16) NUOVE REGOLE

37 11 16
                                    


Quello era il posto che ora gli competeva, pensò tra sé e sé Uleg, dietro la porta, fermo ad attendere ordini dei suoi nuovi padroni, eppure Saaràn se ne era andato e la donna di casa non lo considerava nemmeno.

Vi era una strana atmosfera in quella Yurta, qualcosa che il Taiciuto faceva fatica a comprendere e lo metteva in confusione.

Avvertiva che tutti quanti coloro che vi stavano all'interno erano agitati e a dire il vero, anche lui si sentiva a disagio per essere entrato nella casa del Naaxia.

Per quanto non fosse che un Nonun, uno schiavo ridotto servo all'interno dell'Orda, aveva udito spesso parlare di questo uomo e tutti gli Un lo consideravano tanto inutile quanto spregevole.

Dal più nobile Un-han fino ad arrivare ai Raccoglitori di Sterco, all'interno dell'Urdu essi lo consideravano con derisione e disprezzo, ma da tempo Uleg aveva compreso che dietro a quelle parole così colme di livore, si celava di più, un sentimento, un timore che faticava a venire a galla, molto più simile alla paura che non allo spregio.

C'era qualcosa in quell'uomo che gli sfuggiva, qualcosa che faceva fatica ad afferrare e questo lo metteva in imbarazzo, perché non lo comprendeva.

Tutto in quell'uomo appariva come un controsenso, una negazione all'evidenza più elementare del comportamento degli Un nei confronti di un nemico.

Aveva visto come lo avevano trattato al suo arrivo all'Urdu, tuttavia anziché ucciderlo come normalmente facevano i suoi padroni, i soldati l'avevano portato al cospetto del potente Khan dell'Orda e le teste dei cinque Un che l'avevano percosso, ora svettavano appese a delle lance davanti al Carro Reale.

Il Naaxia era disprezzato come l'ultimo degli uomini e considerato il più misero di tutti gli Un dell'Orda Azzurra, ciononostante aveva ottenuto onori dall'uomo più potente dell'Urdu, quasi egli fosse un suo pari.

Tutto ciò era incomprensibile agli occhi di Uleg e il dubbio, oltreché agitarlo, l'intimoriva.

In effetti la Yurta in cui Saaràn li aveva fatti entrare era cadente e squallida, tutto quello che vi era contenuto denotava miseria e condizioni di vita estreme, eppure poche ore prima, dopo essere stato pestato a sangue, era stato accolto dal Khan nella Yurta Reale come il più nobile degli Un-han.

Inoltre, gli aveva salvato la vita. Così, senza un motivo.

Uleg sapeva di aver commesso un errore fatale a farsi sorprendere sul Carro Reale da Kutula.

Vi aveva portato la gogna che lo Scengun giustiziato aveva fatto stringere attorno al collo del Naaxia contravvenendo gli ordini del Khan, ma le assi del Syedan erano pesanti e ci aveva messo più tempo del dovuto.

Sapeva che se era ancora vivo lo doveva unicamente all'intervento di Saaràn in suo favore, tuttavia, sebbene gli avesse salvato la vita, il Naaxia nemmeno gli aveva chiesto di ringraziarlo.

Era sconcertato e confuso da tanta generosità e non sapeva come comportarsi con questo uomo, che ora gli era stato dato come nuovo padrone.

Era un Un, ma non si comportava come tale e l'incertezza era una cattiva consigliera.

Doveva fare attenzione a come si muoveva e agire come gli consigliava la sua esperienza e questa, per il momento, gli suggeriva di restare fermo al suo posto.

Era un servo e se voleva sopravvivere con gli Un, come tale doveva comportarsi.

Da quando dieci anni prima venne fatto prigioniero, questa semplice regola gli era entrata rapidamente nella pelle più delle catene e delle frustate che da allora aveva ricevute: nella Yurta di un Un, prima di prendere un'iniziativa qualsiasi e ricevere una scarica di legnate, doveva attendere il volere del padrone di casa.

OCCHIO LIMPIDODove le storie prendono vita. Scoprilo ora