NEREO

Non metterti a piovere adesso, se no sono fregato.

Chiudo la portiera e premo il tasto sul telecomando. Il click della macchina mi tranquillizza: ora sì che è a prova di furto.

E meno male, perché è l'unica che possiedo.

Si sta alzando il vento, mi scompiglia i capelli... devo sempre tirarli indietro. Quasi potrei iniziare a legarli in un codino, sono abbastanza lunghi e forse, per il lavoro, sarebbe anche meglio.

Oh, ci sono ancora loro. Il gruppo delle mamme dell'asilo.

Ogni volta che vengo a prendere Alexi, devo sorbirmi i loro sguardi. Parliamo di trentenni e quarantenni che mi squadrano dalla testa ai piedi, il che non è che mi faccia molto piacere.

Ho ventitré anni, ci sono persone della mia età che ancora corteggiano ragazze in discoteca al venerdì sera, mentre io lavoro in banca, ho una band e una figlia da mantenere.

E la mia compagna... la mia Nadia che...

«Buongiorno!»

Un saluto entusiasta attira la mia attenzione. Queste donne non provano la minima vergogna nel guardarmi così, di fronte ai loro figli?

«Salve.»

Mi stringo nel trench per schermarmi meglio da quelle pantere. Per fortuna il mio lavoro mi ha insegnato a trattare con la gente. Uno schermo di falsità che mi protegge da rapporti umani indesiderati, senza però creare spaccature.

La perfezione.

Quasi non mi accorgo di essere di fronte alla classe Tulipano, e mi affaccio alla ricerca di mia figlia. I suoi occhioni azzurri non tardano a incrociare i miei, tra le guanciotte si apre il sorriso tipico di una bimba di tre anni.

Amo mia figlia più di ogni altra cosa al mondo.

«Papà!»

Mi corre incontro e la prendo in braccio. La sua testa bionda sa ancora di shampoo alla fragola, i vestiti hanno perso l'odore del ferro da stiro, ma sanno comunque di buono.

La sua guancia sfrega la mia, e le dò un bacio sul nasino, «Hai fatto la brava?»

Lei mi ignora per pavoneggiarsi, come fa ogni santo giorno.

«Lui è il mio papà, è il misicista più bravo di tutti!»

«Si dice musicista», la correggo e la metto a terra, «Prendi lo zainetto che ti porto da Alice, dai.»

Si ferma, sporge il labbro inferiore e sgrana gli occhioni, «Ma... io... volevo vedere zia Ashley...»

Oh, oh. Conosco quello sguardo, e so già che non le resisterò.

Mannaggia le figlie femmine!

Mi scappa un sospiro, «E va bene... andiamo da zio Jean, così vedi zia Ashley, contenta?»

La vedo, questa mini arpia, che saluta tutti gli amichetti. Ora è tutta felice, ora.

Certo, basta che la porti da Zia Ashley... o da Zio Leon, peggio mi sento.

Mia figlia, tre anni, che corre dietro al mio migliore amico. Nemmeno fosse una storiella su Wattpad.

«Scusi», mi sento chiamare e mi giro, «credo le sia caduto questo.»

A giudicare dalla divisa, direi che quest'uomo è collaboratore scolastico. E sta allungando la mia patente. Ma quando diavolo è caduta?

Che imbarazzo.

«Grazie... sono davvero sbadato», dico.

«La fretta è una brutta bestia. Poi coi figli così piccoli...»

Anche empatico. Dio lo benedica!

«Non me lo dica!» Ecco, questo sorriso che gli sto rivolgendo, invece, è sincero. «Devo andare, ma mi sdebiterò. Arrivederci!»

Quasi mi dispiace andarmene. Non si trova più tanto spesso gente così cortese.

Arriviamo in breve tempo alla macchina, Alexi saluta tutti nemmeno fosse la Regina d'Inghilterra. Questa qui è socievole come sua madre.

La faccio salire in macchina, la lego al seggiolino. Di solito ci metto molto di più, ma basta nominare i suoi cinque zii che diventa subito ubbidiente.

Che paracula.

Entro nell'abitacolo anche io, getto uno sguardo di fuori.

Speriamo che Cass e Ashley non facciano tardi.

Speriamo che Cass e Ashley non facciano tardi

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