•CAPITOLO 91•

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Lei era morta.
Eva alzò lo sguardo, poi tirò l'orlo del mio cappotto.
Non sentivo cosa diceva, vedevo appannato.
Cominciai a sentire la voce di mia sorella, che piano a piano si alzava.

"Harry, porca puttana, portiamola subito in ospedale!" -guardai mia sorella tirare Tamara per un braccio.
La trascinò verso la porta, aprendola.

"Harry, cazzo, vuoi che lei muoia?" -urlò.

"È già morta." -sussurrai, sentendo gli occhi riempirsi di lacrime.

"Non è morta, Harry, non ancora! Non possiamo aspettare l'ambulanza, dobbiamo portarla noi e subito!"

Guardai mia sorella, adesso la sua immagine era chiara; la vedevo bene, la sentivo bene.
Mi precipitai verso l'ingresso di casa e presi Tamara in spalla. Non era leggera come al solito.

"Apri la portiera, Eva."

Mia sorella aprì la portiera posteriore, sedendosi e prendendo la testa di Tamara sulle gambe.

"Non piegarle troppo la gamba." -disse lei.

"Fa pressione sulla ferita, cerca di fermare il sangue." -le ordinai.

Guidai come un fulmine verso l'ospedale, sapendo che era tutto inutile.
Tamara non aveva solo ricevuto un colpo di pistola sulla coscia; era caduta da una rampa di scale e riuscivo a sentire ancora il rumore delle ossa che produceva il suo corpo, mentre rotolava giù.
Asciugai l'ennesima lacrima scivolata sulla guancia.
Superai le auto ferme al semaforo e continuai a correre come un pazzo per le strade.

"Harry le strade sono bagnate, non prendere le curve così velocemente!" -mi rimproverò Eva. Me ne fregavo delle strade bagnate.
Fondamentalmente non sapevo cosa pensare; pensavo che Tamara non c'era più. C'era solo il suo corpo in auto, non la sua anima; lei era morta. Ma io correvo. Correvo per strada come un pazzo.

"Chiama l'ospedale, Eva. Digli che stiamo arrivando."

"Si."

Guardai lo specchietto retrovisore, desiderando di non averlo mai fatto.
Vidi il volto di Tamara; bella come sempre, ma sapevo che non era tutto lo stesso.

"Mia cognata è appena stata colpita nella coscia da un proiettile e non respira!" -mia sorella disse, con il telefono all'orecchio.

"No, non c'è bisogno di alcuna ambulanza, siamo quasi in ospedale."

"Perfetto, arriviamo."

"Che hanno detto?" -le chiesi.

"Stanno preparando tutto."

Saldai per bene le mani al volante e non riuscì più a guardare attraverso lo specchietto retrovisore.
Svoltai l'angolo e parcheggiai velocemente l'auto nello stesso posto di prima.
Eva fece segnali a dei medici che ci corsero incontro con una barella.

"Fate piano." -dissi, quando presero il corpo inerme di Tamara.

Corremmo dentro, ma fummo bloccati da alcuni medici che ci vietarono di proseguire.

"Dottor Warren, che piacere rivederla!" -mi voltai, quando sentì Eva parlare.
Il dottor Warren si avvicinò a noi, con una cartella in mano.

"Dottore mi dica che potete fare qualcosa." -dissi, quasi implorando.

"Faremo tutto il possibile. Le hanno sparato in una coscia. Pensate sia stato lo stesso tizio che ha sparato a vostra madre?" -chiese.

Il professore della porta accantoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora