Chapter 81

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-E così io gli ho detto: "ehi bello dooooove vaiii?"-
Tutti scoppiammo a ridere e io mi appoggiai al bancone del bar per sorreggermi.
-Oddio mi sento male- riuscii a biascicare tra le troppe risate.
Vidi le luci del locale intorno a me danzare e i visi dei miei amici ridere insieme a quelli del barista. Che mi stava offrendo un altro shot.
-Grazie- feci un sorriso ebete mandando giù il bicchierino. 
Una ragazza di nome Alexa o Annabella o forse Allison, molto simpatica si era unita a me, An e Mike per la serata e non so quanto consapevolmente, ci stava raccontando le peggiori figuracce della sua vita. Dovevo ammetere che in conforto a lei ero stata davvero fortunata.
Sentii gli altri scoppiare in un'altra fragorosa risata e quindi mi unii rovesciando la testa all'indietro e perdendo l'equilibrio per un attimo.
-Presa!- mi disse il barista afferrandomi per un braccio.
-Grazie...-
-Derek- mi sorrise tirandomi per farmi riappoggiare al bancone.
-Derek- ripetetti calcando la k.
Lui rise scuotendo la testa.
-Forse è meglio per questa sera smettere con i drink-
Misi il broncio. Non mi ricordavo quanto avessi bevuto, non ricordavo granché della serata in realtà, ma non mi importava. Mi stavo divertendo.
Dovevo essermi incantata a fissarlo perché a un certo punto mi passò una mano davanti al viso.
-Ci sei?-
Io mi misi a sghignazzare
-Sei carino-
Lui mi guardò divertito poi andò a servire un altro cliente con un sorrisetto.
In effetti era davvero bello quel ragazzo. Chissà come si chiamava.
-Te l'ho già detto bellezza, mi chiamo Derek. Tu non mi hai ancora detto il tuo nome però- riapparve davanti a me d'improvviso.
Oh quindi la cosa che parlo da sola quando bevo è vera
-Sì ed è davvero divertente-
-Non prendermi in giro- cercai di dargli una spinta ma finii con l'andare indietro solo io e lui di nuovo mi prese e mi ritirò seduta composta.
-Sono Jessica- allungai la mano e lui la strinse. Che stretta decisa.
-Grazie- ghignò.
Devo smetterla
-Sei di queste parti? Non ti ho mai vista-
Appoggiai il mento sul pugno chiuso e misi in fila un discorso.
-Ci siamo trasferiti da poco per tutta l'estate-
-Siete del college?-
Annuii più volte fino a che la mia testa mancò la mano e rimbalzò in avanti. Risi e lo guardai.
Aveva i capelli nerissimi e gli occhi tendenti al verde. La mascella dura e pronunciata.
-Sei bello Derek- confermai il mio iniziale pensiero.
-Anche tu Jessica- sorrise e si avvicinò.
Guardai il suo viso sovrastare il mio, fino a sentire il calore del suo alito.
Oddio mi voleva baciare?
Presa dal panico girai la testa ma le sua labbra non mi sfiorarono mai. Riaprii gli occhi e notai che mi stava porgendo la giacca.
-Stava cadendo- spiegò con un sorriso.
Stupida. Stupida stupida stupida.
-È ora di andare- disse An tirandomi giù dallo sgabello con ben poca grazia.
Feci solo in tempo a salutare Derek con la mano e porgli un sorriso di scuse che lei mi trascinò in mezzo alla folla fin fuori dal locale.
Mi ritrovai seduta in un taxi con ancora la giacca in mano. La guardai chiedendomi che problemi avessi. Derek era un bellissimo ragazzo, se anche avesse voluto provarci con me ne dovevo essere lusingata. Erano tre settimane che eravamo qui, dovevo smetterla di pensare al college e tutte le persone che c'erano dentro. Servivano a questo le vacanze. A dimenticarsi della scuola per tre mesi.
Mi appoggiai con la testa al finestrino e guardai fuori, ma di quello che vidi non mi ricordai niente. Il mio cervello era in stand by e non si sarebbe ripreso a breve, riusciva solo a collegare Derek a Ian. Come aveva collegato Malcom, il mio capo a lavoro, a Ian. E anche Gail, il ragazzo del supermercato sotto il nostro appartamento, sempre a Ian. Una volta avevo collegato anche Mike a Ian. Ero decisamente pazza.
Volevo che uscisse dalla mia mente, non potevo andare avanti così. Basta.
Il taxi si fermò e io aprii la portiera buttando fuori prima una gamba e poi l'altra. Qualcuno doveva aver pagato perché l'autista non ci urlò nessuna imprecazione contro.
Aprii la porta dopo tre tentativi falliti di inserire la chiave e appena varcai la soglia mi tolsi i tacchi spingendoli sotto il cassettone.
Il nostro appartamento era davvero carino: due camere, un bagno enorme, uno spazio open air con la cucina vista salotto e un balcone affacciato sul condominio a fianco. I nostri vicini erano un'allegra famiglia che ogni tanto spiavo mentre me ne stavo seduta sul divano.
C'erano due bambini biondi con occhi azzurrissimi che urlavano dalla mattina alla sera, vedevo i genitori correre da una parte all'altra della casa. Anche di notte.
Mi appoggiai al vetro sperando di vedere del movimento dall'altra parte, ma le luci erano spente e tutto taceva.
Mike sbattè la porta e io mi coprii le orecchie con le mani.
-Scusate- bofonchiò.
Prese una sedia facendola stridere sul pavimento e si lasciò cadere a peso morto.
-Diventi rumoroso quando bevi- sbuffò An lasciando cadere le scarpe con un tonfo dal divano su cui si era sdraiata.
Continuai a guardare fuori ma ancora niente e li ascoltai conversare.
-Domani che giorno è?-
-Lunedì-
-Oddio dovevamo proprio bere stasera?- gemette An.
-Domani dobbiamo lavorare-
Mi estraniai dalla conversazione. Il vetro era freddo, un sollievo per la mia fronte. Forse mi chiamarono un paio di volte ma non risposi. La finestra era diventata la mia ossessione. Volevo che qualcuno facesse qualcosa. Qualsiasi cosa.
-Noi andiamo a letto Jess- An spuntò di fianco a me.
Non riuscivo a tenere gli occhi aperti, così con uno sbadiglio annuii e alzai una mano in segno di saluto.
Riportai gli occhi sulle tende di fronte a me e aspettai. Ero convinta che da un momento all'altro qualcuno avrebbe accesso la luce del salotto. Magari la mamma avrebbe consolato uno dei bambini, prendendolo in braccio e dicendogli che era stato solo un brutto sogno.
Ero certa che sarebbe arrivato qualcuno.
Non ero la sola pazza sveglia a quell'ora.
Rinunciai solo dopo diverso tempo per il male alle gambe e agli occhi. Mi appoggiai sul divano sfinita, non sarei arrivata in camera nemmeno volendo.
Diedi un'ultima occhiata fuori prima di piombare tra le braccia di Morfeo.
***
-Jessica alza il culo da lì e muoviti!-
Mi svegliai di soprassalto cercando di capire cosa stesse succedendo quando sentii mancarmi il letto da sotto la schiena.
Dopo un sobbalzo troppo azzardato per una che si è svegliata da due secondi con un urlo, caddi sul pavimento imprecando.
-È tardissimo, non riusciremo mai ad essere puntuali!-
Mike continuava a parlare con un tono troppo alto ed ero intenzionata ad assicurarmi che la mia schiena fosse intera prima di ascoltarlo quando vidi l'orologio segnare le otto e quarantacinque.
-Cazzo!-
Il fatto che fossi ancora vestita dalla sera precedente, che avessi la nausea, un probabile enorme livido violaceo e che stessi dormendo in... salotto? Perché mi ero addormentata li?, passarono in secondo piano.
