Chapter 85

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-Jess...- nella sua voce c'era una nota di incredulità.
-Sì Ian. Sono qui-
Lui respirò il profumo dei miei capelli.
-Sei qui- e per accertarsene le sue mani scesero sulle mie braccia per poi tornare sulla mia testa e stringermi la nuca.
Chiusi gli occhi e trattenni le lacrime stringendolo a me. Mai come in quel momento avevo provato la sensazione di aver fatto esattamente la cosa giusta.
Rimasi aggrappata a lui per attimi infiniti finché mi spinse leggermente per guardarmi in viso.
-Che ci fai qui?- chiese combattuto.
Deglutii e sentii le certezze accumulate un secondo prima barcollare.
Non era prevista questa domanda nei miei piani. Probabilmente mi aspettavo che mi baciasse, dicesse al taxi di andarsene e che tutto si sarebbe sistemato così, perché lui mi amava ed era felice di vedermi lì.
Cercai le parole ma il mio cervello era in tilt.
-Io.. ecco..- mi schiarii la voce.
-Sono qui per.. Perché.. cazzo- imprecai indietteggiando lontana da lui.
Mi guardò con compassione e la cosa mi mise ancora più in difficoltà.
Attese ma io non dissi nulla. Non sapevo cosa dire. La vergogna era troppo grande ed ero sempre stata troppo orgogliosa, come lui. Non sapevo come spiegare quello che avevo fatto e non riuscivo neanche ad ammettere quando mi mancasse. Perché se non fosse stato per colpa mia, tutto questo non sarebbe successo forse.
-Jessica-
Riportai lo sguardo su di lui.
-Io sto partendo-
Il panico si mosse da dentro. Se si fosse arreso? Se avesse definitivamente deciso di andarsene per sempre?
-No- gli occhi mi si riempirono di lacrime.
Le sue spalle si abbassarono e si passò una mano tra i capelli frustrato.
-Io...- cominciai ma mi interruppi di nuovo.
Alzai gli occhi al cielo maledicendomi per la mia insopportabile incapacità di dire quello che provavo.
Il suono del clacson mi fece sobbalzare.
-Dannazione Jessica dimmelo-
Sapevo. Sapevo che voleva solo che glielo dicessi. Una mia parola avrebbe cambiato tutto. Me lo aveva fatto capire anche prima di staccarsi da me l'ultimo giorno di scuola.
Ansimai. Lui aspettava solo che dicessi quello che entrambi sapevamo andasse detto. Ma non sapeva tutto. Avrei dovuto confessargli tutte le orribili bugie che gli avevo detto e il mio stupido piano per donargli la libertà di cui pensavo avesse bisogno.
Sentii il cuore in gola e le mani tremarmi.
Porca puttana dillo.
Il clacson suonò un'altra volta e Ian si piegò a prendere la valigia.
Sbarrai gli occhi e le gambe rischiarono di cedermi. Dovevo fare qualcosa, in fretta, o lo avrei perso per sempre.
-Io ti amo Ian- quasi urlai.
Lui alzò lo sguardo su di me e io, povera piccola stupida, scoppiai a piangere. Un pianto liberatorio che finalmente veniva fuori per quello che era. La codarda era stata battuta e adesso l'orgoglio si faceva da parte per lasciarmi un senso di liberazione. Ecco, lo avevo detto. Non si tornava indietro.
Le mie lacrime furono accompagnate da parole confuse, vomitate che finalmente mi lasciavano leggera.
-Ti amo Ian, non so come fare senza di te. So che forse è troppo tardi e se vuoi partire hai ragione, te lo meriti, i tuoi genitori si meritano loro figlio a casa, devi andare in America per loro.  So che sono imperdonabile ma dammi la possibilità di spiegarti e sappi che mentivo quando ti ho detto quelle cose, ho mentito su tutto. Sono una codarda, una vigliacca ma ormai sono qui e l'unica cosa che so è che sono anche un'egoista Ian. E non voglio che tu parta. Quindi ti prego resta. Resta con me-
Arrivai senza fiato alle ultime parole e mi sentii la testa girare. Ma dentro il mio cuore si era totalmente liberato e io chiusi gli occhi. Ormai il danno era fatto.
