Chapter 73

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Ero stesa sotto le lenzuola da un paio di minuti quando An mi venne a scuotere.
-Jess sono passati due giorni. È tempo di uscire da quel letto-
Giorni? Erano passati due giorni?
Misi fuori la testa e la luce che veniva dalla finestra accecò i miei poveri occhi gonfi, in più l'aria fredda mi congelò le pupille bagnate.
Non avrei assolutamente abbandonato la mia attuale postazione.
Tornai a nascondermi al caldo e abbassai le palpebre, pronta a tornare nel mio stato di dormiveglia tra incubi e realtà. Che ormai erano tutt'uno.
-Muoviti- An mi tirò via le coperte e un brivido mi fece scattare in posizione fetale.
-Non ce la faccio- parlai.
La mia voce era impastata. E orribilmente roca. Mi schiarii la gola e riprovai.
-Non posso uscire in queste condizioni. Capirà- mormorai solo e cercai di non pensare al reale peso di quelle parole.
Una fitta mi prese il petto ma la ricacciai indietro chiudendo forte gli occhi e prendendo dei respiri lunghi e profondi.
-Capirà se non ti vedrà a lezione oggi Jessica. Sei stata rintanata in camera per tutto il weekend, ti ho portato il cibo dalla mensa e non sei scesa nemmeno quando Sam ed Helen ci hanno chiamato. Se Ian verrà a saperlo ti verrà a cercare-
Al suono del suo nome mi venne la nausea.
Aveva ragione. Aveva sempre fottutamente ragione. Ma non avrei trovato la forza per reagire. I tempi si stavano rivelando più lunghi del previsto secondo quanto potevo permettermi.
-Ho bisogno di almeno una vita An- piansi isterica.
-Esagerata. Non te la puoi permettere. Sai benissimo che anche una settimana sarebbe troppo. Devi reagire subito Jess-
-Non ce la faccio-
-Beh dovrai farcela invece-
-È troppo An-
-Sii ragionevole. Sei orfana, puoi sopravvivere a tutto-
Chiusi gli occhi e piansi ancora. Aveva ragione. Non potevo fare così, ero riuscita a superare la morte dei miei genitori, Ian sarebbe stato solo un ricordo in poco tempo.
-Dammi due giorni-
-Alzati. Non ho intenzione di arrivare tardi per colpa tua-
Se non ci fosse stata lei a darmi la forza di andare avanti non so come avrei fatto. Mi dava così tanto senza chiedere nulla in cambio... le dovevo la mia vita.
Mi trascinai in bagno e quando mi vidi allo specchio ebbi un sussulto. Avrei dovuto fare un miracolo.
-Ti aiuto io- mi disse la mia migliore amica in modo gentile.
-Sarà come se non fosse successo nulla-
***
IAN POV
Due giorni di merda. Due cazzo di giorni di merda. E la situazione non era destinata a migliorare.
Non potevo credere che mi avesse lasciato. Le giornate erano nere da quando lei non mi sorrideva alla mattina e non potevo vederla o toccarla. Da quando non la avevo intorno le cose erano sempre meno belle e mi davano sempre più fastidio.
-Fanculo- diedi un pugno al cassetto del comodino rompendolo. Grandioso. Se prima non si chiudeva adesso non lo avrei nemmeno più potuto usare. E avevo un taglio sulle nocche.
Le stesse nocche che Jess aveva curato la notte in cui disse di amarmi.
E adesso non mi amava più, mentre io come un coglione l'amavo come se fossimo ancora in quel letto per la prima volta.
-Stai bene Ian?- chiese Stone uscendo dal bagno preoccupato.
-Ho sentito un botto-
Mi alzai pulendo il sangue sui miei jeans.
-Certo. Tutto a posto-
Uscii sbattendo la porta. Anche vedere Mike mi ricordava lei. Non lo sopportavo. Essere in stanza con lui sarebbe diventato un problema se non avessi trovato un modo per andare avanti.
