Capitolo settantanove

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"Irene svegliati ti prego" Continuava a sussurrare qualcuno, accarezzandole i capelli.
"Ti prego... Non farmi preoccupare"
La voce rimbombava nella testa pesante della ragazza, creando un eco fastidioso.
Si mosse leggermente, sentendo qualcosa di estremamente soffice sotto di lei.
Aprì a fatica gli occhi ed una forte luce la colpì in pieno volto.
"Spegni la luce" Borbottò Irene, portandosi una mano davanti agli occhi
"Capisco che sono una strega discretamente brava, ma ancora non sono in grado di spegnere il sole" Dichiarò un'altra voce alla sua destra.
Strinse gli occhi, lasciando un piccolo spiraglio aperto per vedere chi era che continuava a parlarle nelle orecchie, seduta sul suo letto c'era Janice, che la guardava con sguardo apprensivo
"Cosa ci fai qua?" Domandò Irene
"Fino a prova contraria questa è casa mia" Rispose la mora, con un leggero sorriso "tu te ne sei andata mesi fa, lasciandola a me... Ti ricordi?"
"Dovresti essere in Brasile" Affermò lei, guardandosi intorno.
Era nella sua vecchia stanza, tutto era come prima, come se quei cinque mesi non fossero mai passati.
"Mi hai fatto morire di paura" Dichiarò qualcuno, stringendola in un forte abbraccio.
Un flebile urlo di dolore uscì dalle labbra di Irene, quell'abbraccio era eccessivo

"Lee smettila!" Esclamò l'amica "le stai spostando le bende"
Solo in quel momento Irene riuscì a notare Lee, aveva i capelli disordinati e uno sguardo terrorizzato stampato in faccia.
"Allora era tua la voce che ho sentito prima di svenire" Sussurrò lei debolmente.
Era sicura di aver pensato a Fred...
Come faceva ad essere nel suo vecchio appartamento? Cosa le era successo?
"Ero appena uscito dal palazzo, stavo andando dai gemelli, quando ti sei materializzata davanti a me" Spiegò Lee "e-ee pp-poi sei collassata a terra" La voce era tremante e poco nitida
"Eri ricoperta di sangue ed io, terrorizzato, ti ho portato immediatamente da Janice"
"Ti sei spaccata Irene" Aggiunse la mora "come diavolo hai fatto a spaccarti?"
Lei sospirò profondamente, consapevole del suo errore...
Era stata una stupida, invece di pensare ad un luogo aveva pensato ad una persona, era ovvio che ora si trovasse in quell'assurda situazione.
"Sono stupida" Ammise, portandosi una mano alla fronte.
I due la guardavano curiosi, attendevano che continuasse la frase, ma lei non voleva ammettere ad alta voce il suo errore.
Non riusciva a dire che se si trovava in quella situazione, era solo perché aveva pensato a Fred nel momento sbagliato
"Ragazzi siete stati gentilissimi, ma ora devo andare" Disse, mettendosi seduta sul letto "mi hanno quasi catturato, sicuramente mi stanno ancora cercando"
"Lo capisci che ti sei spaccata vero?" Domandò Janice, spingendola verso il letto "non puoi andare da nessuna parte, la ferita non si è rimarginata"
Lei non voleva restare in quel letto, doveva andarsene al più presto, aveva messo in pericolo i suoi amici, il Ministero era sulle sue tracce.
"Tu non andrai via" Aggiunse Lee, puntandole la bacchetta contro "non ho ancora avvisato i gemelli, loro sicuramente vorranno sapere che stai bene"

Qualcosa scattò in lei... si alzò, nonostante il lancinante dolore al fianco destro e scese dal letto
"Voi non avviserete proprio nessuno" Stava cercando la sua bacchetta a tentoni, ma non riusciva a trovarla
"Datemi la mia bacchetta, cazzo!" Esclamò disperata "chiuderò questa ferita in un secondo e poi potrò andare via"
"Irene calmati" Janice si era piazzata davanti alla porta "stai perdendo del sangue" Indicò il ventre della ragazza "guarda!"
Lei abbassò lo sguardo e notò che le fasce, attorno al suo busto, si stavano colorando di un rosso acceso
"Per questo devi darmi la mia bacchetta" Ringhiò furiosa verso l'amica "voglio solo medicarmi e chiudere la ferita" Aggiunse con un sorriso forzato "non scapperò"
"Si certo" Disse il ragazzo tra le risate "credi che siamo nati ieri eh?" Ora anche Lee si era piazzato davanti alla porta, proprio accanto a Janice.
Era impossibile fuggire, non sarebbe mai riuscita ad evitare entrambi, non senza la sua bacchetta.
"Perché fate così?" Chiese tra le lacrime "credevo che voi foste miei amici" singhiozzava rumorosamente, tenendosi il fianco sanguinante "dovreste stare dalla mia parte"

La fortuna di essere una SfigataDove le storie prendono vita. Scoprilo ora