Quando li riaprii il suo volto era un misto di emozioni. Tra la confusione più totale, la disperazione e la rassegnazione.
Rimase a fissarmi a lungo, impietrito, poi si mosse verso di me. Mi lasciai andare pronta a riceverlo tra le mie braccia quando mi passò di fianco, sorpassandomi ed uscì.
Guardai il vuoto lasciato da lui davanti a me e mi sentii svenire. Se ne stava andando senza dirmi una parola.
Inspirai più aria possibile ricordando ai miei polmoni che dovevano compiere il loro dovere e sentii ogni altro organo lacerarsi dentro.
Rivissi il momento subito dopo averlo lasciato. Mi rividi per terra, aggrappata a me stessa in lacrime e disperata. Avrei voluto ricostruire quella scena proprio su quel pavimento, nella casa del predatore e arrendermi una volta per tutte.
Mi appoggiai alla parete con una spalla e tirai su con il naso. Le avevo provate tutte, Ash si era sbagliato e adesso potevo solo cercare di andare avanti. Un po' rotta, un po' distrutta forse, ma dovevo solo cambiare alcuni pezzi e sarei tornata esattamente come prima, se non meglio.
Ian se ne era andato. L'America aveva guadagnato un ragazzo splendido, intelligente e formidabile. Le Newyorkesi avrebbero avuto uno scapolo in più a cui sbavare dietro e sicuramente una di loro se lo sarebbe accalappiato.
Era finita, definitivamente. Non avevo tempo per pentirmi di quello che avevo fatto perché se mi fossi soffermata a pensare a quello che avevo perso sarei finita in manicomio. Mi restava solo l'ultimo briciolo di dignità per dichiararmi sconfitta.
E fu quando mi decisi ad alzare bandiera bianca e mi lasciai scivolare lungo la parete che le sentii. Le sue braccia afferrrarmi la vita e sostenermi. Come aveva sempre fatto. Lui mi aveva sempre salvato quando io non ce la facevo più.
-Va tutto bene amore, ci sono io-
Misi una mano sulle sue e appoggiai la testa alla sua spalla.
-Non ci speravo più- continuò a sussurrarmi mentre mi aiutava a sedermi.
-Ma sei arrivata. Sei qui ora. E nessuno dei due andrà via da questa casa stanotte. Intesi?- mi alzò il mento per guardarlo e mi sentii una bambina.
Annuii sentendomi profondamente in colpa e guardai il suo splendido viso davanti a me. Dio quanto mi era mancato. E pensare che stavo per perderlo.
-Dio Jessica cosa devo fare con te- mi sistemò un ciuffo  dietro l'orecchio.
-Comincia con il baciarmi- sospirai.
Mi guardò le labbra bramandole e io feci lo stesso con le sue. Avrei ucciso pur di sentirle su di me il prima possibile.
Fortunatamente non oppose resistenza e si chinò su di me lentamente. Troppo lentamente. Lo raggiunsi a metà strada e sentii un colpo al cuore, insieme alla morbidezza della sua bocca che non ero ancora riuscita a dimenticare.
La sua mano si spostò sulla mia nuca spingendomi contro di lui in un bacio appassionato, misto alla disperazione. Non era solo un bisogno fisico, Io avevo necessità di Ian nella mia vita: della sua voce, dei suoi consigli, delle sue battuttine e del suo tenermi testa come nessuno.
Gemetti quando la sua lingua entrò in contatto con la mia, non riuscii a farne a meno. Strinsi la sua maglia in un pugno mentre le altre dita correvano ad accarezzargli il collo e la nuca e la schiena, come a riappropriarsi del terreno.