Avevo passato la maggior parte del tempo a letto o in palestra. Tra vuoto e rabbia. Non riuscivo quasi nemmeno a chiudere occhio la notte. Il tormento che sentivo in tutto il corpo non demordeva e io avrei voluto odiare Jessica con tutto me stesso. Le ultime parole che mi aveva rivolto continuavano a ronzarmi nella mente senza lasciarmi respirare e mi sentivo sempre più ferito e rabbioso man mano che i minuti passavano.
Ero quasi arrivato nella classe di letteratura quando mi accorsi di non avere lo zaino.
Mi passai una mano, quella sana, tra i capelli e li tirai. Mi stava consumando.
Mi pulii nuovamente le nocche sui jeans e proseguii. Non mi sarebbe comunque interessata la lezione. Volevo vedere lei. Volevo vedere se era riuscita a continuare la sua vita come se nulla fosse.
Non c'era nessun'altro nell'aula, ero il primo.
Mi sedetti in ultima fila così da avere una visuale perfetta della classe e aspettai.
Ogni volta che entrava qualcuno il cuore mi saltava in gola pensando fosse lei. E se non fosse venuta? Se avesse deciso di cambiare corso per evitarmi? No, non avrebbe avuto senso. Al massimo avrei dovuto farlo io visto che era stata lei a mollarmi.
I pensieri correvano e si sovrapponevano tra loro irritandomi. Mi calmai e ricominciai a guardare l'entrata.
E se invece non venisse perché anche lei non riesce a reagire? Se avesse capito di aver fatto una grandissima stronzata e ora, per orgoglio, non volesse tornare sui suoi passi? Non era un comportamento da Jess. Ma se così fosse stato, sarei stato disposto a ricominciare? Diavolo sì.
La conoscevo abbastanza da poter dire che se Jessica Packwood non riusciva a reagire, la cosa per cui stava male doveva valere veramente tanto per lei. E nemmeno la rabbia che provavo mi avrebbe fatto indietreggiare se lei mi amava ancora. Avrei dimenticato ogni singolo respiro di quella conversazione per ricominciare.
In quel momento decisi che se non fosse venuta sarei andato a cercarla e l'avrei obbligata a dirmi la verità. Un barlume di speranza si accese in me con la consapevolezza che magari non era davvero finita.
Mi leccai il taglio che aveva cominciato a bruciare sempre di più e l'ansia che provavo non era da me. Il cuore che batteva a mille e il sangue che pompava fino alla tempie.
Quando la classe si fu riempita e anche il professore aveva preso posto alla cattedra mi rilassai. Abbandonai la schiena contro al sedia e alzai gli occhi al cielo.
Avevo ancora una possibilità. Dovevo vederla. Lo sapevo. Lo sapevo che mentiva. Quando aveva detto di amarmi era solo un modo per allontanarmi e era riuscita alla perfezione nel suo intento. Non sapevo ancora con chiarezza il motivo di questa messa in scena, ma lo avrei scoperto presto.
Stavo per alzarmi quando con mio grande orrore la porta si aprì di scatto ed entrò Jessica con il fiatone e i libri in mano. Mi congelai.
-Packwood le sembra l'ora di arrivare?-
-Scusi professore ho avuto un contrattempo- spiegò in fretta e si guardò intorno cercando un posto libero.
La guardai cercando anche solo un minimo segno di tristezza. Occhiaie, occhi rossi, postura gobba, distruzione. Quello che avevo io. Nulla. Era perfetta. Truccata forse leggermente più del solito, i capelli raccolti in una treccia, occhi limpidi e le guance arrossate per la corsa.
Mi sentii morire. Il dolore alla mano non era minimamente paragonabile a quello che sentivo nel petto.
Nel momento in cui i nostri sguardi si incrociarono m'irrigidii e lei fece lo stesso, ma a mio contrario distolse gli occhi in fretta e si sedette in uno dei primi banchi con nonchalance.
Io continuai a fissarla mentre nella mia testa si susseguivano una serie di pensieri che andavano dall'odio alla disperazione.
