•CAPITOLO 59•

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Alzai di colpo lo sguardo, fissandolo al suo.

"Cosa?"-sussurrai.

Guardò in basso, alzando di nuovo lo sguardo, poi annuì.

"E.. aspetta, stai scherzando o parli seriamente?"-le chiesi.

"Sono seria, Tamara. Sono serissima."-quasi rise.

"Come lo hai capito?"-le chiesi.

Non potevo crederci. Non perché fossi omofoba o cose simili, anzi, avevo tanti compagni omosessuali! Ma lei era sempre stata la più sfacciata con i ragazzi; quella che quasi idolatrava la figura maschile.

"Giuro che non lo so nemmeno io. L'altra volta ero a casa di Justin e c'era sua sorella, l'ho aiutata a trovare un outfit per uscire con il suo fidanzato, e non lo so.. Mentre si cambiava, davanti a me..."-si interruppe, guardando a terra con gli occhi spalancati.

"Ho sentito come un desiderio. Non so come definirlo. E non era la prima volta che capitava."-mi guardò, facendomi forse capire qualcosa.

"Ti è capitato anche con me?"-le chiesi.

Lei annuì, facendomi sentire un po' in colpa, per averla presa inizialmente quasi come uno scherzo.

"Mi capita spesso, Tamara."-mi disse. Annuì, guardandola.

"È per questo che non vuoi andare oltre con Justin?"-lei annuì.

"Sono così confusa."-ammise.

"Si vede."-mi fulminò con lo sguardo, facendomi ridere.

"Pensi che io stia... sbagliando?"-chiese.

"Perché pensi questo? Se sei convinta che ti piacciano le ragazze, bene. Nessuno ti dice nulla! Devi solo ammetterlo a te stessa."

"Non ci riesco. Mi vedo..sbagliata."-ammise.

"Non sei assolutamente sbagliata, Charlie! Non dirlo nemmeno per scherzo."-mi drizzai, mettendomi davanti a lei e incrociando le gambe. Sapevo che stava per piangere; la conoscevo troppo bene.

"Hai solo bisogno di capire."-continuai. Lei alzò lo sguardo, inchiodandolo al mio, poi annuì.

Alzai le sopracciglia e girai di poco la testa, aspettando una risposta. Lei sorrise e mi abbracciò. Le volevo un mondo di bene.

"Mi accompagni domani a fare lo shooting?"-le chiesi, cercando di sollevarle il morale. Lei annuì, sorridendo.

Sabato, 04:12 p.m.

Vidi l'auto di Harry, poco prima di vedere lui venire verso la porta.
Andai ad aprirgli, gettandomi su di lui.

"Ciao piccola."-disse.

"Ciao tesoro. Entra, si gela."-fuori pioveva, come piaceva a me. Anche se, durante il tragitto di ritorno da scuola, mi bagnai parecchio. Ed il fato, non contento di ciò, decise anche di farmi cercare le chiavi di casa praticamente in ogni angolo del mio zaino e alla fine, erano dentro la tasca del giubbotto.
Mamma non era neppure in casa, sarebbe tornata domenica mattina, a causa di un turno più lungo a lavoro. Detestavo quando le capitavano quei tipi di turni; doveva fare il doppio delle ore e non riuscivamo neppure a vederci di striscio.

Non mi staccai dal suo corpo, fin quando sentì il timer del forno.

Corsi in cucina, tirando la mano di Harry.

"Che profumo."-disse, non appena entrò in cucina.

"Si, ho fatto una crostata."-sorrisi, sentendomi realizzata. Harry mi venne in contro, sorridendo e mi abbracciò.
Stavo così bene. Mi staccai da lui quando sentì nuovamente il timer suonare. Afferrai lo strofinaccio e tirai fuori la crostata.

"Merda."-portai un dito alle labbra, quando toccai lo stampo bollente. Sentì Harry ridere e lo fulminai con lo sguardo.
Si avvicinò, afferrando la mia mano e baciando il dito accaldato. Non scollò i suoi occhi dai miei; erano così.. ardenti.
Gettai sul tavolo lo strofinaccio e incollai le labbra sulle sue.
Mi staccai, quando il suo cellulare cominciò a vibrare.

"Pronto?"-disse, portando il telefono all'orecchio

Ascoltò a lungo e mi sembrò di sentire una voce femminile, dall'altro capo del telefono.
Cominciai a maneggiare la crostata, stando attenta a non bruciarmi nuovamente. Presi un piatto e cercai di far staccare la crostata dallo stampo.
I guanti non erano per niente d'aiuto. Harry spostò una sedia e si sedette, ascoltando ancora.

"Come mai?"-disse, di colpo.

Dovevo far raffreddare un po' quella crostata. Non si muoveva dallo stampo e la curiosità mi stava mangiando viva; chi era al telefono?
Posai la crostata sopra il lavello, voltandomi verso Harry che mi guardò.

"Vedrò. Ti farò sapere domani."-vorrei sapere anche io, MisterParloAlTelefonoConUnaDonnaENonTiDicoChi.

"A domani, si."-riattaccò, facendomi segnale di sedermi sulle sue gambe.

"Chi era?"-gli chiesi, sedendomi.

"Mia sorella."-la mia dea interiore tirò un lunghissimo sospiro di sollievo.

"Oh."-dissi semplicemente.

Presi delle briciole che erano cascate dalla crostata e le portai alla bocca.

"Problemi?"-aggiunsi.
Sentì la sua mano scivolare dalla schiena al fianco.

"No, vuole conoscerti."-disse.

Mi voltai di scatto.

"Vuole conoscermi?"-ripetei.

"Si. Ha visto la nostra foto e mi ha macinato il cervello."-Risi.

"È stata da te?"

"Si, stamattina."-disse. Mi girai di poco, infilando una mano tra i suoi capelli.

"Vorrebbe che domani andassimo da mia madre."-annuì, sorridendogli.

"Non mi sembri molto convinto."-gli dissi.

"Non sono convinto se portarti da mia madre, dato che non ci parliamo."-annuì.

"Posso farti una domanda?"-chiesi.

Lui annuì, inchiodando i suoi occhi ai miei.

"Loro sanno che.. stai con una tua studentessa?"

"Mia sorella si, mia madre no."-disse.

"Almeno che, mia sorella non glielo abbia detto."-aggiunse.

Stampai un bacio sulla sua guancia. Mi spaventava un po', l'idea di conoscere le uniche donne della sua vita.

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Il professore della porta accantoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora