War and Peace in my heart
(Castiel POV)
Io non desidero altra vita e non potrei desiderarla, poiché non conosco che la mia.
Sospiro, immerso nelle atmosfere cupe e romantiche di questo romanzo senza tempo.
Queste storie d'amore che ti travolgono l'anima, che non ti lasciano respirare, fatte di quell'amore così puro che fà quasi male, possibile che esistano solo nei libri?
Forse ci vuole una situazione estrema per estrarre dal cuore delle persone i loro sentimenti più intimi e radicati, per il principe Andreij, il mio personaggio preferito, è stato così. Solo al cospetto dell'orrore della guerra ha capito ciò che il suo cuore gli urlava da tempo, ma ormai era troppo tardi.
Mi viene quasi da piangere, so di essere troppo sensibile in queste cose, ma io mi immedesimo in quello che leggo, faccio mie quelle sensazioni, quei dolori e quelle emozioni che animano i personaggi dei miei libri, fino a farle diventare parte di me.
Meg lo diceva sempre che mi faccio coinvolgere troppo, Se ti importasse di me quanto ti importa di loro, ripeteva quando mi vedeva soffrire sulle mie pagine.
Chissà, forse se lo avessi fatto ora non sarei qui, sotto questo albero nel parco del campus, a leggere queste vecchie pagine ingiallite dal tempo, ma forse, è proprio questo il mio posto.
Continuo a leggere, incurante delle lancette dell'orologio, dello stomaco che brontola, delle voci allegre dei ragazzi che chiaccherano passeggiandomi vicino.
Sono in Russia nel 1800, Napoleone marcia verso la mia città, la neve cade alta, la gente intorno a me muore, il mio amore combatte lontano da me, e il mio cuore piange.
Improvvisamente mi ritrovo con il libro schiacciato in faccia, contro i miei occhiali rotti e il mio viso dolorante.
Senza rendermene conto sono sdraiato sull'erba, vedo affianco a me un pallone, che credo mi abbia colpito in piena faccia.
Se becco l'idiota che mi ha fatto questo lo uccido!
"Professore sta bene?" Chiede una voce sopra di me.
"Ancora tu?!" Urlo quando realizzo di chi è quella voce.
Non ci posso credere, quell'irritante ragazzino è sopra di me, dovevo immaginarlo, chi altro poteva essere?
Sto per urlargli contro quando mi accorgo che è a torso nudo, quasi appoggiato sopra di me. I suoi occhi verdi sono in contrasto con l'azzurro del cielo, mentre mi guarda con l'espressione preoccupata.
"Dannato ragazzino! Non potevi stare più attento?" Sbraito.
"Mi dispiace! Sul serio io... Stavamo giocando, ho fato un tiro sbagliato e... Ma sta bene?" Mi chiede prendendo in mano i miei occhiali venati.
"Ti pare che io stia bene?" urlo. Fa un male atroce, ho tutto il viso dolorante, tanto che delle piccole lacrime mi bagnano gli occhi.
"Mi dispiace! Dannazione non volevo farle male, vuole che l'accompagni in infermeria?" Mi chiede preoccupato.
"Ci vado da solo grazie! Hai già fatto abbastanza per me oggi!"
"Ok..." Sussurra tristemente lui.
"Forse dovresti alzarti..." Gli dico scocciato.
"Ah, si si!" Mormora imbarazzato.
Si alza, mettendosi a sedere vicino a me e prendendo in mano il mio libro.
"Certo che se lei non fosse sempre con il naso nei libri avrebbe visto la palla arrivare!" Dice sfogliando le pagine. Mi ha di nuovo perso il segno.
"Adesso sarebbe colpa mia? Ma è il colmo!" Non posso credere che stia davvero incolpando me.
"Non ho detto questo... Solo è una bella giornata, che diavolo c'è di così interessante in questo coso?" Chiede confuso.
Coso. Ha appena definito uno dei capolavori della letteratura Coso.
"Ma giacché sei vivo, ebbene: vivi! Domani morirai, come potevo morire io, un'ora fa. Vale la pena di tormentarsi, quando non si vive che un istante, in confronto all'eternità? E' una citazione di quel coso!"
Mi alzo a sedere seccato, scuotendo la testa con rassegnazione. Forse avrei dovuto ascoltare Meg.
"Wow. Che bella frase! E' molto profonda!" Risponde lui sorridendo.
Aspetta, gli è piaciuta?
"Vedi? Forse dovresti leggere più spesso!" Dico io massaggiandomi la testa.
"Questo mattone? Mai!" Afferma disinvolto.
Lo sapevo, non so come ho fatto a pensare che...
"Ma potrebbe leggerlo lei per me, e poi dirmi altre frasi come questa!"
Lo guardo confuso, è davvero interessato o mi sta prendendo il giro?
"E perchè mai dovrei fare una cosa simile?"
"E perchè non dovrebbe?" Dice passandomi il libro con un gran sorriso.
C'è qualcosa che non và, forse la botta era più forte di quanto pensassi, ma inizia quasi a sembrarmi un ragazzo simpatico.
Lo studio per un momento, sembra sincero.
"Uhm, vedremo!" Rispondo confuso.
Inizio ad alzarmi quando un giramento di testa mi fa inciampare, proprio addosso a lui, che ha prontamente allungato le braccia verso di me.
"Vede che non sta bene? Forza la accompagno all'infermeria, prima che vada a sbattere contro un albero o roba simile!"
"Non c'è nè bisogno, sto benissimo!" Mi stacco da lui, afferro il mio libro e gli occhiali e mi giro, diretto all'infermeria. Cosa che ovviamente a lui non dirò.
"Ma... Grazie!" Non so perchè ma sto sorridendo.
Lui ricambia il sorriso.