Come aveva potuto andare avanti così? Come era riuscita a dimenticarmi così in fretta? Come poteva essere finito tutto così in fretta?
Era tutto reale. Non mi amava più e me lo stava dimostrando proprio sotto i miei occhi.
Presi un respiro e strizzai le palpebre.
È solo un brutto sogno
Quando le rialzai lei era ancora lì, girata di spalle e stava ascoltando la lezione rilassata. Le bruciai la nuca con gli occhi ma questo non servì a placare il bruciore che sentivo nel cuore e le mani mi tremavano per l'adrenalina.
Vidi la mano del suo vicino di banco scivolare nello spazio tra lei e lui, trascinando qualcosa sulla superficie. Aguzzai la vista e notai un foglietto intrappolato tra le dita di Jess. Non riuscii a vedere la sua faccia o la sua reazione, ma vidi che scriveva qualcosa su di esso e glielo ripassava con lo stesso gesto leggero.
Lui sorrise come il coglione che era, scrisse di nuovo e continuò a mandarle messaggi a cui lei rispondeva di volta in volta come se fosse normale. Come se io non fossi dietro di lei e non stessi assistendo a tutta la scena in diretta.
Adesso si metteva anche a scambiarsi bigliettini con un idiota sconosciuto che pensava di sedurla con qualche frasettina del cazzo?!
Beh io la conoscevo e sapevo che le serviva molto più di questo. Le serviva sicurezza e un uomo con le palle. Uno che la facesse ridere e la mettesse sempre in discussione, che riuscisse a prenderla in un modo soltanto suo di vivere. Le servivo io.
Eppure a quanto pareva aveva deciso che non era così. O non lo era più. E io ero rimasto fregato.
Sentii che anche Mr bigliettino aveva più possibilità di me di mettersi con Jessica e quando vidi le spalle di lei contrarsi per trattenere una risata fu davvero troppo.
Aveva deciso di cambiare strada e di ripartire. E mi stava dicendo che avrei dovuto farlo anche io per quanto non riuscissi.
Mi ci sarebbe voluto molto più di una semplice sbronza per togliermi dalla testa l'uragano Jessica. Capii perché i cataclismi avevano nomi femminili. Le donne ti distruggevano.
Guardai l'orologio che segnava ancora troppo alla fine della lezione mentre la mia forza di volontà era arrivata a esaurirsi completamente. Ero al limite di sopportazione e non potevo più assistere alla vista di lei con un'altro.
Mi guardai nuovamente la mano che ormai era una serie di croste insanguinate fino alle unghie e trattenni un lamento.
Diedi un'ultima occhiata a Jess che stava raccogliendo una matita da terra e il suo sguardo si incatenò al mio mentre si tirava a sedere. I suoi occhi non mi dissero nulla. Una parete di oscurità proteggeva i suoi pensieri e fu quello che mi fece andare su tutte le furie.
Dopo tutto quello che avevamo passato insieme lei aveva innalzato un muro tra me era lei lasciandomi completamente fuori. Era come se mi avesse sbattuto fuori di casa senza tirarmi dietro le valigie, tutto di me era in lei ma non potevo più entrare a riprendermelo. E quello che non avevo fatto in tempo a vedere si guardava bene dal farmelo capire ora, aveva cambiato la serratura ed era convinta più che mai a non fare in modo che io mi avvicinassi.
Quella consapevolezza fu il colpo di grazia. Non sarebbe tornata indietro. Mai più. Non mi amava. Era finita.
Mi alzai facendo scontrare il pavimento con la sedia, tutti gli occhi furono su di me, tranne i suoi. Lei stava girata in avanti con le spalle incassate.
-Jons si risieda per favore-
Feci scattare gli occhi verso il professore che mi guardava serio ma lo ignorai.
Mi incamminai velocemente fuori dalla classe facendo attenzione a non passarle nemmeno vicino accompagnato da vari esclamazioni come "dove sta andando" o "si rimetta subito al suo posto" che ignorai nuovamente.
Tuttavia nessuno mi seguì come avevo presupposto. Tanto casino per nulla. Parla parla ma non agisce.
-Fanculo- sbottai dando un pugno a un armadietto a caso con la mano già rovinata.
Un gemito mi scappò dalle labbra.
Bene. Adesso tutti sapevano che io e Jessica avevamo rotto. E sapevano anche chi dei due aveva preso la decisione. Benissimo. Una cosa che mi mancava essere sulla bocca di tutti come l'ex puttaniere che era stato mollato dalla donna di cui si era innamorato.
A quel punto non mi importava più di niente figurarsi della mano, quindi tornai a colpire l'armadietto con le nocche che avevano ricominciato a sanguinare e lasciando dei puntini scuri sulla superficie.
-Fanculo!- pugno.
-Fanculo!- pugno.
Vidi il metallo deformarsi leggermente.
-Fanculo!- pugno.
Dal nulla apparve una mano forte e famigliare che prese il mio braccio bloccandomi.
-Ma che cazzo stai facendo Ian?!- Brandon era davanti a me e mi guardava con preoccupazione e una domanda negli occhi.
Presi aria con il respiro affannoso guardando in terra. Tremai mentre l'adrenalina mi fluiva in corpo e fissai il suo viso scandalizzato finché non tornai in me e sentii un forte dolore alla mano.
-Merda- serrai i denti e inspirai emettendo un sibilo.
-Andiamo in infermeria forza-
Mi feci trascinare da lui e per tutto il tragitto non riuscii più a guardalo in faccia. Ricacciai indietro un singhiozzo e mi obbligai a non emettere un suono.
Quelle emozioni erano troppo forti e non riuscivo a combattere contro di loro. Una marea di sentimenti si stavano affollando nel mio petto e non mi ero mai sentito così vulnerabile, unica eccezione per quando i miei se ne erano andati. Non le sentivo da troppo tempo e riprovarle era una cosa che non avrei mai voluto. Mi soffocavano.
-Cos'è successo?- chiese una voce femminile e mi sentii afferrare il polso.
-Stava colpendo un armadietto-
Guardai avanti a me ma vidi solo la sagoma sfocata dellinfermiera che si muoveva in tutta fretta. O forse ero io ad andare a rallentatore.
-Siediti qui-
Feci come mi aveva detto senza commentare e mi mossi come una macchina. Mi sentivo apatico, senza nulla dentro ora che la rabbia era passata.
-Brucerà un po'-
Mi ricordò di nuovo quando Jessica mi aveva curato nel bagno di casa mia e sentii di nuovo l'aria mancarmi nel petto così come la terra sotto i piedi.
Poi una scossa partì dalle nocche arrivando fino alla testa e tornai lucido immediatamente emettendo un ringhio di dolore e cercando di togliere la pelle da quel coso infernale.
-Stai fermo o farà più male-
Almeno il dolore fisico mi aveva momentaneamente distratto da quello morale ed ero grato di ciò. Avevo bisogno di dolore fisico, di un vero motivo per stare male. Non potevo stare così un'altra volta, non per dei sentimenti di merda.
Guardai Brad dall'altra parte della stanza, appoggiato al muro con le braccia incrociate, che ricambiò l'occhiata con le sopracciglia aggrottate e le labbra serrate in una linea dura.
Abbassai nuovamente lo sguardo sulla brandina su cui ero seduto e sopportai in silenzio i seguenti cinque minuti di tortura.
-Okay, adesso sei a posto. Evita di sforzare troppo questa mano e per favore evita gli scontri con gli armadietti o qualsiasi altra cosa va bene?- sorrise l'infermiera che notai essere abbastanza giovane.
Annuii contraendo le dita e fissando la benda bianca che mi fasciava le nocche girando sul palmo.
-Non toglierla prima di dieci giorni. Hai fatto un gran casino con quei tagli- mi ammonì e io annuii di nuovo.
Sentii Brad ringraziarla mentre io uscivo. Probabilmente pensando che non l'avrei sentita la ragazza fermò il mio migliore amico.
