32) SGOMENTO

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A Muu-Gol servirono alcune ore per riprendersi abbastanza dallo spavento e poter capire alla fine quello che doveva fare.

Dopo aver visto lo spettacolo immondo dei Gin che si saziavano con i cadaveri della sua gente abbandonati in terra, egli fuggì come tutti da quella scena agghiacciante e si nascose nella Yurta Reale.

Una volta dentro serrò la porta con il suo peso.

Tremava in modo incontrollato.

Le mani, le gambe, i denti sbattevano gli uni contro agli altri talmente forte, che temeva di vederseli cadere in pezzi da un momento all'altro.

Non riusciva a fermarli in nessun modo.

Era in preda allo sgomento e non desiderava che fuggire via da quella vista.

Serrando gli occhi dalla paura respirò a fondo, più volte, a lungo, stringendo forte le palpebre come faceva da bambino.

In quel modo poteva illudersi di essere isolato dal mondo, di non vedere, di non udire più nulla.

Poco alla volta i respiri si quietarono e senza che egli lo volesse, gli occhi si disserrarono.

Quando li riaprì si rese conto di essere solo.

Vide il disordine che quell'essere immondo aveva lasciato all'interno della Yurta dopo aver afferrato gli aculei che gli aveva sporto nel disperato tentativo di avere salva la vita.

Il buco che il Gin aveva scavato nelle spesse assi di legno del pavimento era ancora là, aperto sul greto del torrente senza nulla a sbarrarlo.

Lo fissò con orrore.

Poteva tornare in qualunque momento!

Quell'apertura... non era al sicuro nemmeno lì dentro!

Slanciandosi avanti, Muu-Gol tappò il foro nel legno con il tappeto di lana, poi, gemendo, incespicando e trascinandosi a tentoni, andò a sedersi sulla sedia del Khan.

Un sudore freddo gli colava dalla fronte e sul collo; gli occhi, fissi sull'ammasso informe di lana che ostruiva il foro, si dilatavano a dismisura nel disperato tentativo di cogliere il minimo movimento sospetto che provenisse da quella parte.

Tremava ancora dallo spavento e dal timore che quella... cosa... mostruosa... ricomparisse un'altra volta all'improvviso e gli facesse fare la medesima fine degli Un morti.

Nonostante tentasse di non pensarci, rivedeva in continuazione quegli aculei infernali sferzare l'aria con violenza inaudita e poi scendere giù, velocissimi fino a terra, per infilzare la preda designata e sbatterla ripetutamente sul suolo.

Fece un gesto disgustato.

Al pensiero di come quelle... cose... scomparivano infine nella terra, trascinando con sé i cadaveri ridotti in masse informi e sanguinolente, tirate dentro ai fori fino a passare a forza con un sordo rumore di ossa fracassate, rabbrividì di terrore.

La sua mente, già sconvolta dopo l'aggressione di Bortecino lungo il torrente, svanì del tutto.

Se per giorni interi il suo raziocinio aveva vacillato lungo un fragile equilibrio che vagava incontrollato tra il buio della ragione e improvvisi scoppi d'ira, ora era completamente annebbiato, senza che egli avesse la possibilità di fare nulla per impedirlo.

Non vi era più un briciolo di coerenza nei pensieri che gli attraversavano il cervello, passando da uno all'altro a una velocità tale, da non poterli più comprendere nemmeno lui.

Nella sua mente non vi erano più l'arroganza di un tempo, ma terrore, puro e incontrollato.

La superba baldanza che aveva guidato ogni sua azione fino ad allora, alla comparsa dei Gin era svanita come neve al tiepido sole di primavera.

OCCHIO LIMPIDODove le storie prendono vita. Scoprilo ora