Avevo un quarto d'ora per prepararmi ed essere a lavoro.
Corsi nella camera unicamente mia e presi la divisa del bar, poi passai in bagno saltellando mentre mi sfilavo i pantaloni per mettermi i jeans scoloriti e le calze.
Mi scontrai con An che era quasi pronta a parte per le scarpe e mi rivolse uno sguardo sconvolto.
Mi lavai a tempo record, legai i capelli e rimossi il trucco sbavato.
-Jess andiamo!-
-Eccomi eccomi- arrivai con il fiatone giù per le scale e Mike mi tirò la giacca al volo mentre An chiudeva la porta.
La successiva corsa per un isolato e mezzo mi fece pentire di non aver frequentato di più la palestra al college e mi rimescolò lo stomaco che fino ad allora era passato anch'esso in secondo piano.
Correvamo tra la gente sul marciapiede e ringraziai di non essere tra la folla del centro di Londra, ma solo nella tranquilla periferia.
Entrammo nel locale dalla porta sul retro e buttammo le giacche nello sgabuzzino.
-Ragazzi siete arrivati! C'è una fila enorme-
-Scusaci Olly- risposi mettendomi il grembiule con il logo del bar.
-Su muovetevi, Malcom non è ancora arrivato non saprà niente, ma la gente sta aspettando-
Passammo un'ora a servire caffè, croissant e omlette. Il lunedì mattina erano tutti affamati e molto meno pazienti dato l'inizio di una nuova settimana. Mi ritrovai a girare come una trottola tra i vari tavoli, prendendo ordini, portando vassoi e sparecchiando.
-Sono sette pound esatti- diedi lo scontrino all'ennesimo cliente.
-Ecco, tieni il resto- disse allungandomi una banconota da dieci con un sorriso.
Bello, ma troppo vecchio.
-Grazie mille, arrivederci-
-A domani, spero sia sempre tu a servirmi- mi fece l'occhiolino e se ne andò.
Gli sorrisi per cortesia ma già pensavo che, nel caso, ci avrebbe pensato Olly a lui l'indomani.
Olivia era una ragazza poco più grande di noi, cugina di Malcom. Erano molto legati, quasi fratelli e nel locale si respirava un'aria casalinga, calma e tranquilla. I clienti adoravano il posto proprio per quel motivo, c'erano persone che conoscevano Olly e Malcom da quasi dieci anni.
Eravamo fortunati a lavorare per loro. I cugini erano un'ottima compagnia: difficile non amare entrambi per il loro modo scherzoso e schietto, ci avevano messo subito a nostro agio.
Alle undici ci fu un attimo di pausa dove riuscii a sedermi dietro al bancone e bere un bicchiere d'acqua.
-Tieni prendi questa. L'ho data anche ad An e Mike-
Olly mi porse una pastiglia bianca che ingurgitai senza nemmeno chiedere cosa fosse.
-Grazie- risposi appoggiandomi al legno del tavolo.
Lei si sedette di fianco a me con tutto il suo fascino mediterraneo. Pelle leggermente abbronzata, occhi e capelli nerissimi su un viso perfettamente disegnato. Il cugino non era da meno ovviamente.
Di fianco a me, struccata, spettinata e probabilmente verdognola per la nausea, doveva sembrare una creatura mistica.
Ci raggiunsero anche i miei amici, che non erano in condizioni migliori delle mie.
-Ma non vi hanno insegnato che di domenica sera si dovrebbe andare a letto presto e non a ubriacarsi?-
Annuimmo contemporamente.
-Come farete oggi a sorridere e servire i nostri clienti?- mise i pugni stretti sui fianchi. 
-Ce la faremo-
-Non ti preoccupare-
-Saremo dei perfetti lavoratori-
-Ne sono certa, non accetterò niente di diverso. Il vostro giorno libero è mercoledì- sorrise compiaciuta delle sue parole.
Risi ma smisi subito per il dolore allo stomaco.
-Ah già. Mangiate questi- ci porse alcuni avanzi dalla cucina.
Riluttanti mandammo giù tutto. Non avevamo toccato cibo e le forze cominciavano a mancare.  
A mezzogiorno di nuovo la gente iniziò ad arrivare a ondate. Prima a piccoli gruppi, poi tutti insieme.
An mi passò parecchi vassoi pieni si stoviglie da lavare e io andai e tornai dalla cucina continuamente per portare tutto sulla lavastoviglie.
-Giornata pesante?- mi chiese Tony, il capocucina, mentre affettava tre carote a velocità lampo.
-Puoi dirlo forte- sbuffai correndo di nuovo in sala.
Olly mi sbattè sul palmo due biglietti con i numeri dei tavoli che dovevo servire.
Partii dal sei che era il più vicino dove un gruppo di ragazze stava guardando il menù.
-Ciao, siete pronte per ordinare?- chiesi prendendo il taccuino.
-Oh si, per me un'insalata di pollo senza cipolla grazie-
-Per me un'insalata normale con molti pomodori se possibile-
I successivi quattro ordini furono insalata senza lattuga, insalata con pere e noci, un'altra insalata di pollo e insalata con grana e aceto. Da bere l'acqua. Naturale ovviamente.
Sorrisi ringraziando le ragazze. Come riuscissero a mangiare quello tutti i giorni non lo sapevo. Io erano tre settimane che mangiavo quasi tutte le sere cibo sbazzatura.
E si nota dal tuo giro vita..
Guardai il secondo biglietto. Mi era stato assegnato il tavolo quindici, dall'altra parte del bar.
Lasciai il foglio scritto sul bancone che fu acchiappato da Mike e passato in cucina. Anche se in dopo sbornia eravamo una bella squadra, perfettamente organizzata.
Mi sistemai la coda e sfilai tra le varie sedie per raggiungere i miei clienti.
Alzai lo sguardo verso il punto in cui doceva essere il quindici e mi bloccai di scatto.
Una bambina mi venne addosso ma non riuscii nemmeno a guardarla.
Non poteva essere lui.
Guardai in ogni direzione ma vidi solo persone che mangiavano. Nessun segno di Olly o An.
Deglutii e tornai a guardare il tavolo. Era girato di spalle in compagnia di una ragazza. Bionda, alta, vestita con abiti firmati.
Non ci potevo credere. Non qui. Tra tutti i locali meravigliosi in centro a Londra non qui. Con tutto rispetto per questo che era davvero un gran bel locale.
Mi passai le dita sotto gli occhi e mi sistemai la divisa. Ero in condizioni pietose e lei sembrava appena uscita da una copertina di Vogue.
Le prese la mano e lei rise. Mi notò ferma impalata a guardarla. Mi fece segno con la mano per essere servita.
Merda. E adesso?
Ti comporti da persona matura e vai a lavorare.
Annuii e decisi che se non potevo essere sconvolta o qualsiasi emozione tendente al triste, sarei stata arrabbiata. Mi veniva decisamente meglio. Marciai verso di loro. 'Fanculo Ian Jons. Poteva uscire con chi voleva.
Stritolai il taccuino tra le mani e a ogni passo il cuore mi saltò in gola.
Mi fermai con gli occhi fissi sulla carta.
-Posso esservi utile?- chiesi in tono glaciale.
Probabilmente doveva essere sbalordito anche lui perché non rispose. Bene.
Posai lo sguardo sulla ragazza che ordinò una bistecca ben cotta con patate al forno.
Era davvero splendida. I boccoli biondi le ricadevano perfettamente sulle spalle, il viso truccato non dava traccia di imperfezione e posava appoggiata al tavolo come al cospetto di un fotografo.