-Le ferite stavano per infettarsi ed è molto importante che le tenga chiuse per evitare che peggiorino. Non sono affari miei ma credo che per il suo bene, e quello del suo corpo, sia meglio non lasciarlo solo. Non mi sembra... stabile- sussurrò l'ultima parola.
Stabile? Io stavo benone. Non avevo bisogno di un balia, tanto meno di un babysitter.
Non sentii la risposta e quando uscì anche lui mi incamminai verso la palestra. Avevo bisogno di uno sfogo.
-Dove stai andando adesso?- mi venne dietro.
-In palestra-
-Hai sentito cosa ti ha appena detto l'infermiera?! Devi stare fermo con quella mano o rischi di farti davvero male-
Mi girai di scatto verso di lui.
-Quello che faccio con la mia cazzo di mano lo decido io!- ringhiai.
-Non ti permetterò di fare una stronzata solo perché sei arrabbiato- rispose a tono.
Mi fece ribollire il sangue. Io non ero arrabbiato. Io ero furioso, deluso, distrutto, disperato, stanco, vuoto, impotente.
-Lasciami in pace- sbottai.
-Fratello ma cosa ti sta succedendo?-
Preferii non rispondere subito. Non ero pronto ad ammetterlo ad alta voce.
-Io...- annaspai. Mi schiarii la voce.
-Io non..- riprovai passando le mani tra i capelli.
La campanella suonò e l'eco mi arrivò dritto ai timpani. Mi agitai pensando alla possibilità di incontrare Jessica per i corridoi ora. E se fosse stata in compagnia di quell'altro? No, non lo avrei davvero sopportato.
-Facciamo un giro?- chiesi in fretta svoltando verso il giardino.
Brandon mi seguì fuori.
Non sapevo nemmeno se avesse lezione.
-Non preoccuparti- mi disse.
Non mi aveva nemmeno visto in faccia. Come cazzo faceva a sapere cosa pensavo?
Annuii e dentro di me sorrisi anche.
Eravamo quasi al cancello quando mi fermai e mi voltai verso di lui.
Se lo avessi detto forse lo avrei accettato. Forse avrebbe fatto meno male.
-È finita- alzai il mento.
Lui mi guardò ancora più confuso.
Quando realizzò sbarrò gli occhi e la bocca. Vidi il suo petto alzarsi ed abbassarsi come se si aspettasse chissà quale reazione da parte mia.
Beh non contando quello che era successo meno di un'ora fa.
-Tu e..?-
-Io e Jess. Abbiamo chiuso. Cioè.. lei ha chiuso con me- ripetei per convincermi.
Sospirai portandomi per l'ennesima volta la mano nei capelli e li tirai.
-Non mi ama più-
Corrugò la fronte in disaccordo.
-Me lo ha detto- risi incredulo.
-E me lo ha dimostrato oggi- feci un cenno con la mano verso la scuola.
-Mi ha sbattuto in faccia che lei sta andando avanti- dissi sconfitto e mi sedetti su una panchina con i gomiti sulle ginocchia.
Ci fu silenzio ma io non avevo niente da aggiungere.
-Ian io..- sospirò anche lui.
-Se hai bisogno sai che puoi contare su di me- mi mise una mano sulla spalla sedendosi al mio fianco.
Annuii ringraziandolo.
-Non ci posso credere sai?- sorrisi tristemente.
-Non so come farò ad accettarlo-
-Quando sarà finito il periodo della libertà vigilata ci ubriacheremo okay? Vedrai, ti passerà-
Annuii di nuovo.
-Cazzo che casino- sussurrò mettendosi nella mia stessa posizione.
Dovevo tornare alla mia vecchia vita, come se Jessica non fosse mai esistita. Escluderla dai miei pensieri e dal mio futuro. Sarei tornato l'Ian che tutti conoscevano, il bello e dannato che se ne fregava di tutto e tutti. Avevo chiuso con i sentimenti.
Ma prima avrei dovuto dirlo ad Ash per superare davvero la cosa.
-Un grandissimo fottuto casino- concordai.

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