JEAN

Fa piacere essere riconosciuti mentre si cammina per strada.

Al mio ego, poi... non ne parliamo!

Devo smettere di pensare a me stesso, adesso l'obiettivo è cambiato: scusarmi con Ashley. Mi metterò in ginocchio sui ceci, se dovesse essere necessario.

Non ho riflettuto per nulla sul suo stato d'animo, sono un vero egoista. Forse dovrei riprendere la terapia per rivedere l'istrionismo.

Mi vibra il telefono nei jeans, lo prendo e guardo la chat Whatsapp. Nero mi ha mandato un link.

Alzo lo sguardo, all'ultimo istante riesco a schivare due ragazze. Se non altro, sono agile.

Mi fermo da una parte e di nuovo osservo lo schermo del telefono. Spalanco gli occhi: c'è un post che svela il segreto di Ashley e la sua intenzione di abortire, e sembra che tutto Instagram si sia buttato a pesce per dire la sua.

C'è di tutto, da chi si domanda chi sia il padre, a quelli che maledicono questa generazione di puttanelle.

Se sapessero che la vera puttana è proprio il padre...!

Parlano di malattie sessuali, matrimonio, valori perduti... e poi Alice si domanda per quale motivo ci nascondiamo dalla società.

Eccolo il motivo, sotto un post sui social. Se la gente sapesse lavorare come sa sputare veleno, non saremmo in crisi dal 2008.

Non devo farmi prendere dalla rabbia, devo andare da Ashley. A maggior ragione, non posso lasciarla sola, qualsiasi cosa abbia deciso.

Come dicevano i latini mater semper certa est.

...aspetta.

Fermo un attimo.

Guardo di nuovo il telefono. Quei post si stanno moltiplicando come funghi.

Del resto, il lavoro di questo millennio è fare i soldi sugli affari degli altri, e più privacy s'infrange, più succosa è la situazione.

Devo riflettere bene su come muovermi.

Forse ho già una mezza idea, ma devo stare tranquillo per orchestrarla al meglio.

Torna in te, Jean.

Entro in un bar poco più avanti, un locale moderno. Molto nero, molto legno chiaro a contrasto, luci a parete e un bel tavolino all'angolo, un po' nascosto. L'ideale, per me.

Mi siedo e non faccio neanche in tempo ad appoggiarmi con la schiena, che mi trovo vicino una ragazza in divisa nera, «Cosa le porto?»

Non mi faccio cogliere impreparato, «Un brandy, grazie.»

«Mi dispiace», la ragazza sembrò contrita, «non l'abbiamo più.»

Inspiro. Non ci credo, semplicemente pensa che io sia minorenne.

Sto al gioco, «Va bene, va bene... un cappuccino.»

Se ne va e resto solo coi miei pensieri, come volevo.

Guardo fuori. La gente si muove frenetica, sembrano tante formichine impazzite, nemmeno fosse la vigilia di Natale.

Chi corre in mezzo alla strada senza rispettare il semaforo pedonale, chi avanza rigido come una scopa su gambette veloci, chi ancora se ne sta al telefono.

Il cappuccino appare sotto il mio naso. La cameriera mi conosce, lo capisco dal sorriso.

Ricambio e distolgo lo sguardo. Ho bisogno di stare per fatti miei.

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