38) IL LUPO (seconda parte)

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Per tutto il tempo che attese l'arrivo degli altri, Saaràn rimase accanto al lupo che la Sua Signora gli aveva affidato.

L'animale e l'uomo erano rimasti soli a lottare per qualcosa di incredibilmente prezioso per entrambi, sebbene, in quel momento, né l'uno né l'altro, ancora se ne rendessero conto.

L'uno lottando per salvare la propria vita, l'altro per salvargliela, per lunghi minuti rimasero uniti come Saaràn nemmeno avrebbe creduto possibile, perché in quella lotta contro la morte lui, senza accorgersene, lottò per salvare la vita all'amico che soltanto poche ore prima aveva dovuto abbandonare nella prateria.

La memoria di Monglik, che aveva lasciato morente lungo un rio in secca nella Steppa, forse ancora in balìa della sorte oppure già sbranato dai compagni stessi del lupo che stava ora tentando di salvare, nella sua mente confusa chiedeva vendetta.

Come Un sapeva di aver fatto la scelta giusta, nemmeno volendo avrebbe potuto agire in modo differente da come aveva fatto, eppure in cuor suo si sentiva lacerato per non aver avuto la forza di affondare il coltello.

Aveva dovuto scegliere se salvare il compagno di una vita intera oppure i suoi figli e aveva fatto la cosa più ovvia per chiunque: aveva pensato a salvare Gerel e a Saryn.

Eppure, ora che ragione e sentimento cozzavano nel silenzio solitario della Steppa, temeva di non aver fatto abbastanza per salvarlo.

Il tormento per quello che aveva fatto a Monglik lo dilaniava e nel fare ora per il lupo quello che solo poche ore prima non poté fare nei confronti dell'amico, corpo e mente trovarono un poco di pace.

In un silenzio irreale, rotto soltanto dal sibilo del vento e dal gorgogliare del piccolo rio che scorreva lì accanto, il lupo e l'uomo per un breve lasso di tempo divennero inseparabili, legati nella lotta della vita di uno di essi.

Ci vollero quasi due Zai prima che Gerel e Saryn tornassero scortati da Omnod e Uleg, ma in quel frattempo Saaràn fece tutto quello che poté per tenere in vita l'animale.

Temendo per le sue limitate conoscenze in fatto di cure, più volte alzò gli occhi al cielo e chiese pietà a Ten-gri, il quale, limpido e soleggiato sopra al mondo, lo stava a guardare indifferente.

Non fu molto, ma il poco conforto che ne ebbe vedendolo steso sopra di sé gli diede la forza di superare i primi, tormentati momenti che dovette affrontare in quella sfida alla quale non era preparato.

Quelli furono i momenti più difficili, quando paura e repulsione per il contatto con un nemico antico, spartendosi equamente il tempo, condivisero il timore di fallire e la trepidazione di deludere la Sua Signora.

Ciononostante, benché fossero minuti carichi d'ansia, questi passarono rapidi e concitati e lo spinsero al limite.

Dall'agitazione le mani gli tremarono incontrollate e il cuore pulsò rapido, eppure in quei momenti delicati sentì di fare qualcosa di utile per sé.

Con la tenacia della disperazione tenne premuto un lembo della coperta sulla ferita fino a quando questa smise del tutto di sanguinare.

Osservando attentamente ogni reazione dell'animale, fece tutto il possibile per tenerlo in vita, nel timore inconfessato che ogni respiro del lupo potesse essere l'ultimo e lui, dopo Monglik, dovesse ammettere ancora una volta di avere fallito.

Tuttavia la forte tempra, la giovane età, la voglia di vivere dell'animale e la sorte benigna questa volta non lo abbandonarono.

Man mano che i minuti passarono senza che la situazione precipitasse, aumentò in lui la speranza di poterlo salvare.

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