11) NUOVAMENTE PRIGIONIERI

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Quando Uleg terminò di tradurre le parole di Tomor Biye, Saaràn sospirò soddisfatto e guardò Helun. Salvi, erano salvi.

Per il momento almeno, grazie al suo stratagemma, avrebbero vissuto un altro giorno ancora sotto Ten-gri.

Muu-Gol era più vicino di quello che aveva sperato, ma ora, trovandosi in mano a quegli sconosciuti che lo detestavano forse più di lui, pensare al suo antico nemico lo spaventava di meno.

Tenendoli prigionieri, i Togril li avrebbero protetti dagli uomini del Clan del Cane Nero forse meglio che se si fossero trovati da soli nella Steppa.

Era riuscito a salvare tutta la sua piccola Tribù, eppure, quando incrociò lo sguardo della moglie, qualcosa nei suoi occhi gli fece aggrottare la fronte: l'avvertì subito e gli attraversò la coscienza come una lama gelida.

La donna non era felice come pensava che avrebbe dovuto essere, lo fissava e stringeva Gerel a sé, come se avvertisse qualcosa che lui non comprendeva.

Tomor gli parlò ancora e lo distolse da quel pensiero:

"Mori, khacin sarlag khűrtel. Bűgdiig ni avaad yav. Belen bolmogts bid yavakh bolno". (Anche i cavalli e gli strani yak. Portate via tutto. Appena sarete pronti, partiremo) gli disse prima di allontanarsi.

"Dove ci portate?" gli domandò Uleg, incuriosito.

Tomor Biye si schernì. Voltandosi a metà verso il Taiciuto:

"Khatagtai Togriluug ruu". ( Andremo a Togriluudyn ) gli rispose.

Quando il Nonun gli tradusse le parole del Togril, Saaràn annuì, ciononostante non fosse del tutto soddisfatto.

C'era ancora una cosa che doveva dirgli. Doveva avvisarlo di Muu-Gol e dei suoi uomini.

"Uleg, presto. Digli che ci sono altri nemici dei Lupi nella Steppa. Digli che ci inseguono a piedi e che presto saranno qua".

Il Taiciuto fece come gli era stato detto e a sentirglielo dire Tomor si fermò nuovamente.

Si udì un suono scarno uscire dall'elmo, un sorriso amaro, carico di sarcasmo e soddisfazione.

Gli occhi chiari dell'uomo, dietro le fessure di metallo, scintillarono di rabbia.

"Bi űűniig medej baisan. Golyn daguukh busad khűműűsiin". (Sapevo già di quegli uomini e anche degli altri, fermi lungo al fiume) disse senza un minimo cenno di gioia.

"Naaksia, bid chamaig kheden doloo khonog kharj baina". (Sono giorni che vi teniamo d'occhio, Naaxia. Eravate attesi) aggiunse ancora, poi si voltò e lasciò Saaràn attonito.

Sentendosi chiamare Naaxia dal Togril, Saaràn rimase sbalordito.

Quell'uomo come faceva a sapere il nome che gli davano gli Un?

Avrebbe voluto farglielo domandare da Uleg, ma non ne ebbe più il tempo.

Il colloquio era terminato.

Comprese di essere stato congedato quando Tomor fece un gesto verso le donne sul ciglio del precipizio, poi, agile come quando lo videro arrivare, il gigantesco uomo sparì oltre il carro.

Altrettanto rapide le donne abbassarono gli archi e scomparvero assieme ai lupi che le accompagnavano.

I Togril di guardia riposero le spade e quello che rispondeva al nome di Chonyn chiese a un altro di aiutarlo a prendere lo scudo su cui era adagiato il lupo.

Con incredibile delicatezza, insieme lo spostarono sul carro.

Poi Chonyn si avvicino a Saaràn.

Quando fu a un passo da lui, l'Un poté notare la leggera scalfittura lasciata sull'elmo il giorno prima dallo scontro con il Tarpan.

OCCHIO LIMPIDODove le storie prendono vita. Scoprilo ora