CASS

«Dai, Cass, mangia qualcosa...»

«Vaffanculo», sibilo verso Ashley.

Seth si sporge, «Non puoi avercela con noi perché non ti abbiamo lasciata morire. Tu avresti fatto lo stesso.»

«Vaffanculo, Seth.»

«Cass, senza di te non saremmo potuti andare avanti. Possibile che non capisci quanto sei importante per noi?»

«L'unica cosa che non capisco è perché volete farmi vivere a tutti i costi una vita di merda, come la mia.»

Guarda.

Guarda quanta vita hanno gli occhi di Seth. Cazzo, quanto la invidio! Per me niente ha un cazzo di senso, dopo quello che ho visto.

Come hanno fatto a uscire fuori, quelle foto di merda? Le avevo bruciate, me lo ricordo, ho bruciato pure i negativi... perdio, manco quello è bastato!

Questa roba mi perseguiterà per tutta la vita, maledetti loro che non mi hanno fatta morire!

Perché?

Perché mai un essere sporco e sbagliato come me, deve vivere?

Perché devo essere costretta a portarmi dietro tutta 'sta merda? Ma chi me lo fa fare?

«Va bene, Cassandra», riprende Seth, «Hai un passato di merda che nessuno vorrebbe, ma almeno tu ce l'hai! Io non so nemmeno come mi chiamo...»

«Ti chiami Melissa.»

«Sì, e poi? Non so nemmeno se ho una casa... tu puoi uscire da questa situazione.»

«E come? Come? Le mie... quella roba è ovunque, c'hanno anche fatto dei video su Youtube! Non lo capisci?» Afferro il bicchiere di plastica dura, lo lancio addosso al muro, «Non capisci che quelle merde stanno monetizzando su di me? Stanno facendo la stessa cosa che ha fatto mio padre!»

Ecco, ora sto anche piangendo come una ragazzina, siete contenti tutti quanti?

Vi fa sentire meglio, vedermi a pezzi? Vi fa stare meglio dirmi "poverina"?

Vi sentite utili adesso che avete una sfigata da consolare? Ora che potete dimostrare quanto siete bravi, belli, migliori e più fortunati di me?

Andate tutti quanti a fare in culo!

...mi torna in mente una cosa.

«E poi», singhiozzo, «le hanno viste anche i ragazzi. Che vergogna... che vergogna... non capite quanto mi vergogno, quanto mi sento sporca... e umiliata! Non potete capirlo!»

«Ti sentiresti meglio se ci fosse Leon?» chiede Ashley.

Leon...

Mi torna in mente quella sera.

Sfogati, ti copro io.

Mi ha protetta. E ora...?

Cosa penserà di me, dopo aver visto quella roba immonda? Non avevo nemmeno tredici anni, quando me le hanno fatte fare...

Mi porto una mano alla bocca: mi sono risaliti i succhi gastrici anche di Pasqua 2014.

«Non dovrei neanche essere qui», mormoro, «Dovrei essere seppellita e dimenticata, decompormi e chiudere tutta la mia sporcizia dentro una bara di ferro.»

Piego le gambe, affondo la testa tra le ginocchia. I ricordi si affollano, mi tormentano, e io cerco di sopprimerli, ma... quei cazzo di ordini, maledizione...

Non riesco a dimenticarli.

Piegati così, appoggiati sui gomiti, apri le gambe...

Lo scatto della serratura mi fa sobbalzare. Mi copro d'istinto fino al collo, sento ancora le guance fredde per le lacrime, e poi li vedo entrare tutti e tre, uno dietro l'altro.

«Che ci fate voi, qui?» chiedo. Non lo guardo nemmeno, e chi ci riesce dopo quello schifo? Mi vergogno, certo.

Cosa penseranno di me?

«Stasera ti dimettono, no? Siamo venuti a prendervi, poi andiamo a dormire da Jean, tutti insieme», dice Nero. Pratico come sempre, lui.

Sto sognando? Leon si è avvicinato a me, non mi stacca gli occhi di dosso, «Ci lasciate un attimo, per favore?»

Cazzo... ho perso un battito di cuore, mi si sta attorcigliando lo sterno, tipo straccio quando lo strizzi, no? Ecco.

E, nonostante tutto, ancora riesco a sentire le farfalle nello stomaco.

Non riesco a sollevare lo sguardo, ma sento gli altri uscire e chiudere la porta. Sono pure diventati discreti, pensa.

Il materasso si muove, si deforma, Leon si è seduto vicino a me e io... vorrei sparire. Sono contenta di averlo vicino, ma anche terrorizzata. Non posso dire ciò che penso, posso solo stare a sentire cosa vuole, e speriamo che si sbrighi perché 'sta tensione non la reggo.

«Non puoi fare così», ecco la ramanzina, «Cass, siamo una famiglia, tutti e sei. Abbiamo solo noi. Non puoi tirartene fuori come se fossi sola, lo capisci?»

Non dico niente. E che gli devo dire?

Avrei solo voglia di essere abbracciata da lui, che mi facesse sentire di nuovo capita, meno sola come quella sera. Lui non ha la minima idea di quanto è stato importante quel gesto, per me.

«Non sei da sola, ci siamo tutti per te. Ma devi permetterci di starti vicino.
Abbiamo già fatto in modo che i social bloccassero tutto, Alice è stata fenomenale.
E poi quelle pazze delle femministe sono tutte dalla tua parte, stanno facendo il culo a mezzo internet!»

Mi sforzo di non ridere, ma uno sbuffo mi scappa lo stesso. Leon che parla bene delle femministe? Domani nevica, sicuro.

Lui cerca il mio sguardo, sento i suoi occhi su di me, ma non posso concedergli i miei, non ce la faccio.

Insiste, «Resta con noi, non chiuderti. Parlaci.»

Prende la mia testa, si avvicina, poggia le sue labbra sulla mia fronte.

Di colpo, sono in pace. Chiudo gli occhi per godermi la sensazione e devo trattenermi dal prendergli la mano libera.

Quanto vorrei fermare il tempo!

Lui si stacca e solo in questo momento riesco a guardarlo. Ho gli occhi gonfi e il naso rosso, come tutte le volte che piango, lo so. Vorrei sotterrarmi viva.

«Pulisciti la bocca», tiro su col naso, «sono lurida fino al midollo.»

«Falla finita», mi scompiglia i capelli, «ci penso io a te.»

Mi piace questo contatto, è bello, pulito. Leon è proprio diverso da tutti gli altri, il mio istinto c'ha visto giusto quando l'ho conosciuto.

Lui mi sorride, io abbasso gli occhi e piego appena le labbra. Sembra bastargli.

Si alza, va verso la porta e io mi ritrovo a pensare che vorrei averlo ancora più vicino di così.

Si alza, va verso la porta e io mi ritrovo a pensare che vorrei averlo ancora più vicino di così

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