Le sue mani non erano rimaste ferme un secondo, sondavano ogni parte del mio corpo, accarezzando la schiena, i fianchi poi il sedere e le gambe e ricominciava.
-Ti voglio. Ora- la sua voce arrivò ringhiando dentro il mio stomaco e una scarica di eccitazione mi fece serrare le gambe.
Mi prese in braccio a mo' di sposa e si incamminò velocemente su per le scale fino alla sua camera, spoglia e pulita. Mi buttò sul letto e mi slacciò i pantaloni togliendoli un secondo dopo e buttandoli in fondo alla stanza insieme a scarpe e calze. Sdraiata sul letto lo guardai nello spazio in mezzo alle mie gambe slacciarsi la cintura e abbassarsi i jeans rivelando le gambe muscolose. Fremetti e mi agitai finché lui finalmente non mi raggiunse infilandosi nel buco che poco prima mi aveva permesso di ammirarlo.
-Non riesco a credere che tu sia qui- mi accarezzò i capelli e mi baciò il collo lentamente, premendo sulla mia pelle.
-Mi dispiace- riuscii solo a dire. Non avevo scusanti, ora potevo solo essere sincera e sperare che questo bastasse a far tornare le cose com'erano prima.
Alzò la testa per guardarmi negli occhi e lo vidi concentrarsi solo su di me, come se niente gli importasse ora che ero con lui.
-Sei una testarda del cazzo. Da ora in poi ascoltami, fidati e basta va bene?-
Risi di una risata liberatoria, di quelle che ti rilassano anche il cuore e annuii.
-Lo farò- respirai a fondo e mi incollai alle sue iridi senza riuscirmi a staccare.
-Ti amo Ian. Non ho mai smesso di amarti-
Vidi un sorriso incerto sul suo volto, come se l'emozione fosse troppa da contenere e quindi cercasse di fuggire.
-Anche io ti amo Jessica-
Mi baciò prima piano, senza fretta, ma quando il suo bacino si appoggiò al mio divenne tutto più passionale e bagnato e ci ritrovammo presto nudi entrambi e già sudati.
Lo ribaltai sul letto mettendomi a cavalcioni su di lui e passai le dita sul suo petto sodo tracciando un percorso bollente e voglioso. Quando il mio palmo si chiuse sulla sua erezione gemette buttando la testa all'indietro e mi bloccò sotto di lui in un secondo spezzandomi il respiro per la foga che ci mise.
-Dimmi che prendi ancora la pillola-
Annuii velocemente pregandolo di entrare dentro di me. Non l'avevo smessa visto che regolava il mio ciclo abbastanza abbondante e ormai era diventata un'abitudine. Gli agganciai i piedi alle cosce spingendolo verso il centro del mio piacere.
Lui mi guardò ancora una volta prima di dare la prima spinta. Entrambi urlammo e gli piantai le unghie nella schiena mentre le sue si conficcavano nei miei fianchi.
Uscì e rientrò un'altra volta, più forte e a poco a poco prese il ritmo mandandomi completamente fuori di testa. Venni con una velocità imbarazzante. Due volte.
La testa mi girava in quel modo confuso di quando sei ubriaco, sentivo la felicità martellare nelle tempie accellerandomi i battiti.
Le gambe mi tremavano quando infine si distese al mio fianco ansimante.
Chiusi gli occhi riprendendo fiato e mi sentii bene come non mi capitava da mesi. Girai il viso sul cuscino e guardai anche lui ad occhi chiusi e il respiro scombinato.
Mi avvicinai non riuscendo a resistere oltre e appoggiai la testa sul suo petto. Il suo braccio si chiuse intorno a me tirandomi a sé più stretta. Passai la mano sul suo collo, sulla mascella e infine sfiorai le sue labbra con il pollice.
Posai un bacio sull'ispida barbetta del mento e attorcigliai le nostre gambe nel vano tentativo di farci stare ancora più uniti.
-Amore sono qui, non scappo- rise.
