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CASS

Mi sento una stronza.

Ho Jean distrutto sotto il naso, ma manco quello mi smuove. Lui che mi ha sempre aiutata, mi ha suggerito una via d'uscita, lui che è stato tanto gentile, e io... me ne frego. Non provo niente.

Trema, piange, non è più lui, e io... puf, niente.

Un bambino bisognoso di sostegno e attenzioni.

E io sono davvero la persona più sbagliata per una roba del genere.

«Mi ha abbandonato», un respiro strozzato lo interrompe, «Mi ha lasciato solo, mi ha... lanciato via, come spazzatura!»

«Jean... Ashley se la sta passando brutta...»

«E io come me la sto passando?» Ha gli occhi iniettati di sangue. Non è normale vederlo così, nell'ultimo anno e mezzo è stato bene.

L'ultima volta che Jean ha avuto una crisi è stato quando l'ha mollato un suo amante. Poi, vabbé, si è rifatto la terapia, un par di mesi, e ne è uscito come nuovo, tirato a lucido.

Sfido io, è l'unico ad essere venuto a patti coi suoi disturbi mentali.

E ora, ecco qua, precipitato in una delle sue crisi istrioniche, come diceva Leon.

Sospiro, «Ce la stiamo passando tutti male, Jean... cerca di non perdere la testa, per favore.»

«Proprio tu parli!» grida, è proprio andato.

Non mi colpisce, li conosco 'sti scatti di rabbia.

«Sì, hai ragione», dico, «Io proprio non dovrei parlare, ma...»

Un attimo, e ho la bocca di Jean sulla mia. Sono di sale e allo stesso tempo mi sento tranquilla, è davvero strano essere baciati dalla mia controparte maschile.

Asciutto, pulito, non allunga le mani, non mi soffoca con la lingua in bocca, si limita a massaggiare le labbra con le sue. Una carezza più che un bacio.

Lo lascio fare, è chiaro che sta fuori di testa e so che non mi farebbe nulla di male.

Si stacca, i suoi occhi sono lontani, spenti. C'ha bisogno di qualcosa... conferme, affetto, amore, tutta roba che io non posso proprio dargli.

Neanche cambio espressione, «Sei impazzito?»

«Ho bisogno... ho bisogno di questo, adesso.» Non mi guarda, ansima, non capisco se è nervoso o se ha solo voglia. O se c'è dell'altro. Cerca la mia mano, si aggrappa a me, stringe le dita al dorso. Fa male, cazzo.

Mi abbasso, cerco i suoi occhi, li trovo. Assenti, spenti, morti. Le guance rosse, sembra un ragazzino. In effetti, Jean è un ragazzino, ogni tanto ce lo scordiamo solo perché è cresciuto prima degli altri. Come me.

So che è quello sguardo, è quello della puttana. Va a darlo a tutti, è il suo modo del cazzo di ricevere conferme.

Sei un coglione, Jean, guarda che mi tocca fare per farti stare meglio...

«Cass... ti prego...»

Inspiro. Lui mi ha dato una mano, non si è risparmiato, ora... ora tocca a me.

Annuisco, «Ok.»

Mi scruta, poggia la fronte alla mia. Sta fermo un attimo, c'ha ripensato?

No, figurati. Mi bacia una guancia, mi fa il solletico coi ricci ma lo lascio fare. Sarei una stronza.

Scende sul collo, non è viscido, gli altri sembravano lumache quando lo facevano. Tasta il terreno, mi dà tempo per capire se davvero va bene o no anche per me. Sì che va bene, Jean, se no te l'avrei detto.

Le dita lunghe indugiano sul collo, scendono, la maglietta si alza. Ora diventa tutto reale, le mani sul busto, la bocca alla base del collo, sul petto, sulle mie labbra, di nuovo.

Slaccia la camicia, la mia maglietta se ne va, ci guardiamo quando non abbiamo più mezzo straccio addosso.

Porto i suoi polsi sul collo, le dita si allacciano, è su di me in un attimo, lo sento sulla pancia, deglutisco. Se ne accorge, sbatte le palpebre e torna in sé.

Non dobbiamo dirci niente, sappiamo come funziona 'sta roba, è come leggersi la mente e guardarsi allo specchio. So cosa sta pensando.

Prendo la sua erezione e la punto all'ingresso del mio corpo. Devi entrare, Jean, basta pippe mentali.

Mi scappa un'espressione esasperata. E muoviti!

Neanche l'avessi detto, entra in me, trema e tremo anch'io.

Non sento lo schifo, non c'è dolore, tristezza, confusione e senso di colpa.

Jean è come un fratello, mi sta bene anche questo pur di non farlo perdere. Meglio con me che con uno a caso.

Si muove, piano. Pare che ha paura, mi torna in mente Seth, qualche mese fa.

Ci sa fare.

Cazzo, se ci sa fare... mi sta facendo vergognare.

Mi piace.

Il mio corpo risponde alle sue stimolazioni, anche se non sta facendo niente di che. Si sta solo muovendo in me, lento, pare uno che fa sesso per la prima volta.

Perché mi sta piacendo? Non l'avevo previsto, cazzo. Non è Leon, non capisco.

Leon... Leon, perdonami.

Il senso di colpa, eccolo qua. Risale la testa, arriva agli occhi, esce, le lacrime mi bagnano le guance, spariscono tra i capelli. Devo tagliarli, 'sti cazzo di capelli.

Mi esce un singhiozzo... cazzo, se n'è accorto.

Pianta gli occhi nei miei, mi trafigge. Si morde il labbro, una carezza segue la scia delle mie lacrime, le asciuga, di nuovo labbra su labbra.

Ricomincia. Dolce, morbido, è una lunga carezza interna che mi fa montare un orgasmo diverso dal solito, meno intenso, ma... è comunque bello. Non riuscirò a trattenermi per molto, tra poco esplodo.

Jean sembra fatto per me, ma non è così. Non siamo quelli giusti, anche se adesso sembra il contrario.

Cazzo... se spinge così...

Tiro la testa indietro, gemo una volta, una sola. No, due. Non riesco a stare zitta, non avrei voluto, ma... Jean ci sa davvero fare, anche con me.

La sensazione di calore si espande, mi arriva al cervello, non riesco a fermare le contrazioni, quasi dolore. Spingo le dita sulla sua schiena... fermati, dannazione, è troppo! La rabbia, la tristezza, la delusione, la voglia di morire, esce tutto da lì insieme al mio orgasmo, una pletora di stati d'animo assurdi.

Ho il fiatone, mi esce un terzo gemito. Quest'orgasmo è lunghissimo, maledizione!

Lo guardo in faccia, ha un sorrisino tra il mesto e il soddisfatto.

Ma... come cazzo fa?

Mi tira la frangia indietro, il suo sguardo è un mare d'oro colato. Mi fa pure diventare poetica, questo qui. Sembra davvero un uomo sulla trentina, ti coccola anche se non viene lui. Ci credo che Ashley c'ha perso la testa.

Mi dà un bacio sulla fronte, «Grazie.»

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