My boys.

417 26 4
                                    

My boys.


(Dean POV)
La giornata a casa dei Novak non è stata poi così traumatizzante, almeno per me perchè quella polpetta di Jack era stata rapita dalla sorella così io dal padre di Cas, mostrandomi la collezione di auto d'epoca che aveva.
In realtà ero un pò a disagio nel pensare che tutta quella lussuria era della famiglia del mio fidanzato e che io abitavo in una catapecchia che si manteneva appena!
Comunque ho mostrato al padre la mia Impala e raccontai che era di mio padre, ma non dilungandomi sulla storia, ne fu contento e disse che avevo buon gusto e che sperava che il mio sogno di avere la mia officina si realizzasse, poi mi diede una pacca sulla spalla e sorrisi. In fondo fu una bella giornata e nel pomeriggio dovetti andar via perché la sera avevo una corsa sul tardi e dovevo riposare.
Ovviamente bastava dire "lavoro" e Castiel sbiancava neanche avesse visto un fantasma! Salutai Jack abbracciandolo forte e facendolo volare uno o due volte e quel batuffolo urlava come un pazzo, poi gli dissi che sarei andavo a lavoro e quello mise una mano sulla mia bocca, come per dire "zitto e stai con me!".
Sorrisi a quel gesto.
Ora ero a casa di Castiel da solo, mentre lui faceva la spesa dal supermercato vicino, e avevo lasciato il piccolo su un materassino fine che Jody mi aveva rifilato perchè "ora gattona, deve stare sul morbido", fosse facile, perchè Jack più lo mettevi sul materassino e più gattona sul pavimento. Io lo guardavo seduto sul divano, proprio affianco a lui, e finalmente iniziavo a cancellare tutti i numeri di telefono delle mie conquiste, ne avevo davvero troppi e non sapevo se essere orgoglioso o no. Nella lista avevo anche David, mi veniva il nervoso anche solo a guardare quel nome, poi più giù Robert: Con lui ebbi una storia simile a quella con Cas, prima sesso e poi...
Poi l'ho mollato.
Ripresi a cancellare, ma un urlo che mi gelò il sangue, mi fece alzare gli occhi dal telefono e sobbalzare in piedi: vidi Oscar scappare per la paura e Jack vicino ai giochi con la mano imbrattata di sangue, sentì il mondo fermarsi e diventare tutto troppo lento e silenzioso, sentì le gambe tremare e di colpo quelle urla a squarciagola. Presi Jack, quasi con violenza, e gli misi la manina sotto al getto dell'acqua fredda, ma sembrava lo spaventasse ancora di più. Dovetti trattenere tutto me stesso per non piangere con lui, strofinare quei graffi per disinfettare e non entrare in panico, poi presi la valigetta del pronto soccorso, svuotandolo sul tavolo, e passai il pennellino del cicatrizzante abbondantemente sulla mano. Non facile con lui che si dimenava in preda al pianto così forte da far male alle orecchie.
Smise di sanguinare un secondo dopo, ma Jack non si calmava, allora lo posai sulla spalla con il suo teddy vicino al suo braccio per dargli sicurezza, iniziai a parlargli e a cantargli qualcosa per rassicurarlo: sembrava funzionare.
"Sh... Va tutto bene... Non immagini quante volte papà l'ha fatto con il whisky e fa molto più male!" sussurrai. Sentivo le sue lacrime scendere e bagnate la mia maglietta.
"Non piangere, quando andremo a fare le corse insieme ci saranno miliardi di queste occasioni, ma hai il migliore con te! Saprai tutti i miei trucchi!"
Vidi Cas lasciare tutto sul divano e venirmi vicino, chiedermi cosa fosse successo, ma non volevo parlare con lui, ne di quello che era successo. Calmai Jack e gli asciugai gli occhi con un fazzoletto, tenendolo sulle mie gambe con qualche costruzione per distrarlo. Gli raccontai tutto e abbiamo litigato perchè io dovevo star più attento, come se fosse colpa mia che il suo gatto fosse così violento alcune volte, comunque lasciai Jack tra le sue braccia e decisi di cucinare. Forse era meglio distrarmi così.
-------------
Era passata una settimana da quando successe quel che successe e io ancora non avevo ancora superato il fatto che quel gatto ci avesse fatto litigare. In quei giorni avevo passato molto tempo per sistemare meglio la Munstang, piccolezze che potevo far in qualsiasi momento, ma comunque da fare... Pur di non pensare alla ferita della mano di Jack. Quel giorno sarebbero venuti a mangiare da Jody e lei aveva organizzato tutto: ci trovammo a casa sua alle 8 e Sam diede da mangiare al suo nipotino ricevendo il fango in faccia o la mano nel piatto e sporcare tutto. Lo avevo visto addormentarlo, impacciato come lo ero io, e mi si sciolse il cuore... Il mio Sammy mi pareva un uomo con quel bimbo in braccio e non il fagottino che stringevo nell'Inferno del fuoco della nostra casa. "Ascolta, domani abbiamo Jack?" chiesi, mentre portavo la coca cola in tavola. Lo vidi annuire.
"Allora prepara due borsoni che stiamo via per 2-3 giorni!"
"Dove?" sussurrò stringendo gli occhi a fessura e appena provò a dare una mano, Jody gli tolse tutto e lo fece sedere.
"Sorpresa!" sorrisi, guardandolo negli occhi. Avrei voluto baciarlo, ma... Ehm... Troppa gente a fissarci!
-------
Tra bagagli, saluti e lacrime che neanche stessimo andando in guerra, arrivammo a Kansas City alle 11 di mattina, anche perchè decisi di sostare in un motel per poter far dormire i miei uomini in un posto più comodo del seggiolone e dei posti dietro.
Avevo guidato tutta la notte a parte quelle 3-4 ore fino all'alba, comunque prenotai nello stesso B&B che avevo visitato l'altra volta, vestì Jack con il migliore dei suoi completi e Cas mi guardò sempre più interrogativo su quel che avevo in mente. Lo baciai per rassicurarlo, gli presi la mano e proseguimmo la strada fino a trovare la scritta Elmwood: ricordavo perfettamente tutto, come potevo dimenticare loro? Entrai e Cas mi strinse la mano, forse capendo quel che stavo facendo, Jack fece un versetto e io cercai di rimaner distante da quella tristezza intorno a me.
Camminai con il mio sguardo da duro, la mano a tenere Jack e l'altra a stringere Cas, lo guardai sorridermi triste e quando arrivammo in silenzio a quell'albero, lasciai Jack nel prato che gattonò fino alla statua dell'angelo.
"Ciao mamma, ciao papà. Lui è Castiel, il mio ragazzo, e lui Jack, nostro figlio!" dissi sorridendo. Jack urlò e posò la mano sulla foto sorridente di mamma, come se volesse salutarla.  

Teach me.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora