CASS

Sbarro gli occhi, la tachicardia nelle tempie, il cuore in bocca, sudo.

Chi è?

Sento i passi, si avvicinano, è notte, sono sola nel mio letto...

...aspetta.

Non sono più a casa sua, nessuno sta venendo da me, mio padre è morto.

Io l'ho ucciso.
Posso stare tranquilla.

Poggio i piedi sul pavimento, al buio vedo appena la sagoma di Jean.

«L'hai trovata? Eh?» Lo raggiungo.

Fa di no con la testa, gli appoggio una mano sulla spalla. Direi che come consolazione, basta e avanza.

«La troverò domani, non mi arrendo più», dice.

«Vado a farmi un bicchiere d'acqua, vuoi?» Cerco di darmi un tono e di calmare la tachicardia, ma mi sa che se n'è accorto.

«Se non ti senti sicura a stare sola, dormo con te.»

Questo stronzetto ha la palla di vetro, lo dimentico sempre.

Sorrido, abbasso la testa, «Per un attimo ho creduto di essere a casa dei miei e che arrivasse un...»

«Non dire altro. Ti accompagno in cucina, accendo io le luci, ok?»

Mi capisce troppo bene. Chissà se anche lui ha avuto paura a lasciarsi andare al sonno, qualche volta?

Mi prende la mano, arriviamo di là, lui si siede, aspetta. Sposta lo sguardo di lato, sta pensando, lo so. Ma a cosa?

«Mi sento un fallito», dice, «non so che fine abbia fatto Ashley, ma so che ha sviluppato una dipendenza dall'alcol.»

Riempio un bicchiere d'acqua, «Come lo sai?»

«L'ultima volta tornava a casa con diverse bottiglie di birra, e non mi sembrava tutta in sé.»

Scuoto la testa, «Non puoi fartene una colpa.»

«Eh, insomma...»

Insomma, un cazzo. Non è colpa sua se quella è deficiente.

Bevo, lascio il bicchiere nel lavandino, guardo fuori. La notte è buia, non si vede davvero un cazzo, a parte le luci della strada. L'unico cenno di vita qui siamo io e lui, due facce diverse della stessa cazzo di medaglia.

Una medaglia di merda, se consideriamo i soggetti.

Torniamo in camera, entro nella sua stanza e nel letto, che è freddo. Si denuda davanti a me come se nulla fosse, e in effetti non avrebbe un cazzo di senso fare i ritrosi dopo che abbiamo fatto sesso tipo tre volte.

Resta a petto nudo, entra sotto le coperte, spegne la luce e mi prende la mano.

«Aspetto che ti addormenti», dice serio.

Sorrido anche se non può vedermi, «Grazie.»

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