•CAPITOLO 113•

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Lo aveva fatto già due volte, da quando aveva ricominciato a tormentarmi ed era una cosa che non mi faceva per niente piacere.
Cercai di staccarmi da lui, spingendo la testa all'indietro, ma lui capì ciò che stavo facendo e tenne ferma la mia testa con una mano.
Solo quando il mio telefono squillò, Beck si staccò da me, ma la sua mano scivolò sul mio polso.
Prima che potessi accorgermi che stesse cominciando a stringere la presa, mi voltai per tornare al bancone e prendere il telefono, ma quando tentai di fare un passo, mi sentì tirare indietro.

"Toglimi le mani di dosso." -dissi, parlando piano. Intanto il telefono continuava a squillare; forse era Charlie, che non sentendo più parlare, si era preoccupata e stava provando a richiamare.

"Non rispondere."

"Non decidi tu per me." -quando cercai di tirare il polso dalla sua presa, lui lo tirò a sua volta verso di lui, facendomi arrivare esattamente con le mani sul suo petto per bloccarmi.

"Beck, lasciami." -il telefono smise di squillare. E sperai con tutta me stessa che, se fosse stata Charlie a chiamare, avesse capito che c'era qualcosa che non andava.

"Non voglio."

"Sono a lavoro, se dovesse entrare il mio capo, mi licenzierebbe." -dissi, cercando di aver usato una scusa plausibile.

"È stato qui prima, non tornerà di nuovo."

"Non puoi saperlo."

"Rilassati, Tamara..."-continuò. Rilassarmi? Come poteva dirmi di rilassarmi?

Quando sentì i campanelli della porta d'ingresso del negozio, mi voltai immediatamente, così come Beck.
Charlie entrò nel negozio e a passo svelto, si avvicinò a noi.

"Beck allontanati o chiamo la polizia." -disse. Charlie ed io eravamo molto più basse di Beck.

"Oh guarda chi c'è... la tua gemellina." -disse guardandomi e ridacchiando.

"Non voglio farle del male." -aggiunse, guardando Charlie.

"Non ne sono così sicura."

Charlie mi guardò, poi guardò di nuovo Beck.

"Ha un ragazzo." -disse.

"Lo so." -ammise lui.

"Allora perché non ti togli dalle palle?" -ribadì Charlie, facendomi ridere sotto i baffi. Rise anche Beck, lasciandomi il polso. Quando lo fece, indietreggiai di poco.

"Beck non darmi più fastidio." -dissi, fissando il pavimento e poi lui.

"Non decidi tu per me." -disse, ripetendo la frase che gli avevo detto quando il mio telefono stava squillando. Si allontanò, guardando sia me che Charlie ed uscì dal negozio.
Mi sentì subito sollevata e abbracciai Charlie, che mi chiese se andasse tutto bene.

"Mi ha baciata..."

"Di nuovo?" -chiese lei, seguendomi al bancone. Presi il telefono da sotto il bancone e notai che la chiamata, come avevo pensato, era di Charlie; c'era anche un messaggio di Harry a cui risposi velocemente. Ero sicura che se mi avesse sentita per chiamata, avesse capito che c'era qualcosa che non andava.

"Si... Charlie sono così stanca... prima tutto quel macello con..." -mi interruppi prima di pronunciare il nome di Stephen. Charlie aveva capito a chi mi riferissi.

"E adesso lui..." -continuò la mia migliore amica.

"Harry non sa ancora nulla, vero?" -aggiunse.

"No... non gli ho detto più nulla, da quando c'è stata quella discussione a casa mia con Beck."

Lei annuì.

"Diglielo Tami..."

Avrei dovuto dirglielo. Ci avevo pensato tantissimo negli ultimi giorni. Sapevo che sarebbe stato meglio dirglielo, ma avevo paura; paura delle sue reazioni. Sapevo che non avrebbe lasciato Beck in pace.
Io ed Harry ci vedevamo poco in quel periodo; perché lui era sempre in studio a lavorare ed io a casa a studiare per gli esami e in libreria per lavorare. Ci sentivamo molto però e tutte le volte che riuscivamo a vederci e stare insieme, facevamo l'amore.

"Glielo dirò."

"Mangi da me stasera?" -chiese lei, alzando ed abbassando le sopracciglia come faceva sempre; ed ogni volta che lo faceva, io ridevo come una stupida.

"Sushi?" -proposi, sapendo che avesse accettato volentieri. Charlie adorava il sushi.

"Mi conosci troppo bene, baby." -disse, dandomi le spalle ed uscendo dal negozio, mandandomi un bacio volante.

Fortunatamente, alla chiusura mancava poco e sarei finalmente usciva dalla libreria. Avevo fame e nella mia testa navigava l'immagine del sushi che avrei mangiato poco dopo con Charlie e ciò non placava la mia fame, anzi, la incrementava.

Poco prima di rendermi conto che mancasse solo mezz'ora alla chiusura, vidi una ragazza bionda e sorridente entrare in libreria, Emily.

Il professore della porta accantoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora