JEAN

Ho sempre trovato le luci di Roma calde, avvolgenti.

Forse perché in queste zone ho incontrato la mia seconda famiglia. Non ne ho idea.

Forse perché, in comune con Parigi ha i sampietrini.

Forse perché mi ricorda Parigi, per certi versi.

Non ne ho idea.

Ma è da tanto che non scendo a Roma centro. Mi sembra di essere tornato a quando avevo quindici anni e vagavo in cerca di sesso di qua e di là, senza legami, senza impegni. Volevo solo dominare il trauma, fargli capire che io comandavo, io decidevo quando e con chi.

Volevo dimostrare a me stesso che non mi avrebbe annientato.

Sospiro. L'inadeguatezza ha sempre fatto parte di me, dalla prima volta. Mi rimane impossibile dimenticare la perversione che ho conosciuto da bambino.

Il calore, il sudore, le mani addosso, la confusione... sempre.

Qual è stata la mia colpa? Aver seguito papà al lavoro?

Tutti i padri portano i figli al lavoro, una volta nella vita.

«Non potevi almeno metterla chiara, la camicia?»

Sorrido appena. Questi cinque esseri sono proprio rumorosi, e Nereo non fa eccezione. Si diverte anche lui a stuzzicare Leon, ogni tanto, e lo capisco.

«Hai iniziato a drogarti, per caso?»

Appunto. Le sue risposte taglienti ci fanno sbellicare.

«Forse quella che ha iniziato a drogarsi è Ashley. Una gonna, addirittura», considera Nero.

Ho la scusa per guardarla, e lo faccio. Ha le gambe scoperte da una gonna che arriva appena al ginocchio, le tiene serrate. Ho già visto questa tensione in lei, la sera che l'ho baciata. Non è a suo agio in quella gonna. Come darle torto? Non è abituata.

Però... è bellissima.

«Nah, le ho solo rotto le palle affinché indossasse qualcosa di decente.» Cass si espone, sembra fiera di sé.

«Te, invece, sempre la stessa maschia, eh?» La prendo in giro, lei mi dà un calcetto in risposta.

Se Ash si è fatta corrompere, lei ha optato per un paio di jeans larghi e una maglia leggermente più stretta del solito. Oserei dire, della sua taglia.

Ma la cosa sorprendente è che è corta, o meglio, è lunga fino alla vita.

E me lo fa notare, afferrandone i lembi, «Non vedi quanto è corta 'sta roba? Sto migliorando, dai!»

«Solo perché non è lunga fino alle ginocchia, non significa che sia corta», rispondo con un accenno di sorriso.

«Jean, mi si vede il profilo delle... guarda!»

No, Cass, non posso davvero guardarti il seno. Ci rimarresti male, so che la tua è un'indicazione non veritiera.

Siamo sempre tutti in difficoltà, con lei.

Ci fermiamo al semaforo, guardo fuori. Il locale è al prossimo isolato, il che mi solleva. Voglio mettere un po' di distanza da Ashley, altrimenti stasera non riesco davvero a trattenermi.

«Ok, siete pronti? Animo, gente. Stiamo due ore e ce ne torniamo a casa», dico.

Anche perché, più tempo in mezzo a persone nuove non resisteremmo.

Scendiamo dalla macchina, butto un occhio al locale.

Lo conosco bene, sono venuto ad adescare clienti diverse volte mentre ero in terapia. Questo cubo è un vecchio capannone, forse un'ex fabbrica, su tre piani con una bella terrazza sul tetto. Si vede anche il palazzo della Cassazione, da qui.

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