26) IL VILLAGGIO TOGRIL

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Man mano che si avvicinarono alla valle in cui non vi erano che risaie, Saaràn si accorse che i muri a secco che incontravano lungo la strada presentavano meno erbe e muschi incrostati sulla superficie.

Erano più recenti di quelli in alto, ma sopratutto le pietre, sovrapposte con maggiore cura e precisione, erano meno grezze e s'incastravano alla perfezione l'una all'altra.

Nuuts vide l'interesse che il Naaxia dimostrava verso quelle opere di contenimento e fece un sorriso sghembo.

Disilluso scrollò la testa e sospirò.

Sapeva dell'avversione che gli Un provavano nei confronti di tutto ciò che non fosse come Ten-gri l'aveva voluto.

Glielo aveva detto Uleg, quando gli aveva raccontato quello che era successo dieci anni prima al loro popolo.

Facendo cenno all'altro Taiciuto di seguirlo, fece voltare il suo Tarpan e si avvicinò a Saaràn.

"Ci sono voluti più di trecento anni di lavoro per arrivare a metterli in opera tutti quanti" gli disse, distogliendo il suo interesse da quello che stava osservando e attirando l'attenzione su di sé.

Uleg, comprendendo le sue intenzioni, tradusse mesto le sue parole ad alta voce, in modo che tutti ascoltassero.

"Da quando i Togril lavorarono le prime risaie lassù, in alto, appena sotto il Castello, erano passati più di tre secoli. Quando arrivarono qui erano dei sopravvissuti. Erano pochi, disperati...".

Parlando con calma, Nuuts, guardando avanti come se stesse raccontando una storia a un amico, narrò quello che sapeva sulla storia dei Togril.

"Un'Orda di Un li aveva scovati, aveva distrutto il loro villaggio e i loro campi. Quelli che riuscirono a sfuggire al massacro seguirono la loro Signora e scapparono a Togriluudyn, dove i cavalieri della Steppa non amavano salire. All'inizio vissero lassù..." e indicò verso l'alto, ai piedi del Castello di Pietra "C'era acqua, un po' di terra, un burrone a separarli dagli Un e lassù iniziarono a scavare la montagna. Una parte di essi, quei pochi uomini sfuggiti alla morte, presero a costruire le mura per difendersi, mentre le donne scavarono i primi terrazzamenti per le risaie. Non potendoli inseguire gli Un se ne andarono e i Togril da allora rimasero nascosti quassù. Lavorarono come bestie per mettersi in sicurezza e per avere il cibo per sopravvivere, poi poco alla volta scesero verso il piano, incanalando l'acqua tratto dopo tratto, grattando terra e pietra un colpo di piccone alla volta. Un gradone dopo l'altro, una risaia dopo l'altra, un muro dopo l'altro, da più di tre secoli questa gente scava il fianco della montagna, portando terra e acqua ovunque è possibile arrivare. Dovunque c'era posto per costruire una nuova risaia, per tutto questo tempo gli uomini e le donne della valle hanno spaccato pietre, scavato canali, portato terra per le vasche e acqua per riempirle. Arrivati in fondo al pendio, hanno iniziato a costruirsi un paese, case, strade, a scavare e livellare il pianoro, proseguendo ancora nella loro opera, senza mai fermarsi. Crebbero in numero e man mano che la popolazione cresceva, di pari passo cresceva per i Togril il bisogno di maggiori quantità di riso. Più riso c'era, più bambini nascevano; più bambini nascevano, maggiore era la necessità di riso. In un circolo senza fine di crescita e necessità, i Togril hanno prosperato con il lavoro, anche se ora la produzione di riso eccede di gran lunga la necessità. Come meticolose formiche, hanno riordinato il Creato man mano che scendevano a valle, trasformandolo e adattandolo al loro bisogno. Non so perché lavorino ancora così tanto, visto che hanno magazzini pieni di riso ovunque, però di una cosa sono certo, Naaxia: i Togril non si meritano di perdere tutto questo" terminò a dirgli il Taiciuto.

Nei suoi occhi Saaràn lesse una rabbia repressa e a stento trattenuta, poi, con un gesto di stizza, Nuuts fece spostare il cavallo da Monglik e ritornò a riprendere il suo posto alla testa della colonna.

OCCHIO LIMPIDODove le storie prendono vita. Scoprilo ora