-Hai scelto caro?-
Dovevo girarmi. Dovevo guardare il caro pezzo di merda e prendere il suo ordine.
Con la coda dell'occhio lo vidi chiudere il menù e mi voltai lentamente. Dovevo avere il segno delle anelle del quaderno sul palmo.
Inspirai a fondo e puntai gli occhi sul suo volto.
Rimasi pietrificata.
Sbattei le palpebre quattro volte prima di accettare la realtà.
Non era Ian.
Sentii l'aria uscire dai polmoni e l'ansia scivolare a terra.
-Signorina mi sente?-
Non era Ian.
Scossi la testa e ripresi il controllo della situazione.
-Mi scusi. Mi ricorda un'altra persona- abbozzai un sorriso.
Lui annuì scrutando la cameriera pazza che si era ritrovato.
-Potrebbe ripetere l'ordine?-
-Spaghetti al pomodoro. E del vino rosso- lo anticipò la fidanzata alquanto stizzita.
Probabilmente lei non aveva creduto alla mia giustificazione e ora pensava anche che avrei voluto rubarle il fidanzato.
Annuii e scrissi tutto.
-Grazie mille e scusate ancora-
Me ne andai di corsa e appena fui fuori dal loro campo visivo scoppiai in una fragorosa risata.
Non era Ian.
Avevo sì fatto una figuraccia, ma non era Ian.
La mia mente doveva davvero avere seri problemi. 
Mi appoggiai al bancone sghignazzando e passando il foglio a Mike.
-Che hai da ridere?- mi guardò con un sopracciglio alzato.
Scossi la testa e nel mentre arrivò An che si buttò sul bancone stravolta.
-Non berremo mai più la domenica sera- alzò un dito per minacciarci.
-Perché tu stai ridendo?!-
Risi ancora più forte e le diedi il biglietto con il tavolo quindici.
-Servilo tu per favore-
Lei annuì mettendo il pezzo di carta nella tasca del grembiule.
-Tavolo sei-
-Mio!- presi il vassoio e tornai dalle ragazze con le loro insalate.
Poi mi sedetti davanti a Mike.
-Non dirmi che sei stanca-
-Prova tu a muoverti da dietro quel bancone barman- lo derisi.
Lui mi tirò uno strofinaccio bagnato e io glielo rispedii indietro.
-Tavolo quindici-
-An è tuo!- 
***
La sera arrivai sfinita all'orario di chiusura. Erano le sette e il bar non faceva anche cena, non era un "locale notturno".
-Bene ragazzi. Grazie per oggi, sono contenta che abbiate mantenuto la promessa di lavorare al meglio come sempre- ci sorrise Olly.
-Ma stasera a dormire presto e domani vi voglio puntuali-
Annuimmo senza riuscire a spiacchicare parola e indossammo le giacche.
-Salutaci Malcom- disse An.
Il capo era arrivato verso le tre e si era rinchiuso nel suo ufficio, da cui non era ancora riemerso.
-Certo, buonanotte-
-Buonanotte- rispondemmo in coro.
Appena fuori dal locale mi sgranchii la schiena e le gambe. Ero a pezzi.
-Ho solo voglia di dormire- dissi.
Mike rispose con uno sbadiglio.
Guardai il cielo che tendeva alla sera e poi la strada poco affollata.
Subito non lo notai.
Pensavo fosse un altro abbaglio della stanchezza.
Ma il mio sguardo tornò comunque su quella figura e quando si mosse verso di noi un sorriso enorme si aprì sul mio viso.
-Credo che qualcuno abbia bisogno di un po' di relax-
Alec, con una giacca rosa e i pantaloni blu, spalancò le braccia e io ci corsi dentro con un urletto. Non sapevo come avevo fatto a non riconoscerlo al primo sguardo.
-Che ci fai qui?- chiesi stritolandolo.
-Visto che non mi rispondevi ai messaggi ho deciso di fare un salto a trovarvi. Dopodomani parto per due settimane per le isole Canarie con Dylan-
Mi tirai indietro per guardarlo negli occhi.
