8) TOMOR BIYE

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Nel dire quelle parole alla moglie, Saaràn vide Gerel sgranare gli occhi e trattenere il fiato.

Si voltò, preferendo osservare verso il buio piuttosto che sopportare la delusione che vide comparire sulla faccia della bambina, perché quella era l'ultima delle sue intenzioni.

Non avrebbe voluto darle quella delusione.

Certe scelte, per quanto giuste, richiedevano molto coraggio per essere messe in atto e lui non voleva più farsi prendere dalla pietà verso quella belva.

Si rammaricò di aver dovuto dare quell'ordine alla moglie, però non se ne pentì.

La Sua Signora gli aveva affidato la vita di quel lupo, ma ora era in gioco la vita della sua famiglia e questo, per lui, veniva prima di ogni altra cosa.

Helun non disse nulla, annuì in silenzio.

Comprendendo quanto doveva costare al marito darle quell'ordine, strinse la mano sul corto pugnale che portava a vita e si avvicinò alla slitta.

Gerel le aveva raccontato alcune cose su quel lupo e benché ancora la donna non sapesse tutto, aveva però capito che se il suo uomo l'aveva salvato, doveva aver avuto un motivo più che valido per farlo.

Era certa che se avesse potuto evitarlo, Saaràn non avrebbe mai pronunciato quelle parole, perciò non fece domande e, per una volta, nemmeno discusse.

Anche Gerel dovette capire la gravità della loro condizione e non protestò.

Benché non fosse d'accordo con la decisione presa dal padre, per una volta tanto non disse una parola.

Rimase immobile seduta accanto al focolare, preparandosi al peggio e pronta a coprirsi gli occhi nel caso la madre avesse estratto il pugnale.

Nella Steppa cadde un silenzio innaturale.

Non si udì nemmeno uno strillo di rapace o l'urlo agonizzante di una preda cacciata.

Tutto tacque, come se qualcosa di più pericoloso si fosse impossessato della landa.

Agli assediati quel silenzio fece venire i brividi.

Tesero allo spasimo tutti i sensi per avvertire anche il minimo segnale di pericolo, ma non accadde nulla.

Benché di quando in quando agitassero avanti e indietro le lance nel timore che vi fosse qualcosa, nulla sbucò dal buio.

Solo buio e silenzio.

Infine verso l'alba, finito il poco legno che ancora avevano a disposizione, anche le ultime braci del focolare si spensero e l'oscurità si fece totale.

Gli uomini dietro il carro non riconobbero nemmeno più il profilo del loro vicino.

Solo l'affannato respiro di ognuno di loro, segnalava la presenza degli uni agli altri.

La già penosa situazione dei fuggiaschi divenne un doloroso tormento, mitigato appena dal ritmico e famigliare ruminare delle vacche e dallo sbuffo improvviso di qualche Tarpan ansioso.

Nessuno fiatò e aprì più bocca.

Forse percependo la tensione degli uomini, anche il lupo sulla slitta si zittì. Di quando in quando, dall'alto delle rocce che li circondavano, cadevano in terra piccoli sassi che, rimbalzando sulle pareti, rotolavano infine senza danno a fianco della mandria.

Quando poi un tenue lucore impallidì l'estremo limite della Steppa e Ten-gri riprese il posto che gli spettava sopra il mondo, Saaràn e gli altri tirarono un sospiro di sollievo.

OCCHIO LIMPIDODove le storie prendono vita. Scoprilo ora