•CAPITOLO 115•

1.1K 53 1
                                    

D'improvviso sentì un dolore di pancia fortissimo; ansia.
La guardai come se volessi appiccicarla al muro, ma semplicemente, annuì.
Charlie mi guardò stranita, non capendo perché stessi annuendo e guardando il vuoto.

"Tami?" -mi chiamò.

"Mh?" -mugolai, guardando ancora il vuoto. Non ero arrabbiata, ma spaventata. Spaventata perché io sapevo come parlare con Harry, sapevo come dovergli spiegare le cose senza farlo arrabbiare o innervosire. Avevo sentito Harry appena uscita dalla libreria, ma non mi aveva detto nulla.

"Ce l'hai con me?" -chiese.

L'abbracciai.

"No che non ce l'ho con te..."

"Mi dispiace... però è giusto che lui lo sappia. Beck sta esagerando ed è giusto che Harry sia a conoscenza della situazione..."

"Si, penso che... che tu abbia ragione. Cosa gli hai detto, esattamente?" -le chiesi.

"Gli hai detto che mi ha... dato uno schiaffo?" -continuai, sperando in una risposta negativa.

"No, non potrei mai farti questo, Tami... gli ho detto solo che continua a contattarti."

Io annuì, tirando un sospiro di sollievo.

11:48 p.m.

Quando tornai a casa, mi gettai immediatamente sul letto. Fortunatamente il papà di Charlie si era offerto di accompagnarmi, altrimenti avrei dovuto prendere il bus.
Mi ero divertita con Charlie ed avevo parlato con Harry tramite messaggi. Non sembrava arrabbiato, ma sapevo benissimo che avrebbe voluto parlarmi.
Gli telefonai, sperando con tutta me stessa che sapendo che in quel momento ero sola, non avrebbe cominciato ad urlarmi contro.

"Ei, sei a casa?" -chiese.

"Ciao, si... appena arrivata."

"Tutto bene?"

Pensai un po' prima di rispondergli.

"Vieni da me?" -chiesi, mordendomi un labbro. Sperai con tutta me stessa che la risposta fosse positiva.
Lo sentì ridacchiare leggermente.

"Arrivo."

Quando Harry si sdraiò sul mio letto, io feci lo stesso, affondando la testa sul suo collo.
Le sue labbra si posarono sotto il mio orecchio e poi, facendo scivolare un braccio sotto di me, mi strinse forte a lui.
Avevamo appena fatto l'amore e non potevo desiderare di meglio che stare sul letto abbracciata a lui.
Come facevo sempre, toccai e seguì le linee dei suoi tatuaggi, cosa che mi rilassava da morire. Adoravo i suoi tatuaggi; gli stavano così bene.
In balia del suo profumo, quasi non mi resi conto che si era leggermente sollevato per baciarmi la fronte; quando lo faceva mi sentivo protetta.

"Ti sei...arrabbiato?" -gli chiesi.

"Non con te."

"Cosa ti ha detto Charlie?" -dovevo capire se Charlie gli avesse raccontato anche che Beck mi aveva baciata.

"Che continua a chiamarti e a scriverti." -lo guardai dritto negli occhi, affondando i gomiti sul materasso.
Per un secondo guardai fuori dalla finestra; la serata era tranquilla.
Charlie non gli aveva detto ne del bacio, ne del fatto che Beck fosse venuto in libreria. Pensai se fosse giusto dirglielo o meno. Dovevo dirglielo.

"Solo questo?" -chiesi.

Harry mi guardò quasi stranito, ma non del tutto. Sicuramente immaginava ci fosse altro.

"Si."

"È venuto in libreria... nel pomeriggio." -dissi, spaventata dalla sua reazione.

"Perché non me lo hai detto?" -chiese, sollevando il mio viso con le dita.
Mi sentì stupida nel dirgli che conoscevo le sue reazioni.

"Non lo so... avevo paura."

"Paura di cosa?"

"Che ti arrabbiassi con me..."

Harry si avvicinò al mio viso e quando fummo talmente vicini da sentire i nostri respiri, mi baciò.

"Non ho motivo di arrabbiarmi con te... forse solo un po'." -disse, sorridendo quando aggiunse la seconda parte della frase.

"Un po'?" -ripetei.

"Devi dirmi tutto, Tamara. Altrimenti io non posso proteggerti."

"Lo capisci?" -continuò.

Io annuì; aveva ragione.
Lo baciai ancora e lui ricambiò il bacio. Lo sentì rilassarsi sotto le mie labbra e quando mi abbracciò forte come prima, mi sentì in paradiso.
Eravamo sotto le coperte, con solo le mie lucine sparse per la camera e la luce dei lampioni sulla strada che illuminava leggermente la mia camera.
Quando mi fermai ad accarezzare i suoi capelli, lo guardai per un po' negli occhi. Lui non mi chiese il perché, dato che sapeva benissimo che guardarlo negli occhi mi rilassava da morire.

"Andiamocene..." -sussurrai.

Lui mi diede un bacio sul naso e poi attaccò la fronte alla mia.

"Quando vuoi..." -sussurrò lui.

Avrei voluto vivere tranquillamente la mia storia con lui, lontani da problemi, da persone negative, da tutto quello che in quei mesi ci aveva fatto stare male.

"Come faresti con lo studio fotografico?" -chiesi, accarezzando i suoi capelli.

"Quello non è un problema."

Io annuì e lui baciò ancora la punta del mio naso.

"Prendi il diploma, intanto..." -continuò.

"Si, prof..." -Risi, facendo ridere anche lui.

"Ho sentito James, l'altro giorno, sai?"

James, il proprietario della Romitec, l'agenzia. Era da tantissimo che non lo sentivo. Era una gran brava persona, ma con tutti i problemi che avevamo avuto negli ultimi mesi... non avevo minimamente pensato ne a lui, ne all'agenzia.

"Gli ho spiegato un po' di cose... ti saluta."

"Grazie." -dissi. Non mi interessava cosa gli avesse spiegato, mi fidavo di Harry.

"Sei mia..." -baciò la mia fronte, poco prima di sussurrare quelle parole.

"Per sempre..." -continuai la sua frase e lui sorrise.

Dopo aver chiuso la porta della mia camera a chiave, Harry mi strinse a se. Mamma era a lavoro, sarebbe rincasata domattina. Ma io domattina avrei avuto la scuola, quindi saremmo usciti di casa prima che mamma potesse rincasare.

Il professore della porta accantoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora