•CAPITOLO 80•

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Mi baciò. Riuscivo a sentire il suo respiro caldo, che si mischiava al mio.

Quando mi sveglio, mi accorgo di non avere più il lenzuolo addosso. La porta- finestra era socchiusa ed entrava aria fresca, ma sentivo freddo. Mi voltai verso il corpo immobile accanto a me e sorrisi, istintivamente. Harry dormiva con il viso rivolto verso il soffitto e il suo braccio sinistro, circondava il mio corpo. Era una delle visioni più belle del mondo. Sembrava un angelo. I suoi capelli erano sparpagliati sul cuscino. Era a torso nudo, con il lenzuolo che lo copriva solo fino ai fianchi. Sembrava un Dio. Il suo petto si sollevava ad ogni respiro e le sue labbra erano semi aperte; sembrava che urlassero di essere baciate, morse, leccate e succhiate.
Mi alzai e uscì in balcone, indossando la camicia che prima, era bagnata. La notte era tranquilla; non c'era vento, solo aria fresca che faceva venire la pelle d'oca.
Adesso che Harry non sarebbe più venuto a scuola, come avremmo fatto per la gita scolastica? Io senza di lui non sarei andata da nessuna parte.
Dal suo balcone, si vedevano le luci attorno al Big Ben, in lontananza.
Poggiai i gomiti sulla ringhiera e chiusi gli occhi. La brezza era piacevole.
Tornai dentro, chiudendo la porta alle mie spalle. La stanza era fresca, adesso.
Harry era nella stessa posizione di prima, ma aveva il braccio sinistro, sopra la fronte. Non avevo molto sonno. Aprí la cabina armadio, decisa a prendere il costume da bagno che avevo lasciato qui, ma il mio sguardo cascó sul bauletto, infondo.
Distolsi lo sguardo e infilai immediatamente il costume, cercando di non fare rumore. Il pavimento era freddo contro i miei piedi nudi. Aprí la porta e la richiusi. Trasalì, quando si creò l'eco nella stanza. L'acqua della piscina era immobile. Posai l'asciugamano che avevo preso ed entrai in acqua, sedendomi sugli scalini in pietra. Non mi sarei mossa da li. L'acqua alta mi spaventava. Pensai a qualche ora prima; la paura ed il panico si erano impossessati di me.

"Non voglio che tu venga qui, se non ci sono io." -sobbalzai, quando Harry si piegò sul bordo piscina. Non lo avevo sentito entrare.

"Perché?" -chiesi.

"Perché potrebbe accadere una cosa simile a quella di oggi pomeriggio." -disse, sedendosi accanto a me. Era in boxer.

"Non sarei scesa da questi scalini." -il suo braccio cinse il mio corpo e mi fece rotolare verso di lui. Mi sedetti tra le sue gambe, in modo da potermi sdraiare sul suo petto.

"Non si sa mai, piccola." -annuì, stringendogli la mano.

"Non avevi sonno?" -continuò.

"Non molto."

"Stai bene?" -chiese, accarezzandomi la coscia.

Annuì, guardandolo.

"Voglio tagliarmi i capelli." -dissi.

Mi guardò, poi aggrottò le sopracciglia, ma sorrise.

"Perché?"

Feci spallucce. Avevo voglia di cambiare un po'.

"Ascoltami, Tamara. Non dire mai più, nella tua vita, che io avrei voluto farti del male." -disse. La mia mente tornò a prima di cadere in acqua. Non l'ho mai pensato, in verità.

"Eri tanto arrabbiato." -sussurrai.

"Anche se sono arrabbiato, non ti farei mai del male. Mai." -disse.

"Dimmi perché hai preso quelle pillole." -disse.

Chiusi gli occhi per qualche secondo, non volevo litigare.

"Perché avevo paura. Senza di te avevo paura. Avevo l'ansia di uscire, anche solo per andare a lavoro." -dissi tutto d'un fiato.

Harry mi strinse a se e posó le labbra sulla mia testa.

"Ci sono io, adesso. Non devi più preoccuparti."

Sabato:
Il phon mi bruciava l'orecchio destro. Guardai per terra, attraverso lo specchio, c'erano tantissime ciocche di capelli appena tagliate. Gilda, tagliò le mie punte e i miei ciuffi, aggiustando un po' il taglio. Le avevo chiesto di realizzare un colore scuro e così fece.
I miei capelli cominciavano a prendere forma, dato che erano più asciutti. Speriamo che a Harry piacciano.

"Vuoi che metta della schiuma?" -chiese Gilda.

"Si, solo per definirli un po'." -dissi.

Afferró il flacone di schiuma e ne verso un po' sulla mano, poi impastò i miei capelli. Stavo bene con i capelli scuri.
Gilda continuò ad asciugare i miei capelli con il diffusore. Guardai il mio riflesso. Avevo delle macchie di colore sulla fronte e sulle guance. Mamma passeggiava per il salone e guardava i quadri appesi ai muri; ritraevano tutti Marilyn Monroe. Kris ed Eva erano tornate a casa; adesso che c'era Harry, stavano anche loro più tranquille.

"Tutto bene, tesoro?" -chiese.

"Si." -mimai con le labbra.

Mi sorrise e si sedette su un divano. Gilda mi sparse dei cristalli liquidi per i capelli, poi slegò la tovaglia che proteggeva i miei vestiti.

"Finito." -mi alzai, stiracchiandomi. Mi stavano bene.

Gilda non accettò i miei soldi; era un'amica di mamma, erano cresciute insieme e mi conosceva da quando ero una bambina. Gilda era una ballerina di salsa.

Non toccavo il mio letto da tempo. Chiusi gli occhi, ascoltando la pioggia che batteva sul terreno. Erano le sei del pomeriggio, all'incirca.
Presi il cellulare ed affondai le ginocchia nel materasso, intenta a guardare fuori dalla finestra. Pioveva forte. Mamma era andata a lavoro, un po' prima del solito.
Chiamai Harry, guardando ancora fuori.

"Piccola?"

"Ciao Harry." -dissi.

"Stai bene?"

"Si, sto bene. Tu?"

"Sto bene anche io." -disse. Dio, la sua voce.

"Ma sei fuori? Sento il motore dell'auto." -dissi, aggrottando le sopracciglia.

"Apri, sono sotto casa tua."

Il professore della porta accantoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora