51

58 3 0
                                    


Aprii gli occhi di scatto, mettendomi a sedere.
Mi stropicciai gli occhi e sbadigliai, alzandomi da quel letto che mi accorsi essere sconosciuto, come quell'intera stanza.
La camera era piccola, con al centro il letto matrimoniale con accanto due comodini di un legno più scuro del parquet. Sotto c'era un largo tappeto di un verde inglese e, vicino la porta, c'erano l'armadio e uno specchio.
La stanza di fronte era occupata da un piccolo studio con due pareti ricolme di libri e una scrivania al centro con un computer sopra.
Mi avvicinai ai volumi, riconoscendo delle particolari edizioni di Orgoglio e Pregiudizio e Persuasione, due classici famosi di Jane Austen che, in breve, trattavano di storie d'amore.
Tra libri smielati e copertine consumate dal tempo, mi accorsi di alcuni tomi che conoscevo fin troppo bene, dato che Bobby ne aveva a vagonate. Ricordo ancora quando ce li fece leggere per quel caso della Febbre del Fantasma.
Ma perché erano lì?
Su quel piano, oltre a un'altra camera matrimoniale e a un piccolo bagno, non c'era nient'altro.
In ogni stanza, però, si trovava un tappeto.
Per mera curiosità provai a scostare un bordo, per poi sgranare gli occhi.
Una trappola del Diavolo?
Scesi le scale, andando al piano di sotto.
Alla mia destra, ad accogliermi, c'era una cucina in legno, molto rustica, che riprendeva il verdone del tappeto della camera da letto.
A sinistra, invece, c'era il salotto, con un'altra libreria.
Al centro, su un tavolino, era stato posto il televisore e, davanti ad esso, un divano e due poltrone che richiamavano tonalità calde.
Avvicinandomi notai che le poltrone, poste ai lati del divano, erano occupate: su quella di sinistra c'era Sam stravaccato e sull'altra Dean.
Mossi un altro paio di passi.
Ma che diavolo...?!
Vidi me stessa stesa sul divano con gli occhi chiusi.
Il viso era pallido, quasi cadaverico.
La spalla era fasciata, così come la gamba.

<Claire> mi richiamò una voce alle mie spalle, facendomi girare.
<Tessa, che piacere vederti. Che è successo?> le chiesi.
<Non ricordi niente?>.
Sforzai il mio cervello e dei flashback mi ritornarono in mente.
<Stavamo cacciando il Kohonta> risposi.
<Si. E dopo?> mi chiese, ma scossi la testa <Ti ha ferita, Claire, e non in modo leggero>.
Aggrottai la fronte, rendendomi conto della stranezza della situazione.
<Aspetta un attimo, ma tu che ci fai qui?> le chiesi assottigliando gli occhi.
<Il mio lavoro> rispose lei con un piccolo sorriso compassionevole.
<In che senso?> chiesi ancora sulla difensiva.
<Stai morendo, Claire Anderson> rispose lei ed io scoppiai a ridere.
<Ma che stai dicendo?! È uno scherzo per caso?>.
Lei abbassò lo sguardo, serissima in volto, per poi avvicinarsi e mettermi una mano sulla spalla, togliendomi il sorriso.
<So che è difficile da accettare, credimi, lo so->.
<No invece> la interruppi staccandomi di scatto <Io non morirò. Non posso morire, non adesso>.
<E per quale motivo?> mi chiese lei ed io aggrottai la fronte.
<Mi prendi in giro?! Siamo nel bel mezzo di una guerra tra angeli e demoni e si avvicina lo scontro con Lilith. Non posso morire proprio adesso!> esclamai.
Sentii dei movimenti dietro di me, così mi girai.
Dean si era svegliato e, notando che il mio corpo si stava raffreddando, mi coprì con una coperta.
Si poggiò al tavolino di fronte al divano, continuando a guardarmi, per poi iniziare ad accarezzare i miei capelli.
Abbassò il capo, nascondendo i suoi occhi lucidi.
<Claire, ti prego, non te ne andare. Ti prego> sussurrò disperato.
Davanti a quella scena non potei non ritrovarmi con gli occhi velati di lacrime.
<Non posso morire. Non posso lasciarlo da solo, né lui né Sam o Chris o Bobby o persino Rufus!> esclamai girandomi verso la mietitrice <Sono la mia famiglia e io non posso abbandonarli. Hanno bisogno di me>.
<Ammiro la tua determinazione, ma purtroppo non spetta a te decidere>.
<Lo vedremo!> esclamai con un tono di sfida.
<Facciamo così, se la tua famiglia non troverà un rimedio entro le prossime ventiquattr'ore, tu verrai con me> propose Tessa e, dopo qualche secondo di riflessione, accettai.
Ce la potevano fare.

-Heroes don't wear capes 2-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora