NEREO

Mi sorprendo a guardare Emerson.

Remi l'ha lasciata sola, non ho idea di dove sia andato, ma lei è sola. Seduta sul muretto, si sta godendo l'aria fresca della notte sul viso, il naso esposto verso l'alto.

Ha le spalle coperte da una sciarpina trasparente, le mani puntellare sui mattoncini.

Chissà a cosa sta pensando.

Scuoto la testa. Devo levarmela dalla mente.

Mi giro, vedo Seth e Jean. Lui è così pallido... sta succedendo qualcosa? Decido di avvicinarmi, voglio assicurarmi che stiano tutti bene

«Ti ha fatto male la pizza?» Lo chiedo con un sorriso.

Seth sbuffa e sorride, «Dio, sei proprio un paparino, tu.»

«Sono preoccupato. Per Cass e Ashley», dice Jean. Ed è davvero serio, il viso è teso, il ragazzo gioviale che conoscevo sembra solo un lontano ricordo.

Mi guardo attorno. Manca qualcuno.

«A proposito, ma... Ashley? Perché non è qui?» domando.

«Già», Seth guarda Jean, «dov'è?»

Non mi dire che...

«In camera sua», risponde Jean, «Ce l'ho rinchiusa.»

SETH

«In che senso l'hai rinchiusa?» Ho una mano sulla bocca, «Jean... è un modo di dire, vero?»

Lui fa cenno di no. Oh Dio, è serio!

«Ashley non ha autocontrollo. L'ho chiusa in una stanza abbastanza grande per tenerla lontana dagli alcolici.»

Ma questo è pazzo.

«Ma sei scemo? Lo sai che può... se le prende male, può rimanerci?»

I suoi occhi vuoti mi guardano, «Ha iniziato da poco, non ha ancora quel grado di assuefazione lì.»

«Tu... non puoi saperlo!» urlo, «Con quale diritto prendi una persona e la rapisci? Questo è... fuori dal mondo, Jean! Sei impazzito?»

«Forse», risponde, «ma è l'unico modo per impedire che le accada qualcosa. Leon... non siamo stati capaci di salvarlo da qualsiasi cosa fosse. Non voglio perdere anche lei.»

CASS

«...Ash?»

Un sussurro. Non parlo da tanto, ho la gola riarsa e le labbra secche.

Lei sta stesa per terra, pallida, smagrita, pare un fantasma. Le dita si agitano come ragni, i ciuffi biondi cadono in disordine sugli occhi spiritati.

«Dimmi che hai da bere», mormora quell'ombra.

Spalanco gli occhi di fronte a questo spettacolo. Manco mi ha salutata.

«Non ce l'ho.»

Ashley, o quel che ne rimane, lascia andare la testa sul parquet, fa un tonfo, «Cazzo.»

«Non riesci proprio a stare senza?»

Sono preoccupata per quest'idiota qui, guarda come si è ridotta! E mi stupisco da sola: sto provando qualcosa.

«I primi due giorni sono stati un inferno», risponde, «sto facendo la terapia che mi ha imposto Jean, però... cazzo, se mi farei un goccio!»

Ho voglia di fare qualcosa per lei, di aiutarla. Devo fare qualcosa, io ad Ashley voglio bene, non posso lasciarla così.

Poggio una mano per terra, mi siedo, «Guardami, Ash.»

Gira la testa verso di me, gli occhi sono arrossati. Assenti.

«Vuoi che Jean si riduca come me?»

Sorride di traverso, «Jean non starebbe male. Lui mi sta punendo, come faceva quella bigotta di mia madre.»

«Jean ti sta salvando, stronza. E lo fa perché ti ama.» Mi tiro in piedi, «Cerca di non fargli più del male.»

«Perché non dovrei?»

«Perché lo ami, altrimenti non ti saresti incazzata con me quando ci sono stata insieme.»

Batte le palpebre, non muta espressione ma torna a guardare per aria, «Vattene, Cass. Altrimenti ti metto le mani addosso.»

Sbotto a ridere, «Le prenderesti, e di brutto.»

I nostri sguardi s'incrociano, rivedo quella complicità che avevamo fino a qualche anno fa. Ashley sta soffrendo, non sono l'unica a stare male.

Sarei una codarda, a lasciarla sola. 

 

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