18) PRIGIONIERI (Prima Parte)

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La piccola colonna di prigionieri, seguendo i Togril di testa, si avviò lungo la galleria che li avrebbe condotti all'interno del Chuluun Tsaiz, il Castello di Pietra.

Erano tutti talmente emozionati da quello che li circondava, che nessuno di loro se la sentiva di parlare.

Gli zoccoli ferrati dei due imponenti cavalli da guerra che precedevano il Tarpan di Saaràn, provocavano un rumore tale sbattendo sulla roccia del pavimento, che ogni loro passo si ripercuoteva come una mazzata sui timpani dei prigionieri.

Visti da dietro, i due quadrupedi facevano ancora più impressione di prima e l'Un non poté non notarne le dimensioni eccezionali e confrontarle con il suo.

Era la prima volta che gli capitava di vedere da vicino animali così grossi e possenti, tanto imponenti quanto docili ai comandi.

Nemmeno il più grande degli Yak della Steppa poteva stargli accanto come stazza.

La differenza era impressionante.

Il muso di Monglik, per quanto il piccolo Tarpan si sforzasse ad allungare il collo, si veniva a trovare all'altezza del garrese di quei meravigliosi animali e gli Un, a cavalcioni dei loro cavallini della Steppa, a malapena arrivavano a metà della schiena dei cavalieri Togril in armatura.

Tuttavia, quello che più incuriosiva Saaràn, erano gli uomini che cavalcavano quegli splendidi esemplari.

Erano particolari.

L'unico tratto che quella gente pareva avere in comune con gli Un, era che parlava poco, a monosillabi, il più delle volte a gesti.

Saaràn notò che disegnate nella parte posteriore dell'elmo metallico del soldato che rispondeva al nome di Khűchtei, vi erano due strisce verticali bianche, mentre su quello del suo compagno non ve ne era nessuna.

Da quello dedusse che fossero gradi militari o qualcosa del genere, visto che l'altro, quello che ne era sprovvisto, Chadvarlag, accettava di buon grado gli ordini di quello che invece li portava senza mai discutere.

Non se ne stupì per niente e, anzi, lo trovò perfettamente logico.

Quella gente era organizzata e sapeva quello che faceva.

Come aveva potuto constatare, da quando lui e i suoi avevano messo piede in quella galleria, nulla era stato lasciato al caso.

Il modo stesso in cui i Togril avevano teso l'imboscata agli uomini di Muu-Gol e li avevano affrontati nella Steppa, lasciava a intendere che fossero dei soldati di professione.

La violenza che avevano usato contro gli uomini di Muu-Gol, lo terrorizzava.

Avevano dimostrato di potersi comportare con una tale ferocia da accanirsi su di loro mozzandogli addirittura le mani, solo perché indossavano una coda di cane appesa al cappello.

Ognuno di quegli uomini sapeva cosa doveva fare e lo eseguiva nel modo più adeguato.

Ma lui, cosa sapeva di quella gente? Soprattutto, perché guardavano in quel modo Gerel? si domandò.

Notò anche che loro erano soltanto in sei, tre uomini, due bambini e una donna, invece i Togril che li scortavano erano quasi una ventina.

Gli uomini che li precedevano esprimevano potenza e forza in ogni loro movimento, eppure dovevano considerare gli Un un grave pericolo, visto lo spiegamento di forze che avevano messo in moto per un così esiguo numero di prigionieri.

Inoltre vi erano i lupi che li attorniavano marciando a passi svelti, di quando in quando ringhiando, tenendo la testa bassa e le orecchie tese, pronti a cogliere ogni suono molesto.

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