CASS

Una rude pennata di chitarra accompagna l'inchino di Jean al pubblico, che esulta al termine della penultima canzone della tracklist.

C'è ancora spazio per una sola canzone, sappiamo tutti quale. Mi asciugo il sudore dalla fronte, lui ci getta un'occhiata e guarda me un po' più a lungo degli altri.

So che cosa vuole. Annuisco.

Va tutto bene, Jean, stiamo suonando. Sul palco nessuno può farmi un cazzo.

Lui torna al microfono, si tira indietro i capelli fradici di sudore, la camicia si apre sul petto. Quanto è mignotta, porca miseria!

Scuoto appena la testa con un sorriso, lui si bea degli sguardi adoranti del pubblico. Fin troppo facile fregarli, basta che mostri due centimetri di pelle e diventano tutti scemi.

Annuncia, «Questo è un nuovo pezzo che ancora non è uscito online.»

Punta gli occhi sul pubblico, si starà almeno guardando la prima fila, «Diteci un po'. Vi piace pescare

Introduciamo Fishing, ed è la prima volta che lo facciamo fuori dai social. Abbiamo un rapporto di odio e amore coi social, sono cose da malati di mente, ma d'altra parte noi non ci stiamo con la testa.

E infatti, abbiamo avuto un po' di successo lì sopra. Come te sbagli...

Tiriamo fuori poche battute, e la platea si scioglie, si fa travolgere dalla voce profonda di quel moccioso istrionico.

Arriva anche a me, alla pancia, ancora dopo tre anni che lo conosco. Ha una bella intonazione, un'estensione media, ma il punto è che è empatico e sfrutta l'empatia per ogni cosa.

Manipolino del cazzo.

Finiamo e arrivano gli applausi, Jean se li va a prendere tutti. Capirai, c'avrà l'ego gonfio come un pallone aerostatico!

Ci pensa lui a ringraziare il pubblico, e meno male perché io proprio non c'ho voglia. E pure gli altri, non è che stanno messi tanto meglio di me! Non si sa chi è il più introverso, qua dentro.

Sappiamo solo che Jean è istrionico, quindi non rientra nella conta degli sfigati.

La serata è andata bene e dietro le quinte iniziamo a festeggiare. Ci abbracciamo, urliamo, facciamo casino, e in breve non capisco più un cazzo.

Ashley sta saltando come una forsennata, Nero rotea la giacca del completo in aria tipo lazo, Leon apre una bottiglia di qualcosa che fa la schiuma e la spruzza contro tutti noi, prima di attaccarsi alla bottiglia.

Mi arriva una spinta, è Seth che mi butta sotto la doccia già aperta, sono ancora vestita ma non me ne frega un cazzo. Mi ritrovo un'altra boccia tra le mani, non so cosa sia ma mi attacco e mando giù, senza pensare, senza freni.

Non me ne frega un cazzo.

Frizzante, dolce, alcolico. Non lo so cos'è, ma va bene così. Allungo la bottiglia e un braccio nudo si protende verso di me.

Cazzo, è Leon.

Non ha più la maglietta.

Porca puttana, ho la faccia che va a fuoco! E non è l'alcol, ne sono sicura.

Abbasso lo sguardo, ho una paura fottuta che possa capire a cosa sto pensando, alla cosa che mi sta venendo in mente. E che non è da me, proprio no.

No, non devo pensarci... non posso, non io.

E poi mi tornano in mente le parole di Jean.

Goditi il momento.

Sono un balsamo. Perché, se lo dice lui, forse, allora... potrei...

Mi mordo le labbra, c'è una cosa strana che sento, chiudo gli occhi per capire meglio.

...

...no.

No, non voglio capire.

Non voglio provare certe cose, mi fanno schifo, non sono io, questa!

Butto fuori aria a bocca spalancata. Che sia l'alcol a farmi pensare...?

Mi giro, guardo Ashley, sta passando la bottiglia a Jean. Non riesce a guardarlo.

Non sono l'unica impacciata, almeno.

Vado verso di lei, le tocco una spalla e mi guarda. Sembra studiarsi la mia faccia, ma che vuole?

«Ti vedo... in forma. Che succede?» domanda.

Ah, era questo. Beh... si vede che parlare con Jean mi ha fatto bene. Mi sento meno... sola.

La bottiglia torna nelle mie mani. La guardo, sto pensando a tutt'altro ma non me ne frega niente. Butto giù un sorso, poi un altro, e la ridò ad Ashley.

«Stasera non voglio pensare, solo godermela.» Mi guardo attorno. Gli altri sono ancora nel pieno del casino, Seth si sta lavando ed è rimasta in mutande e reggiseno. La invidio, vorrei farlo anche io, ma...

No, non voglio pensarci. Basta, cazzo, basta.

Inspiro e sorrido, «Per una volta sola, solo stasera, voglio fingere che vada tutto bene.»

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