Amore
-Ho paura che questo sia un sogno e che da un momento all'altro tu possa scomparire- mugolai.
Lui rimase in silenzio per pochi secondi poi all'improvviso mi trovai sotto di lui e con una sua mano tra le mie gambe.
-Forse è il caso che ti faccia rendere conto di quanto io sia vero allora- mi accarezzò lentamente spezzandomi il respiro.
-Perchè io sono proprio qui- fece entrare solo la punta dell'indice.
Un rantolio mi uscì dal fondo della gola e mi mossi verso di lui intanto che continuava la sua dolce carezza.
Andammo avanti tutta la notte finché non piombammo in un sonno profondo, finalmente sazi, almeno per il momento.
***
Fui svegliata da un profumo invitante e la prima cosa che pensai fu che An mi avesse portato le brioches della pasticceria sotto casa. Ma quando due labbra morbide mi si appoggiarono sulla guancia realizzai tutto.
Ian, la corsa verso casa sua, il taxi che se ne andava senza di lui, noi due a letto..
-Buongiorno piccola-
Strofinai il viso sul cuscino morbido facendo un profondo respiro. Stirai le gambe allungandole e mi sistemai a pancia in giù mettendomi più comoda.
Lui rise al mio vano tentativo di rimettermi a dormire.
-Sono le due del pomeriggio, è ora di alzarci-
Aprii un occhio per guardarlo.
-E dove dobbiamo andare?-
Sul suo viso si aprì un enorme sorriso.
-Da nessuna parte- disse allegramente.
-Possiamo stare anche in casa-
La sua allegria mi contagiò e mi ritrovai a sorridergli come un ebete. Ci guardammo per qualche minuto senza dire niente, pensando entrambi alla stessa cosa. Eravamo stati a un passo dal perderci per sempre.
I suoi occhi cominciarono a scurirsi squadrando il mio corpo coperto solo dal lenzuolo e si avvicinò con le più maliziose intenzioni.
-Cosa mi hai portato per colazione?- lo interruppi guardando dietro al suo petto sodo.
Non si era messo una maglia il bastardo.
Lui parve doversi riprendere un attimo ma infine si arrese e rise.
-In casa avevo solo un po' di pane e della marmellata. Non c'era nient'altro-
Mi misi a sedere tirando le coperte con me.
-Vanno benissimo-
Mi passò il piccolo vassoio mettendomelo in grembo. Solo quando addentai la prima fetta mi resi conto di quanta fame avessi realmente.
Lui mi guardò solo, in silenzio aspettava che finissi la mia colazione e intanto sorrideva, forse senza accorgersene.
E io, nel mio piccolo mondo appiccicoso di marmellata ai frutti di bosco, non potevo far altro che sorridere a mia volta.
Mi porse un bicchiere d'acqua, lo presi e cominciai a sentire il cuore riprendere velocità mentre realizzavo.
Stava per arrivare il momento in cui avrei dovuto spiegargli il perché della mia fuga da lui. E mi vergognavo a tal punto che mi sentii troppo vulnerabile solo con un lenzuolo addosso.
-Grazie- appoggiai il bicchiere sul comodino e il vassoio per terra.
Prima di ritornare seduta composta presi un grande respiro e mi pentii di aver mangiato perché sentivo già la nausea al pensiero del discorso che avrei dovuto affrontare.
Quando riportai gli occhi su di lui, si era steso accanto a me con il gomito sul materasso la testa appoggiata alla mano e aspettava. Me.
Per evitare il suo sguardo giocai un po' con il lembo del lenzuolo fino a stropicciarlo del tutto e sentendo le dita tremare. La sua mano prese le mie e io sospirai.
-Guardami-
M'irriggidii. Ero una codarda. Non avevo neanche le palle di dirgli tutto ora che si trovava al mio fianco.
-Jess-
Avevo paura che potesse ancora scappare da me, non avrei saputo reggere quel colpo. No davvero.
