35) RESA DEI CONTI

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Muu-Gol galoppava nella notte come se mille diavoli gli fossero alle calcagna.

Portava il Pugnale Azzurro del Khan degli Un infilato nella fascia che lo cingeva a vita, ma ora averlo con sé non gli dava più alcun piacere.

Per quanto l'avesse desiderato, adesso percepiva la presenza del metallo della lama premergli sulla pelle come una condanna, un fastidio, quasi un malessere che lo perseguitava senza dargli nessun desiderio di possederlo ancora.

Anche se in un tempo nemmeno troppo lontano avrebbe fatto qualunque cosa pur di ottenerlo, ora non desiderava che liberarsene.

Ormai era un onore che non voleva più, faticava persino a portarselo addosso e voleva disfarsene al più presto.

Nella mente sconvolta del nobile Hanbakai vi era un unico pensiero a spingerlo ad andare avanti. Portarlo a Saaràn.

Oramai era diventato un chiodo fisso, quasi fosse l'unica certezza a cui ancora affidarsi se voleva avere salva la vita: doveva arrivare il prima possibile dal Naaxia e portarglielo di persona.

Solamente lui avrebbe potuto salvarlo dalla morte orribile portata dai Gin e Muu-Gol, al solo pensiero di dover morire, provava un terrore folle.

In vita sua aveva commesso troppe nefandezze per potersi presentare impunemente davanti a Ten-gri e il timore di esserne scacciato dai propri avi, lo angosciava.

Oramai tutto lo angosciava.

Il vivere, quanto il non vivere ancora.

Il buio lo angosciava, il nulla lo angosciava, il pensiero di non vedere più sorgere il sole, lo angosciava.

Nella sua lucida follia vedeva soltanto una soluzione possibile per salvarsi: Saaràn!

Saaràn, lui, sì, Saaràn avrebbe saputo... avrebbe... potuto salvarlo.

Saaràn camminava con la Lupa Azzurra, parlava con Ten-gri, Saaràn scompariva e compariva alla vista degli uomini come voleva, Saaràn era il Khűrch Bolokhgűi, l'Intoccabile, e non avrebbe permesso che lui, il Khan, seguisse il destino di tutti.

Il Pugnale, sì, doveva darglielo, l'avrebbe obbligato a prenderlo, l'avrebbe... scongiurato di prenderlo, si sarebbe messo in ginocchio davanti a lui, avrebbe implorato, strisciato davanti al Naaxia, pur di aver salva la vita.

Avrebbe fatto qualunque cosa, pur di salvarsi.

Muu-Gol si sentiva ardere di speranza, di febbre e di paura.

La fronte scottava e da qualche ora la gola aveva preso a bruciargli come se fosse in fiamme.

Faticava a deglutire anche la saliva e alla pallida luce della luna, aveva visto le dita delle proprie mani farsi via via più scure man mano che il tempo passava.

Ora erano quasi nere e al solo guardarle, mentre un sudore freddo gli correva lungo le tempie, la consapevolezza di quello che stava accadendo al suo corpo gli arrivava alla mente e lo convinceva della realtà.

Stava male e forse stava per morire.

Nel solo guardarsi le dita gonfie, grugnì stizzito e distolse lo sguardo.

Da quando aveva preso il Pugnale Azzurro a Kutula tutto era andato male. Era stato un rapido susseguirsi di disgrazie che non aveva saputo evitare e adesso era terrorizzato da quello che avrebbe potuto ancora accadergli.

Da quando era diventato Khan, nulla era andato come si era aspettato. Nulla!

Il Naaxia, i lupi, Bortecino, il boato, i terremoti, i Gin, da quando era diventato Capo dell'Urdu, tutto gli si era rivoltato contro.

OCCHIO LIMPIDODove le storie prendono vita. Scoprilo ora