Lo sguardo mi cade sul suo petto nudo, gli addominali scolpiti, le goccioline di sudore che ricadono sul suo petto abbronzato e liscio.
Ok, devo proprio andarmene.
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La testa non mi fa più male, ma cammino come un ubriaco, visto che senza occhiali sono ceco come una talpa. Una talpa ubriaca.
Le lezioni sono andate bene, fortunatamente oggi non avevo lezione con l'irritante ragazzino, quindi sono riuscito a concentrarmi sulla mia lezione.
Il problema è il rientro a casa, piove, e andare a prendere la bici in queste condizioni era improponibile. Voglio dire, ci ho anche provato ad andare a prenderla, ma mi sono perso due volte, e alla fine ho lasciato perdere, tanto mi bagnerò lo stesso.
Cammino sul marciapiede tenendomi ben lontano dalle macchine, non vedo l'ora di arrivare a casa a cambiarmi.
C'è il clacson di una macchina che continua a suonare, vorrei sapere cosa vuole.
Manca ancora mezzora prima che arrivi a casa, se solo non piovesse e avessi i miei occhiali avrei potuto leggere e invece...
Ancora quel clacson! Ma cosa vuole da me? Sto camminando dal lato giusto della strada dopotutto.
Faccio ancora qualche passo e di nuovo i miei pensieri vengono interrotti da quell'irritante suono. Irritante.
Oh no, non è possibile, tutti ma non lui. Giro leggermente la testa per confermare i miei timori ed eccolo li, lo sapevo.
"Prof allora ma è sordo oltre che cieco?" Mi dice abbassando il finestrino della sua macchina.
"Punto primo non sono cieco, e punto secondo come potevo immaginare che fossi tu?" Sbottò fermandomi davanti a lui.
"Credevo fosse lei quello con tanta immaginazione!" Risponde ridendo lui.
"Vero, ma non avrei immaginato di avere tanta sfortuna in un solo giorno!" Dico incrociando le braccia.
"Ma che antipatico! E io che volevo offrirle un passaggio!"
"Non si sale nelle macchine degli sconosciuti, non te l'ha insegnato tua madre?"
Improvvisamente il suo sorriso svanisce, abbassa la testa, immerso nei suoi pensieri.
Non capisco che succede, perchè non controbatte qualcosa di stupido? L'ho offeso forse?
Sto per dire qualcosa quando lentamente alza la testa, fa un profondo respiro e dice:
"Ma io non sono uno sconosciuto, perciò per favore salga in macchina!" Sorride, ma è un sorriso diverso, come se nascondesse la sua tristezza.
E ha anche detto per favore, qualcosa decisamente non torna, è come se ci fosse un altro ragazzo in quella macchina.
Lo guardo dritto negli occhi, quegli occhi verdi come l'erba.
Apro lo sportello della macchina, e con mia grande confusione, salgo.
Mi aspettavo una macchina piena di sacchetti di patatine, magari qualche adesivo di gruppi rock o foto di belle ragazze. Invece è pulita, ordinata, profumata.
"E' la tua macchina?" Chiedo incuriosito.
Ci mette un po' a rispondere, come se dovesse pensare alla risposta corretta.
"Era di mio padre, ora è mia." Dice lui con voce seria.
"Era?" Chiedo io.
"Era." Risponde lui.
Sospiro, forse nasconde più di quello che lascia vedere. Forse è più di quello che vuole fare vedere.
"Capisco. E' molto bella!" Dico con un sorriso, che spero faccia tornare il suo.
"Allora dove abita?" Chiede, la sua voce è più rilassata.
"In quel palazzo rosso vicino al supermercato!"
"Afferrato prof!" Dice accendendo lo stereo.
Parte Carry on dei Kansas.
"Non sei un po' giovane per conoscere questa musica?"
"Non è un po' giovane per fare queste domande da vecchio nostalgico?"
Stupido irritante ragazzino.
Guardo la pioggia che scorre leggera sui finestrini, immerso nella canzone. Inizio a canticchiarla senza accorgermene, come sempre mi lascio coinvolgere troppo.
Dopo un po' sento la sua voce unirsi alla mia, per un attimo mi interrompo, lo guardo, lui mi guarda.
Appoggio la testa al sedile e ricomincio a cantare, sentendomi leggero come la pioggia che cade sui vetri appannati.
Il mio palazzo rosso appare davanti a noi. La macchina si ferma.
"Allora grazie del passaggio..." Dico io slacciandomi la cintura.
"Allora sono 80 dollari per il passaggio!" Dice lui ridendo.
"Molto divertente, a domani!" Faccio per aprire la porta quando lui mi ferma.
"Ma come tutto qui? Di solito quando accompagno le ragazze a casa mi ringraziano in un altro modo!" Dice facendomi l'occhiolino.
"Ti sembra forse che io indossi una gonna e un top scollato?" Rispondo seccato.
Lui scoppia a ridere.
"Tuttavia hai ragione, dovrò pur ringraziarti in qualche modo!"
La sua risata si ferma e mi guarda serio.
Apro la borsa, estraggo un piccolo pacchetto rosa e glielo lancio.
Lui ride di nuovo. La sua stupida risata è contagiosa e sorrido anche io.
"E' davvero un professore noioso lo sa?" Dice scartando le caramelle e cacciandosene una in bocca.
"Sei davvero un ragazzino irritante lo sai?" Rispondo aprendo la portiera e dirigendomi verso il palazzo rosso di fronte a me.
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Teach me.
FanfictionCastiel dopo la fine della sua relazione con Meg si trasferisce alla Texas Tech University ad insegnare lettere, li incontra Dean Winchester, studente intelligente ma ribelle. Tra di loro nasce subito uno strano rapporto, a Dean interessa solo il se...