15) AMARE SORPRESE

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Non appena lo vide salire sul carro, Helun si accorse subito delle percosse che il marito aveva subito.

Scorgendo i lividi e le tumefazioni sul volto e sulle mani che lui tentava inutilmente di nascondere con la sciarpa e le maniche, la donna si portò una mano sulla bocca:

"Cosa ti hanno fatto?" mormorò, ma lui le fece cenno di tacere.

Dopo averla rivista, anch'egli era più preoccupato di prima e le sue percosse potevano aspettare.

Helun aveva gli occhi lucidi e le guance gonfie di chi aveva lungamente pianto.

"Donna, tutto a posto?" le domandò trafelato, dondolandosi a stento fino alla porta per le tremende fitte che le gambe gli provocavano ad ogni passo che compiva.

In tutta risposta, quando la raggiunse, lei gli si lanciò nelle braccia e lo strinse forte.

Trattenendo a stento le lacrime, la donna gli mormorò all'orecchio soltanto un nome: "Saryn".

Era un gemito appena sussurrato, tuttavia nell'udire pronunciare in quel modo il nome del figlio, Saaràn ebbe un brivido che gli corse lungo tutta la schiena.

Spalancò gli occhi, si slacciò dal suo abbraccio e si gettò verso l'interno della Yurta.

Appena arrivato dentro vide Gerel, accovacciata accanto al focolare a macinare il miglio per la cena.

Anche la bambina aveva gli occhi gonfi, pure lei aveva pianto.

Trafelato si guardò attorno, ma del ragazzo non c'era traccia.

"Saryn, dov'è?" domandò angosciato a Helun che l'aveva seguito fin dentro.

"Sono venuti degli uomini del Khan e lo hanno portato via" disse lei agitata "Hanno detto che tu sapevi il perché".

Affranto Saaràn non le disse più nulla, tuttavia piegò testa e spalle sotto un peso invisibile che solamente egli poteva al momento scorgere, poiché il messaggio che gli era stato mandato da Kutula, era arrivato talmente forte e chiaro da non essere possibile fraintenderlo:

"Torna, altrimenti scordati di rivedere vivo tuo figlio".

Quindi il Khan non si fidava ciecamente di lui.

Cos'altro ancora gli avrebbe inflitto Kutula, oltre al soldato che gli aveva messo alle costole e della minaccia velata che aveva lasciato pendere sulla testa di Gerel?

Ancora non soddisfatto, per maggiore sicurezza gli aveva fatto rapire il figlio, perché non tentasse di andarsene lontano con la sua famiglia.

-A quest'ora saranno già giunti all'Urdu- commentò tra sé e sé sottovoce, provando una stretta al petto nel pensare a suo figlio, solo e spaventato, in mezzo ai carri degli Un.

Dopo quello che egli stesso aveva passato solamente poche ore prima all'accampamento, tremava al solo pensiero di quello che avrebbero potuto fargli.

Annuì e se non fosse stato disperato per la sorte di Saryn, avrebbe provato compassione per la misera e diffidente esistenza di Kutula, il suo antico amico, ma in quel momento proprio non vi riusciva.

"Voi due state bene? Gerel, tu, vi hanno fatto del male?" domandò alla moglie e vedendo che costei scuoteva la testa, sollevato almeno da quella notizia positiva, chiamò a sé anche la bambina che non attendeva altro che corrergli incontro per poterlo abbracciare.

Ringraziò il Ten-gri per il disgusto che gli Un provavano per le donne del Naaxia e a stento soffocò un gemito di dolore quando la bambina gli si gettò contro a una gamba con tutto il suo peso.

OCCHIO LIMPIDODove le storie prendono vita. Scoprilo ora