11) EPIDEMIA MORTALE (Prima parte)

15 7 11
                                    


Gli ci vollero altri due giorni prima di potersi alzare dal giaciglio di foglie e camminare fino all'imbocco della grotta.

Furono giorni lunghi per Saaràn, carichi di pensieri e cattivi presagi. Passati in attesa di notizie da Togriluudyn che non arrivarono, con l'ansia di partire e la preoccupazione per la sua famiglia lontana.

Domande senza risposta si affollarono giorno e notte senza sosta nella sua mente.

Eppure queste domande ansiose, non potendo essere esaudite in nessun modo, furono le migliori medicine possibili.

Grazie ai rimedi di Neko e le cure di Frassinella, la guarigione fu molto più rapida di quanto Saaràn stesso avesse previsto.

Addirittura la Yaonai si stupì della velocità con cui il corpo dell'uomo seppe reagire alla malattia nei momenti seguenti alla visita della Grande Madre e del dottore.

Il recupero avvenne in poche ore e rasentava il prodigioso.

Tanto alla sera faticava a reggersi in piedi, quanto alla mattina si sentiva decisamente meglio.

La febbre se ne era andata completamente, le ghiandole erano sgonfiate, la gola aveva smesso di bruciare e anche la mano ferita era quasi del tutto guarita.

Guardandosela ora, la vedeva morbida e mobile.

La pelle era rosea e le due abrasioni infettate dall'aculeo di Gioturna erano rimarginate.

Non restavano che leggere incisioni nella pelle che a breve sarebbero scomparse non lasciando traccia alcuna.

Per la prima volta da giorni, nella notte anche la tosse non l'aveva tormentato nel sonno.

Le espettorazioni improvvise e violente erano passate quasi del tutto.

Finalmente aveva avuto un riposo profondo e riposante, eppure il pensiero costante rivolto alla famiglia in pericolo, la lontananza e il timore che a Togriluudyn stesse succedendo il peggio, l'avevano ugualmente svegliato presto.

Si era alzato dal suo giaciglio di foglie che non era ancora chiaro, tanto sapeva che non avrebbe più dormito.

Era solo, Frassinella non era ancora arrivata.

Non sapeva dove andasse di notte la Yaonai, ma sapeva che subito prima dell'alba compariva silenziosa al suo fianco, vi restava tutto il giorno fino al tramonto, per poi andarsene ancora alla sera, prima che fosse del tutto buio.

Per quanto fosse sempre un momento di gioia rivederla, quel mattino in particolare attendeva con ansia il suo arrivo, perché voleva andarsene.

Nell'attesa, incapace di restare fermo oltre a quello che la malattia l'aveva già obbligato a fare, approfittò dell'assenza della donna per accendere un piccolo falò con delle foglie secche e con esse improvvisare un torcia.

Era curioso e come era nella sua natura di Naaxia, esplorò da cima a fondo la caverna che l'aveva ospitato in quei giorni.

Voleva vedere com'era fatta, sapere se continuava in profondità oppure se terminava dopo pochi passi, ma la sua voglia di scoprire cose nuove venne in parte delusa, perché in breve la visitò tutta e dovette fermarsi.

Scoprì che non era molto lunga, chiusa com'era non portava da nessuna parte, però in fondo a quella galleria trovò tracce umane.

Braci consumate di un focolare, impronte, resti secchi di cibo, pezzi di indumenti stracciati, un paio di calzari in fibra vegetale lasciati da chissà chi.

Osservando attentamente i segni lasciati in terra, valutò che a giudicare dai resti forse cinque, sei mesi prima molte persone erano state in quel luogo.

OCCHIO LIMPIDODove le storie prendono vita. Scoprilo ora