•CAPITOLO 55•

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Harry si sdraiò, con me sopra. Le mie ginocchia erano piegate all'altezza dei suoi fianchi, ed il mio viso stava poggiato sulla sua spalla.

"Voglio che tu mi fotografi con quegli abiti intimi."-dissi. Sentì la sua mano strusciare nella mia schiena e le sue labbra si posarono sulla mia testa.

"Sono più che disposto a farlo."-intimò lui. Risi, sapendo che nascondeva una punta d'ironia.

"Lo immaginavo."-dissi, alzando gli occhi al cielo.
Mi voltai di poco, quando sentì dei bambini ridere. La famigliola dall'altra parte del lago, stava tirando un freesbe e i bambini si divertivano. Guardai come il padre abbracciò il figlioletto; sorrisi, nonostante non avessi mai ricevuto dei trattamenti simili.
La mano di Harry sulla mia coscia, mi riportò giù dalle nuvole.

"Tutto bene?"-mi chiese.

Annuì, sorridendogli.

"Sembrano così felici!"-sussurrai.

Harry si sollevò nuovamente e mi strinse a lui.

"Tua madre non ti ha mai parlato di lui?"-mi chiese, spostando una ciocca di capelli dal mio viso.

Alzai lo sguardo, incontrando il suo.

"No."-feci una pausa.

"Anche quando le ponevo delle domande, lei cambiava discorso."-dissi, intrecciando le mie dita alle sue.

"Lo ha sempre fatto per te, piccola."-sussurrò.

"Lo so. Ma.. anche adesso, a 19 anni, io di lui non so nulla."-dissi.

"Lo capisco, tesoro mio."-mi disse.

"Sai, non ne sento la mancanza."

"No?"-chiese, socchiudendo gli occhi, quando sfiorai il suo labbro inferiore.

"No. Forse perché non l'ho mai conosciuto."-era così; io non lo avevo mai conosciuto.

"Ho te."-aggiunsi. Harry alzò lo sguardo, accarezzando il dorso della mia mano.

"Meriteresti di meglio, Tamara."-disse.

"Per me sei tu il meglio, Harry. Io non voglio altro che te."-

"Io.. sento di non averti dato tutto ciò di cui tu hai bisogno."-aggiunse lui.

"Ma cosa dici? Sei la cosa più importante della mia vita!"

Le sue labbra lasciarono un bacio sul dorso della mia mano.

"Lo sai, piccola: farò di tutto pur di farti stare bene e non farti mancare nulla."

"Lo so."

Poco dopo...

"Dai, prendi le foglie e lanciale in aria."-Harry mi scattava delle foto. Il posto era fantastico; il colore dominante era l'arancione, che sembrò di qualche tonalità più scura quando calò la sera.
Sbuffai, quando una foglia mi si posò sopra il viso.

"Questa è la migliore."-scherzò Harry.

"Che bastardo."-Risi.

Harry scattava foto ad ogni mio movimento, proprio perché gli piacevano le foto spontanee.

"Facciamo una foto insieme."-gli dissi.

"Insieme?"

"Si, baby. Stavolta verrai anche te dietro l'obiettivo."-gli dissi, scherzando.

"Va bene."
Harry si avvicinò a me, abbracciandomi e girando la fotocamera. Chiusi gli occhi, subito dopo essere stati invasi dalla luce.
La girò, facendomi vedere la foto.

"È bellissima."-gli dissi, stampandogli un bacio sulla guancia.

"Tu lo sei."

"Noi."-aggiunsi.

"Posso farti una domanda?"-continuai.

"Certo."-la sua mano mi trascinò verso il lago, dove iniziammo a percorrerne le rive.

"Resterai con noi fino al diploma? O andrai via prima?"-questa domanda mi punzecchiava già da un po'.

"Non lo so. Perché?"-mi chiese.

"Per sapere. Cosa accadrebbe, se tu andassi via prima?"

"Non lo so, Tamara. Ma pensaci, sarebbe tutto più facile."-ammise. Ed era vero. Sarebbe stato tutto più facile.

"Si,questo è vero."-tirai un calcio ad un sassolino, che affondò non appena toccò l'acqua.

"Tranquilla, okay?"-mi chiese.

"Si."

"E tua madre?"-aggiunsi.

Harry si voltò a guardarmi.

"Non parliamo molto."

"Per via di Yvonne?"-ricordai quando mi raccontò di quel fatto.

"Si. Per lei, fu più una delusione da parte mia. Insomma, io non mi ero fidata di lei e mia sorella."

Annuì.

"Chiedo sempre a Eva di lei."-aggiunse.

"È pur sempre tua madre."

"Si. È una delle donne più importanti della mia vita."-pensai a mia madre. Anche lei era la donna più importante della mia vita.

"Certo."-dissi.

"Mi basta sapere che sta bene, per stare tranquillo. E in ogni caso, per lei farei di tutto. Come per Eva."-accarezzai la sua mano, che teneva stretta la mia.

"Sai che qualche anno fa, io e mamma stavamo per adottare un bambino?"-dissi, cambiando discorso.

Lui mi sorrise.

"Si?"

"Si. Era africano. Si chiamava Loris e aveva sei anni."-dissi, facendo una pausa ad ogni nuova affermazione.

"Perché parli al passato?"

"Quando lo adottammo, lui aveva un piccolo tumore al cervello. I dottori ci dissero che era benigno, ma non fu così."

Harry si fermò e si mise di fronte a me.
Una lacrima rigò il mio viso, quando ricordai le parole della donna che per telefono, ci disse che non avremmo potuto adottarlo.

"Loris morì circa tre mesi dopo. Ricordo ancora quando ce lo dissero. Io piansi come una matta."-feci una pausa.

"All'epoca, avevo circa 12 anni e tanta voglia di avere un fratellino."-Harry asciugò le lacrime che continuavano a scivolare sulle mie guance.

"Fu un dolore immenso."-aggiunsi.

"Immagino, piccola."-Harry mi strinse a se, spostando i miei capelli su di una spalla.

"Loris sarebbe venuto da noi dopo circa sette mesi. Dopo tre mesi d'attesa, ci dissero che il piccolo non sarebbe mai arrivato."

"E sai cosa abbiamo fatto noi?"-Harry allungò il braccio, posandolo dietro la mia schiena.

"Cosa?"

"Partimmo in Grecia, dove lo ricoverarono d'urgenza mentre era in viaggio e portammo dei fiori sulla sua tomba."-continuai.

"Avete fatto una cosa bellissima, Tamara."

"Si, lo so."

Il professore della porta accantoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora