•CAPITOLO 30•

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Mi strinsi a lui, sentendomi a disagio, pensando che fossimo nudi entrambi. Lui però, fu capace di farmi sentire a mio agio, soltanto strofinando le sue mani sulla mia pelle.
Sarei dovuta tornare a casa presto, ma la presi comoda. Mamma quella notte avrebbe lavorato, non ci sarebbe stata.
L'indomani, avrei avuto Harry in classe; ma non avrei dormito da lui. Non avevo nulla con me; nessun libro, zaino.

"Sabato pomeriggio sarò in riunione." -alzai lo sguardo, puntandolo sul suo viso.

"Per cosa?"

"Giudizi sugli alunni." -spalancai gli occhi, soffermandomi a guardare la grande lampada rossa, all'angolo della stanza.
Rise.

"Pensi a quello che penso io?"-continuò.

"Credo di si." -tornai a stringermi a lui, affondando la testa sull'incavo del suo collo, sentendone il profumo.

"Non preoccuparti, piccola; andrà tutto bene."

Mercoledì.

Spostai il pesante piumone dalle mie gambe, sollevandomi sui gomiti. Osservai la mia camera; quel giorno pioveva e fuori c'era poca luce. Il cielo era ricoperto di grosse e pesanti nuvole, che cominciavano a far scivolare giù delle gocce. Mi piaceva quel tipo di tempo.

"Buongiorno Tamara!" -mamma fece capolino in camera mia.

"Mamma, cosa ci fai sveglia a quest'ora?" -non rimasi troppo sorpresa; era pur sempre una mamma; e si sa, non c'è nulla di più attivo di una madre.

"Sono tornata verso le cinque, non sono ancora andata a letto, ma non preoccuparti." -mia madre si sedette davanti a me, sollevando le ginocchia al petto.
La osservai. I suoi capelli biondi scivolavano lungo le spalle.

"Non sei mai tornata così tardi, o meglio, così presto!" -rise, capendo cosa intendessi. Colse da terra la maglietta di Harry. Aprì leggermente la bocca, aspettandomi una domanda.

"Si, lo so, ma abbiamo avuto un'emergenza con un paziente; ha avuto varie crisi epilettiche."-fece una pausa.

"E questa?" -ecco il momento cruciale.

Mi morsi il labbro, non sapendo cosa dire. Fortunatamente non mi stava guardando.

"Tamara?"

"Eh?"

"Questa? Non é tua!" -sorrise.

"No, non è mia."

"E di chi è, signorina?"

"Ieri ero da Charlie e ho macchiato la mia maglietta con dello yogurt e Toby mi ha prestato una sua maglietta."

"E Charlie non avrebbe potuto prestartene una sua?" -cazzo.

Rimasi in silenzio, non sapendo cosa dire.
Lei annuì, non proprio convinta. Sapevo benissimo che non l'avesse bevuta.

"Va a prepararti, dai!"-mi alzai dal mio caldo letto, avvicinandomi al mio grande armadio. Il mio era piccolissimo, in confronto a quello che Harry aveva nella stanza delle foto.
Mi soffermai a guardare nuovamente mia madre; stava tenendo in mano la maglietta di Harry.

"Mamma, posso riaverla? La metto dentro lo borsa, così la restituisco a Charlie." -si alzò, venendomi in contro. Posò la maglietta nella mia spalla, dandomi un bacio sulla guancia.
La guardai, rigirandomi non appena chiuse la porta alle sue spalle.
Afferrai la maglietta, portandola vicino al mio naso, sentendone il profumo. La posai dentro la borsa, rendendomi conto che si stava facendo tardi.

Mi sedetti sul divano, aspettando che mia madre fosse pronta; mi aveva offerto un passaggio, dato che pioveva, ed io, non avevo ancora una dannata auto.
Portai la tazza alle labbra, lamentandomi del leggero dolore che affliggeva il mio basso ventre. Pensai subito che fosse il residuo delle "attività" svolte la sera prima. Sorridendo, tornai a pensare a quanto fosse stato bello averlo tutto per me.

08:27 a.m.

I corridoi della scuola brulicavano di gente, intravidi Charlie da lontano, mentre armeggiava con un quaderno, davanti al suo armadietto. La raggiunsi.

"Ei."

"Tami! Ma dove eri finita? Ti ho chiamata cento volte, ieri!" -alzai un sopracciglio.

"Si, ho avuto il cellulare scarico, ho visto le chiamate dopo." -mi scusai.

"Sicura?"

"Si, sono sicura." -mi guardò.

"Va bene, farò finta di crederti." -risi, alzando gli occhi al cielo. Non ero per niente brava a dire bugie.

"Allora, hai studiato per il compito di storia? O sei stata troppo impegnata con il tuo professore?" -alzò le sopracciglia, facendomi ridere. Mi morsi il labbro; lo avevo dimenticato.

"Lo prenderò come un <no>. Proprio perché lo immaginavo, ho fatto una copia dei miei appunti." -si vantò, ridendo.
In quel momento, Harry passò alle sue spalle, guardandomi. Lo guardai, notando che anche Emily lo stava squadrando.

"Oh Charlie. Sei fantastica!" -allungai il braccio per afferrare i fogli, ma lei ritrasse la mano.

"No, tesoro. Te li darò ad' una condizione." -la guardai in cagnesco.

"Condizioni?"

"Si, voglio che tu mi racconti tutto!" -sorrise.

"Tutto?"

"Tutto!" -spostai lo sguardo verso Emily, che stava ancora fissando Harry che camminava dal lato apposto al nostro. Lui non la guardò assolutamente. Ne ero fiera.

"Va bene, te lo prometto." -Charlie mi porse i fogli, sorridendo.

"Che ricattatrice." -continuai.

Harry sarebbe entrato in classe durante la terza ora. Era normale che io fossi in ansia? Ero ansiosa di vederlo, di osservare i suoi movimenti, i suoi occhi, i suoi gesti armoniosi; ero ansiosa di sentire la sua voce e sentire il suo profumo ogni volta che mi passava davanti. Non vedevo l'ora di rivederlo. Benché non sapessi per bene cosa fossimo precisamente, se frequentati, fidanzati, non ne avevo idea.
La seconda ora, fu quasi drammatica, poiché avemmo il compito di storia. Usai i fogli che mi diede Charlie, ma non farli vedere, risultò un po' complicato, dato che stavo al secondo banco della fila laterale.
La terza ora fu un sollievo; vidi entrare Harry e lo guardai fin quando si sedette dietro la cattedra, guardandomi per due secondi.

"Ragazzi, ascoltate bene: il compito in classe si svolgerà domani, in seconda ora, ovviamente. Ripassate l'espressionismo e qualcosa riguardante una lezione meno recente. Il compito sarà a crocette, meno che per un esercizio, che sarà a schema libero. Tutto chiaro?" -quella bocca. Avrei studiato lui.

"Professore, per schema libero, intende che dovremmo disegnare qualcosa in particolare?" -domandó Ryan.

"No, niente disegni. Ci sarà un esercizio che vi chiederà di parlare di qualcosa, che indovinate? Non vi dirò." -tutti risero. Sarei riuscita ad avere la traccia e lui lo sapeva bene.
Non mi sembrava giusto nei confronti degli altri, ma lui me l'avrebbe svelata ugualmente.
Ero preparata in arte, era una materia che mi era sempre piaciuta.
In quell'ora, disegnammo.
Mi alzai, portando il foglio con me, mi avvicinai alla cattedra, con passo quasi seducente, beccandomi un suo sguardo.

"Professore, come faccio a non creare il contrasto tra queste due parti?" -sorrisi. Lui fece la stessa cosa, guardandomi.

"Prestami la tua matita, perfavore." -gli passai la mia matita, sfiorandogli le dita.
Iniziò a scrivere qualcosa sul foglio, ma la sua grande mano non mi permise di leggere.

<Sai che ti faccio se non la smetti ?> -trattenni una risata e mi limitai a sorridere.

"Grazie professore!" -Risi piano e andai al mio posto, sculettando.
Sapevo di starlo provocando alla grande.

Il professore della porta accantoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora