ore. Il modo in cui mi parlò e mi guardò.
Sobbalzai quando una coda morbida sfiorò le mie gambe; il mio gatto.

Il mio cellulare vibrò, riportandomi giù dalle nuvole.

"Charlie?" -misi in bocca un pezzo di pane, sbuffando, quando una ciocca dei miei capelli scuri solleticò la mia guancia.

"Tami, va sul sito della scuola." -corsi in camera mia, dove si trovava il mio computer portatile, al momento, gettato ai piedi del letto.

"Che succede? Qualche novità sui corsi extra scolastici?"

"Mm, no. C'è una foto del tuo amato insegnante." -rise. La maledissi mentalmente.

"Dio, Charlie." -notai la foto di cui mi parlava. Era stata scattata dall'alunna incaricata dell'annuario scolastico. Lo ritraeva mentre parlava con un'altro insegnante. Alto, snello, il suo corpo era foderato da un lungo cappotto nero, che lasciava intravedere i suoi attillati pantaloni neri e la maglietta bianca con scollo a V. Si notavano appena i tatuaggi sulle clavicole, dalla leggera trasparenza della maglietta.
L'unica cosa che pensavo, era che potesse sembrare tutto, meno che un'insegnante.
Forse perché era troppo giovane, forse per i tatuaggi. Eppure, qualcosa mi spingeva a voler sapere sempre di più di lui.

Il professore della porta accantoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora