JEAN

«Ma che vuole a quest'ora della notte? Non ti ha detto proprio niente?»

Nero sembra preoccupato, io lo sono quanto lui.

«Pensa a guidare, che siamo quasi arrivati», lo esorta Seth.

Mi hanno fatto sedere dietro con Ashley, cerco di contenere come posso la voglia di abbracciarla che ho addosso. Siamo vicini, le nostre mani potrebbero toccarsi con un minimo sbandamento dell'auto. Basterebbe prendere una buca, e...

«Come stai?»

Sto sognando? Mi ha... parlato. Deglutisco, ora sono un po' nervoso. Cosa le dico? La verità, oppure fingo... no, con lei fingere non va bene. La amo ancora.

«Così», dico in un soffio, «e te?»

«Non lo so.»

Non abbiamo tempo per parlare ancora. In breve, siamo al parcheggio di fronte alla saletta.

«Ecco Alice», dice Seth. La nostra manager sta quasi in mezzo alla strada, fuma una sigaretta e potrebbe sembrare una... beh, quello che ero io una volta.

Getta la sigaretta appena ci vede scendere dalla macchina. Ci avviciniamo a lei.

«Abbiamo poco tempo, la baby sitter deve rientrare tra un'oretta. Seguitemi.»

Di solito Alice ci abbraccia uno ad uno, per lei siamo come dei figli. Per saltare i convenevoli, deve essere successo qualcosa di veramente grave.

La seguiamo per le scale, ma lei svolta in una stanza diversa, il che mi insospettisce. Che sta succedendo?

Questo posto è piccolo, buio, ci sono degli schermi... sembra una stanza di controllo.

«Alice, ma che succede?» chiede Seth.

«Ora vedrete, ma vi avverto. Sono... immagini molto forti. Non sono riuscita a dirvelo, preferisco che ve ne rendiate conto da soli.»

Ci guardiamo stupiti. Persino Ashley ha un'espressione sensata sul viso.

«Quando volete, fermo tutto. Però... non ce la facevo. Scusate. Ditemi quando posso andare. No, prima sedetevi, specie te, Ashley. Mettiti seduta.»

Ash si siede, non stacca un attimo lo sguardo perplesso da Alice. Vuole delle risposte, si vede.

Ma perché Cass non è qui con noi?

«Vai, Alice. Prima vediamo, prima torniamo a dormire.» Seth prende posto.

Alice stringe le labbra, ha una maschera di cera al posto del volto. Uno degli schermi si accende, parte un filmato che reca la data di diversi giorni fa.

C'è Cass nell'inquadratura, sta seduta ed è sola, immobile.

«Perché Cass era qui? Non avevamo le prove.»

Nereo mi zittisce con la mano.

Sullo schermo, vediamo Eros affacciarsi sulla porta della saletta. Si avvicina, e... le dice di amarla? Ma è pazzo?

Una sensazione che conosco bene striscia su di me. Angoscia, paura, panico, arrivano tutte insieme. Immagino cosa sta per succedere.

Cazzo.

Nel video, Eros la bacia, lei non reagisce. La trascina sul pavimento, la sovrasta, slaccia la cintura. Non una reazione da parte di Cass.

Le mani di Seth mi coprono gli occhi, le mie lacrime bagnano le dita. La scosto, non posso sottrarmi a una cosa che lei ha subito.

Io e Cass siamo due facce della stessa medaglia, abbiamo vissuto cose simili. Non sono così codardo da girarmi dall'altra parte.

Eros le tira via i pantaloni, neanche glieli sfila tutti. Una sola gamba resta coperta.

Cazzo... no.

I sospiri di Eros strisciano dallo schermo nella stanza, nessuno dice nulla, siamo tutti incollati a quel dispositivo col tubo catodico.

Sentiamo quello che le dice, come la chiama.

Puttana.

Che schifo. Mi fa davvero schifo. Stringo i pugni sui fianchi, vorrei andare da Cass, adesso, e abbracciarla forte.
Seth resta con le braccia sulla mia schiena, sposta lo sguardo da un'altra parte, strizza gli occhi. Quelli di Nero sono spalancati, come Ashley, che ha le mani aperte sulle guance. Alice mantiene il volto basso, è stretta nelle spalle. Le dispiace.

«Questa è solo la prima», dice.

Quella bestia di Eros si riveste, la lascia per terra e se ne va. Certo, tanto ormai si è scaricato.

«Non si è nemmeno preoccupato delle sue condizioni...» la voce di Ashley è rotta.

«Un attimo... in che senso, la prima? Ce ne sono altre?» Nero sembra sconvolto.

In che senso, altre? Un laccio mi annoda la gola, deglutisco a fatica.

Dicci di no. Ti prego, dicci di no.

«Altre tre.»

...no.

Mi volto, devo stare solo. Esco dalla stanza, batto un pugno sul muro, piano. Il senso di colpa inizia a divorarmi. Io ho portato la band nel locale di Eros, io l'ho portato nel gruppo per sostituire Leon, sempre io ci sono andato per soldi.

Avrei dovuto immaginare cos'avrebbe fatto, li ricordo i suoi discorsi, i suoi... modi.

Ho bisogno d'aria, qui è troppo buio. Salgo le scale, imbocco l'uscita, voglio allontanarmi da questo posto, subito.

Non tornerò mai più qui, non posso farlo.

Io, che sono scappato da mio padre, dal mio mondo, da quella Parigi che mi ha visto vittima senza fare niente... non posso sopportare di stare lì dentro un minuto di più.

...le mie gambe rallentano. Mi fermo.

No.
Aspetta. Respira. Rifletti.

Ma non ci riesco. Le voci degli altri mi arrivano all'orecchio.

Ma dove vado, da solo, di notte e a piedi?

Aspetto che arrivino, mantengo bassa la testa. Salutiamo Alice piano, ci avviamo verso la macchina.

Non riesco a dire mezza parola.

Non riesco a dire mezza parola

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