-Stai scherzando-
-Affatto- alzò il naso all'insù.
Gli tirai un pugno sul petto.
-E perché non hai portato me?!-
Si massaggiò il punto dolente ridendo.
-Spiacente. Per quanto tu sia una fantastica compagnia Jess, credo che con lui sarà tutto più.. interessante- ammiccò facendomi ridere.
-Possiamo invitarti a cena Alec?- gli propose An.
-Grazie ragazzi, ma dalle vostre facce deduco che non sia stata una grande giornata per voi. Non vorrei essere di troppo-
-Ma figurati. Non offenderti però se prendiamo un Take away- disse Mike.
-Adoro il take away-
-Sushi?- proposi.
Tutti accettarono e ci incaminnammo verso il negozio all'angolo da cui veniva sempre un profumino delizioso.
-Sono curioso di vedere dove abitate-
-Oh è un bell'appartamento. Essenziale ma davvero carino. I nostri vicini sono una famiglia con due marmocchi biondi-
-Davvero?-
-Sì, dovresti vedere quanto corrono!-
-Ma siamo sicuri che ci daranno il permesso di fare una serata alcolica? Insomma, non saremo per niente silenziosi- rise.
Ci pensai su.
-Magari potremmo dargli un preavviso-
-Mi pare una buona idea- rise An.
-E gli altri? Dove sono finiti?-
-Sam e Drew sono ognuno dai rispettivi genitori ora, ma credo che partiranno a breve per Belfast- rispose lei.
-Ty so che è finalmente tornato dalla sua amata- aggiunse Mike.
-Ed Helen e Thom sono a casa di lei- conclusi.
Non c'è nessun altro di cui parlare.
-Ormai sono sposati quei due. Non si staccano mai- Alec fece una faccia schifata.
-Ehi Mr isole Canarie, ti ricordo che stai per partire con il tuo fidanzato per due settimane-
I suoi occhi si illuminarono.
An e Mike entrarono nel ristorante per ordinare mentre noi continuammo verso casa per preparare la tavola.
-L'ho presentato ai miei- disse di punto in bianco.
Mi bloccai sul marciapiede.
-Di già?-
Arrossì trascinandomi perché continuassi a camminare.
-Non resistevo più. Dopo una settimana dalla fine dei corsi l'ho portato a casa-
-E perché non me lo hai detto?!-
-Volevo raccontartelo di persona- ormai era rosso come un pomodoro.
-Alec è splendido- gli accarezzai un braccio.
-Cos'hanno detto?-
Alzò le spalle.
-Che sono contenti per noi, se io sono felice loro sono felici, le solite cose che i genitori dei gay dicono ai propri figli- sorrise.
Scossi la testa con un sorriso. Era incorregibile.
-Dylan gli è piaciuto comunque. È un ragazzo intelligente e con una ottima capacità di conversazione. È riuscito a parlare di torte con mia madre e di football con mio padre praticamente nello stesso momento-
-Un colpo da vero maestro-
-Puoi dirlo. Sono fortunato ad averlo- disse con occhi sognanti.
E io lo ammirai mentre pensava a lui. Dentro quella giacca rosa che nessuno avrebbe preso seriamente, c'era un ragazzo d'oro.
Poi si girò verso di me come riprendendosi.
-Me lo sono scopato nella mia vecchia camera- disse con disinvoltura.
-Alec!- mi coprii il viso con le mani scoppiando a ridere mentre nella mia testa le immagini di me e Ian in camera sua erano vivide.
Io con la foto dei suoi genitori in mano.
-Non dirmi che ti vergogni ancora-
-Non so come tu faccia a non vergognarti di dire certe cose in pubblico-
Alzò di nuovo le spalle mentre finalmente arrivammo a casa e infilai la chiave nella toppa.
-Tesoro, tu pensi troppo. Non si vive così-

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