-Amore guardami-
Una lacrima cadde sulla coperta e io mi affrettai ad asciugare la cascata che si era aperta cercando in tutti i modi di frenarla. Amore nonostante tutto.
Mi tirò a sé e io mi lasciai cadere sul letto tra le sue braccia. Tirai su con il naso e strinsi i pugni sul suo petto.
-Stai tranquilla Jessica-
Non volevo che fosse lui a tenermi stretta dopo tutto quello che gli avevo fatto. Avrei dovuto abbracciarlo io e tranquillizzarlo.
-Questo vizio di pensare ad alta voce ti sta sfuggendo di mano- rise piano.
Io continuai a rimanere immobile cercando di smettere di piangere.
-Non combattermi tesoro, ora è tutto finito. Ci sono io con te-
Mi scappò un singhiozzo. Lui mi strinse ancora di più e a quel punto io abbassai per l'ennesima volta tutte le mie difese davanti a Ian Jons.
Sciolsi i pugni e lo abbracciai. Tuffai la testa nel suo collo e avvinghiai la gamba al suo fianco lasciando che mi cullasse.
Lui non disse niente, si limitò ad aspettare che il mio sfogo finisse accarezzandomi ogni tanto e leggermente.
Quando ripresi un minimo di autocontrollo mi staccati e asciugai le mie guance zuppe. Riportai lo sguardo sul suo viso e notai quanto fosse più scavato, con la barba incolta e dei cerchi sotto gli occhi che riflettevano i miei, con la differenza che adesso avendomi davanti a sè sembrava più rilassato e sereno, mentre io dovevo sembrare una pazza isterica.
-Non dobbiamo parlarne ora se non te la senti-
Scossi decisa la testa. Dovevamo parlarne ora. Glielo dovevo.
Questo non significava che non mi sentissi comunque una merda per quello che avevo fatto.
Mi misi lentamente seduta tirando le coperte con me e mi asciugai nuovamente le guance con le mani. Guardai in alto per ricacciare indietro tutto e presi un grande sospiro.
Un brivido mi percorse la schiena ed ebbi la certezza di sentirmi troppo vulnerabile solo con un lenzuolo addosso per intraprendere quella conversazione.
-Mi puoi dare una maglietta per favore?- chiesi piano.
Lui sbattè un attimo le palpebre, poi si riprese, annuì e si alzò dal letto andando verso la cassettiera e porgendomi poi una maglia blu con un pollo rosso sul taschino.
Sorrisi ironica guardando quell' animaletto sorridente che invitava la gente a mangiare le sue cosce, Ian alzò le spalle.
-Ho fatto il cameriere per mantenermi un po' ai vecchi tempi-
Quante cose della sua vita mi ero persa nei mesi in cui avevo combattuto inutilmente contro di lui.
Gli diedi la schiena e mi infilai velocemente la maglia, mi legai in malomodo i capelli e fui finalmente pronta. Più o meno.
-Okay..- dissi schiarendomi la voce.
Ian intanto si era riseduto sul letto e mi seguì con gli occhi quando mi alzai e cominciai a girare per la stanza.
-Tutto è iniziato quando mi hai parlato dell' America per la prima volta- sospirai ripensando al momento esatto in cui il mio mondo aveva ricominciato a inclinarsi.
-Eri così entusiasta all'idea che i tuoi genitori volessero cominciare una vita con te nella Grande Mela, la città delle opportunità, un mondo totalmente nuovo- accompagnai ogni parola con un gesto eloquente delle mani a segnare la grandezza di quel posto.
Poi le lasciai cadere sui fianchi come se pesassero quintali.
-E io non avrei potuto seguirti. Ti avrei perso per sempre, ho già perso troppe persone nella mia vita Ian non potevo permettermi un altro addio- sentii gli occhi pizzicarmi.
-Ma non potevo neanche dirti tutte queste cose o tu non saresti partito per me e io non avrei permesso che tu non facessi quello che avresti sempre desiderato solo per me. Non volevo essere un peso, un intralcio, qualcosa che avrebbe condizionato la tua scelta- il cuore mi batteva ai mille all'ora. Mi ero tenuta dentro per troppo tempo tutto e ora stavo esplodendo.
-Mi avresti odiato in futuro Ian-
Lo guardai negli occhi.
-Quando sono venuta in camera tua quel giorno ho mentito. Ogni cosa che ti ho detto era un'enorme, profondissima, schifosissima bugia. Ma sapevo che solo così ti avrei convinto- non riuscii più a sostenere il suo sguardo gelido.
-Quando mi hai detto di andarmene e hai chiuso la porta mi sono sentita morire. Ho pianto per tre giorni senza riuscire ad alzarmi dal letto. Non potevo credere di essere riuscita davvero a mettere in scena tutta quella farsa. E che tu ci avessi creduto. Non potevo credere che tu avessi davvero pensato di non essere abbastanza per me e che io non ti amassi- mi si incrinò la voce.
-Sei stata molto convincente- disse in tono glaciale e la scheggia mi colpì dritta al cuore.
-Lo so. E da allora ad oggi non è passato giorno senza che mi sentissi una merda per quello che ti avevo fatto. Io ho sempre fatto l'amore con te. Non è mai stato solo sesso. Mai-
Presi una piccola pausa per respirare.
-Lunedì non volevo venire alle lezioni ma sapevo che se non mi avessi vista avresti capito che stavo fingendo. Quindi con l'aiuto di An mi sono riuscita a rimettere in sesto e uscire dalla camera. È stata una giornata orribile Ian. Quando ti ho visto uscire dalla classe avrei voluto solo correrti dietro e spiegarti tutto... ma non potevo. Non potevo mollare proprio allora che ero riuscita nel mio intento-
Scossi la testa schifata.
-Ma tu continuavi ad essere perfetto, ti preoccupavi comunque per me. Mi guardavi e io mi sentivo in trappola. Non riuscivo ad andare avanti per quanto ci provassi. Per quanto volessi che tu andassi avanti e facessi quello che ritenevi meglio per te. E se questo ti avesse portato via da me lo avrei accettato. Perché ti amo Ian e voglio solo vederti felice-
Alzai gli occhi per combattere le lacrime.
-Non sono qui per giustificarmi, so di non avere scusanti per quello che ho fatto ma non sapevo come fare. Ho pensato che se avessi chiuso tutto prima della tua partenza avrei risparmiato del dolore a entrambi-
Il mio petto di alzava e abbassava frenetico sotto il peso dei ricordi.
-Mi hai comprato un pacchetto di sigarette per l'amor del cielo quando non avresti dovuto neanche salutarmi e ci hai comunque offerto casa tua per l'estate- alzai le mano al soffitto ridendo di una risata dolorante.
-La notte del mio compleanno poi.. io non so cosa sia successo, so solo che non riuscivo più a stare senza di te. Quando mi hai chiamata "amore" mi sono sentita una merda. Come per tutta questa storia. Dovevo scappare il più in fretta possibile per non fare cazzate. Tipo dirti che ti amavo anche io-
Chiusi gli occhi.
-Ma il momento peggiore è stato quando ci siamo salutati l'ultimo giorno. Quando mi hai tenuta tra le braccia avevo la sensazione di averti perso per sempre Ian. Di aver perso per l'ennesima volta l'amore della mia vita e questa volta a causa mia. Perché non avevo avuto il coraggio di parlartene. Ma a questa conclusione sono arrivata molto più tardi. Quando Ash mi ha convinto a venire da te-
-Ash?-
Lo guardai stranita.
-Pensavo lo sapessi-
Lui scosse la testa.
Sorrisi al pensiero di quel ragazzo. Ancora una volta aveva salvato la situazione.
-Ash mi ha chiamato ieri e abbiamo parlato a lungo- sembrava passata una vita da quella conversazione.
-Mi ha detto che non stavi partendo per stare con i tuoi genitori, ma perché stavi scappando da me. Per non vedermi con altri ora che non ero più tua-
Lo guardai come se fosse pazzo.
-Io sarò sempre tua Ian. Se adesso mi dicessi che era davvero questo il motivo per cui stavi andando in America potrei morirne. Non so come ho fatto ad essere così stupida, solo oggi mi rendo conto della grandissima stronzata che ho fatto e se tu non fossi disposto a perdonarmi capirei. Ho avuto paura e i codardi non meritano nessuna pietà-
Mi fermai per riprendere fiato con il petto che si alzava e abbassava velocemente.
-Volebo che tu facessi quello che desideravi e invece ho ottenuto solo l'effetto contrario-
Mi zittii.
Quando ebbi il coraggio lo guardai. Mi vergognavo così tanto.
I suoi occhi erano fissi sulla coperta e potevo vedere le ruote girare nella sua testa.
Ci furono dei minuti di silenzio tombale in cui io aspettai tremante che dicesse qualcosa. Qualsiasi cosa.
Poi finalmente mi guardò e i suoi occhi erano scuri come il petrolio.
-Tu mi hai detto tutte quelle cose..-
Deglutii.
-Hai detto di non avere fiducia in me, di non poter sopportare i miei problemi.. di non amarmi Jessica. Hai una minima idea di quanto questo mi abbia ferito?-
-Lo so..- sussurrai.
-Hai fatto tutta questa sceneggiata solo per convincermi- scosse la testa.
-Donna tu mi conosci troppo bene e questo non va- fece una mezza risata incredula.
-Io ho sofferto come un cane perché pensavo di dover partire e tu invece mi stavi solo lasciando libero-
Cominciai a piangere.
-So di avere la mia famiglia, ma so anche dov'è la mia casa. Ed è dove sei tu Jessica- lo disse guardandomi negli occhi e con una semplicità tale che pensai che sarei caduta in ginocchio.
-Ogni volta che ti vedevo a scuola avrei voluto spaccare tutto. Non capivo come tu fossi potuta andare avanti così in fretta e invece eri solo più brava a fingere-
Annuii.
-Non farlo mai più. Dico sul serio-
Annuii ancora più animatamente.
-Sì stavo partendo per te. Perché non potevo sopportare l'idea di te con un altro. Perché sono totalmente, follemente, in un modo davvero insano innamorato di te Packwood-
Mi scappò un singhiozzo mentre un sorriso enorme si apriva sul mio viso.
-Quando mi hai detto che quel ragazzo, Alec, era gay.. Maledizione non mi sono mai sentito così sollevato-
Sentii il galoppo del mio cuore nelle orecchie.
-Quindi mi perdoni?- sussurrai.
Sospirò come se avermi davanti fosse un'illusione. Poi i suoi occhi mi mostrarono tutto l'amore che aveva per me, uscì allo scoperto come se non riuscisse più trattenersi e mi vidi davvero specchiata dentro di lui.
-Solo se smetti di piangere-
Mi catapultai nelle sue braccia e immersi il viso nel suo collo.
-Sono stata una stupida Ian-
-Sì lo sei stata-
-Mi vergognavo così tanto-
Mi accarezzò la schiena e mi strinse a sè.
-Adesso però basta pensare di farci del bene a vicenda e rovinare tutto okay? Accontentiamoci di stare insieme che il resto viene da sè. O al per lo meno parliamone-
Risi e annuii.
-Assolutamente sì-
-Lascia fare a me-
Presi un profondo respiro.
-Ti amo così tanto-
Lui mi fece sdraiare sul letto e si posizionò sopra di me.
-Dovrai ripeterlo per tutto il giorno. Abbiamo mesi da recuperare-
La sua mano cominciò a salire e io gli acarezzai una guancia guardandolo con occhi sognanti.
-È quello che ho intenzione di fare-

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