•CAPITOLO 72•

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Aprì gli occhi, sollevando la testa.
Mamma mi scuoteva, chiamandomi.

"Sono arrivate!" -sussurrò. Guardai l'orologio; era quasi l'una di notte.
Sollevai il busto e socchiusi gli occhi, quando mi venne un capogiro.
Mi sentivo vuota.
Mi alzai dal letto e guardai il mio riflesso sullo specchio; il mio mascara era sbavato e i miei occhi, rossi.
Scesi le scale ed Eva mi sorrise dall'uscio della porta.
L' abbracciai e strinsi Kris.

"Mamma, loro sono Kris ed Eva, la madre e la sorella del mio...fidanzato." -dissi.

Non le avevo detto chi fosse Harry, ne tanto meno, la verità di ciò che era accaduto. Le dissi che avevano bisogno di un posto dove stare, per un po', perché Harry era via.
Mi faceva male non dire la verità a mia madre, ma dovevo.

"Molto piacere, io sono Heather. Fate come se foste a casa vostra." -sorrisi a mia madre che mi guardó. Era dolcissima.

"Grazie, Heather." -ringraziò Kris. Mamma le prese la mano.

"Non devi ringraziarmi."

Kris sorrise, guardando poi la figlia.
Percepivo il suo dolore; nonostante parlasse poco con Harry, era pur sempre suo figlio. Lo amava, così come lui amava lei.

"Venite, vi porto in camera." -Eva aveva solo un borsone, Kris un piccolo trolley.
Le condussi su per le scale, verso la camera dove avrebbero dormito.
Aprí la porta e le feci accomodare.

"Spero sia di vostro gradimento." -dissi, sperando in una reazione positiva. La stanza era piccola, ma ben arredata; mamma aveva cambiato le lenzuola poco prima.

"È perfetta, tesoro!" -disse Kris, abbracciandomi.

"Grazie tante!" -sussurrò, strusciando la sua mano lungo la mia schiena.

"Non c'è di che! " -risposi.

"Io sono qui accanto, per qualunque cosa, venite a chiamarmi." -dissi.

Eva mi mandò un bacio volante.

Chiusi la porta alle mie spalle e scesi di sotto.
Mamma stava spegnendo la luce della cucina. Era stanca, si vedeva benissimo.

"Oi, va a dormire, su!" -disse.

"Si, ho accompagnato Kris ed Eva in camera."

"Grazie, comunque." -continuai.

"Non devi ringraziarmi, Tamara." -mi abbracciò. Non volevo più mentirle.

Una lacrima scese lungo la mia guancia e tirai su con il naso.

"Perché piangi?" -chiese, afferrando le mie mani.

"Niente, vado a dormire." -dissi, girandomi.

"Tamara?" -mi chiamò.

"Dimmi cosa hai. È da un periodo che ti vedo così. Un giorno sei felice ed un altro giorno, piangi."

"È una lunga storia." -dissi semplicemente.

"Raccontami questa storia."

"Non mi va. Scusami."

"Io sono qui, va bene?"

Mi avvicinai a lei e la strinsi a me. Mi voltai e tornai di sopra.
Aprí la porta della mia camera, chiudendola quando fui dentro. Andai in bagno e cercai di togliere i residui di trucco dal mio viso. Ero pallida. Il mio riflesso era l'esatta immagine di come mi sentivo dentro: un vero schifo.
Spensi la luce che contornava lo specchio e mi gettai sul mio letto.
Tirai fuori la sua camicia e la strinsi a me, come ero solita fare.
Chissà cosa stava facendo.


Il professore della porta accantoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora