Mary and John Winchester.
(Dean POV)
Le cinque di mattina e la sveglia continuava a suonare come un martello nelle mie tempie, spinsi il bottone sopra quella scatolina e quasi mi venne la tentazione di dormire per altre 3 ore prima di dovermi svegliare per il college, peccato però che il B&B che avevo prenotato non accettava scuse come "non volevo svegliarmi alle 5 di mattina per fare un viaggio di quasi 10 ore.".
Avevo sistemato tutto su una sedia la sera prima e dovetti solo muovere i miei arti e mettere una felpa con i Nirvana e dei jeans strappati comprati qualche settimana prima, poi un cappello grigio. Controllai che nel vecchio zaino di Sam ci fosse tutto: due cambi di vestiti, il mio Lumia, le cuffie, varie cassette dei miei gruppi preferiti, merendine per il viaggio e il borsellino con soldi e documenti. Durante la notte però, si erano aggiunti 20 dollari e un biglietto con scritto di far attenzione. Zio non si smentisce mai, dietro quel ritratto burbero c'è un cuore d'oro.
Presi le chiavi dell'impala e prima di uscire ispirai profondamente, non avevo mai fatto un viaggio così lungo ne di questo genere e la cosa mi innervosiva molto. Avrei cercato di fare 10 ore filate senza dover pensare a cosa mi aspetta, eppure l'unica mia preoccupazione era di dovermi pentire di tutto questo, di dover tornare a casa senza risposte su quello che cercavo, ed era ovvio che quel luogo non potesse parlarmi, che mamma e papà non avessero lasciato nulla per me e Sam, ma qualcosa mi diceva di dover andare ed affrontare qualcosa che per anni non volevo vedere, ne ero ormai convinto.
In queste 3 settimane ho lavorato tutte le notti, sono andato ad ogni sorta di invito mi avessero inviato e dormito un paio di ore durante le lezioni, perfino Kevin era preoccupato per me, soprattutto quando mi ritrovò con i lividi sulle mani e sulla pancia dopo aver giocato a basket in educazione fisica ed aver fatto la doccia con gli altri compagni di classe, non seppi che rispondergli e sinceramente non sapevo neanche come fare a spiegargli la mia situazione: mi avevano pestato, ero tornato a casa quasi strisciando e benedì il cielo che zio Bobby non si accorse di nulla. Appena mi stesi sul letto, iniziai a pensare ad una possibile scusa arrivando alla conclusione che scivolare nella vasca da bagno era abbastanza plausibile, lui ci avrebbe sicuramente creduto e difatti mi fece andare dal medico prescrivendomi una pomata da mettere mattina e sera dopo la doccia. Ora erano quasi guarite.
Ma tutti questi giorni non potevano finire così facilmente, i giorni in cui non tornavo a casa malconcio dovevo gestirmeli a suon di libri e compiti, perché come facevo a capire le cose se non studiando? Dovevo per forza leggere, le dormite non aiutavano certo ad assimilare le notizie giuste.
Sam mi chiedeva spiegazioni quando eravamo da soli, pensava mi drogassi di cose pesanti e io ridevo perché la mia massima droga erano le sigarette. Tra l'altro non sapeva neanche dove stessi andando, pensava fossi in viaggio per qualche concerto, perché se avesse saputo dei nostri genitori, sarebbe voluto venire con me e non avrei accettato che mi vedesse piangere di nuovo. Lui non ricordava certamente, aveva pochi mesi, ma io ricordavo ogni cosa di quel funerale, sono cose che a un bambino di 5 anni rimangono impresse.
Iniziai a percorrere la strada per Kansas City con Carry On a tutto volume, era la mia preferita e mi aiutava a gestire tutti i miei sentimenti su questa mia decisione, sul cruscotto avevo il libro di mamma e ogni tanto ci buttavo un occhiata quasi potesse scomparire di colpo, mentre fuori il sole iniziava a spuntare con i raggi arancioni e rossi.
---
Appena arrivato nel B&B arrivai alla conclusione di non poter reggere 10 ore di viaggio in due giorni, tecnicamente mi sarei dovuto partire alle 10 di quella stessa sera per arrivare in orario per il college l'indomani e non era facile gestire il sonno e quello che volevo fare. Prima di tutto sistemai le mie cose nella camera che avevo prenotato, era piuttosto normale e semplice: un letto, un comodino, la tv e un bagno con asciugamani celesti e balsamo al cocco. Dopo di che mi stesi sul letto, avrei pensato domani alle due multe per eccesso di velocità e al dolore della pancia che avevo per aver mangiato solo una ciambella al cioccolato.
---
Le strade di quella città erano enormi e tutto sembrava così nuovo e vivace, le case erano colorate di bianco, giallo e dei più strani e vivaci colori presenti sul mercato e le insegne erano semplici e grandi che potevi vederle da chilometri di distanza, soprattutto quelle dei bar e pub. Alcune vie erano del tutto semplici e campagnole se così si poteva dire, mentre altre caotiche, con grandi grattaceli e persone di mezza età che correvano da un punto all'altro parlando al cellulare o tenendo stretta la loro valigetta. Nelle rientranze tra un edificio e l'altro invece c'erano dei piccoli campi da basket che avevo visto solo in alcune puntate di Willy il principe di Belair.
"Mi scusi" chiesi gentilmente, entrando in una tabaccheria. "Mi dia un pacchetto di Marlboro rosse, per favore."
Mi guardai intorno e presi anche una mappa che avevo visto affianco all'espositore delle caramelle, sorrisi nel guardarlo e mi resi subito conto di ricordare quella volta in cui Castiel mi butto quel pacchetto sulle gambe dicendomi che quello era il suo ringraziamento.
"Sapreste dirmi la strada per il cimitero di Elmwood?"
Il signore gentilmente segnò la strada con una penna rossa e dopo qualche minuto mi sentì un idiota a far quella domanda, praticamente lo tenevo a due isolati dal mio B&B. Pagai tutto quello che avevo comprato e feci la strada inversa per tornare al punto di partenza, una volta lì mi accesi una sigaretta e presi il cellulare componendo il numero di telefono di zio Bobby. Suonò.
Non sapevo cosa avesse visto, ma sembrava alquanto preoccupato per me, mi fece mille domande chiedendomi come stavo, cosa stavo facendo, se avessi mangiato o se avessi avuto problemi durante il viaggio, poi alla fine mi disse che in quel momento in Kansas avevano fatto una rapina in un supermarket e che erano morti due ragazzi della mia età, i quali non avevano documenti appresso e quindi irriconoscibili. Subito dopo mi passò Sam.
"Sam, non hai niente da dirmi vero?" chiesi curioso dopo un po' di chiacchere sulla scuola, intanto tiravo alla mia sigaretta, tenendo d'occhio la mappa e camminando verso il cimitero in cui giacevano i miei genitori.
"No, che dovrei dirti?" fece lui. Il suo tono della voce era strano, quasi impaurito da quella domanda.
"Oh, niente. Tutto apposto con Jessica?"
"C-certo... Ora devo scappare a studiare. Ci sentiamo domani. Ciao!" disse frettolosamente.
Lo salutai anche io e chiusi la chiamata, scossi il capo sorridendo: il mio piccolo Sammy alle prese con una G che lo manda in panico e che non riesce a gestire.
Dopo più di un minuto alzai lo sguardo ad una siepe recintata in nero e i miei occhi caddero su una targa con la scritta del cimitero che cercavo, spensi la sigaretta e sbuffai fuori il fumo. Non volevo farmi vedere piangere, perché certamente lo avrei fatto, quindi mi misi i miei occhiali da sole e percorsi il sentiero che portava per le varie locazioni. Tutto era come ricordavo: gli alberi color rosso tramonto a causa dell'autunno e che l'inverno lentamente cacciava via lasciandoli spogli, la gente che piangeva, le anziane che tremanti si inginocchiavano sulle tombe dei mariti e viceversa, le madri su piccole tombe ritraenti angeli bambini...
Dovetti fermarmi di colpo e asciugare le lacrime, quei flash mi stavano uccidendo l'anima...
Zio Bobby mi teneva per mano e camminavo a stenti tenendo il suo passo, non capivo bene perché non mi parlasse, ma piangeva tanto da singhiozzare. Stringeva la mia manina e la accarezzava con il pollice, poi una volta arrivati alla tomba di mamma e papà si inginocchio e mi strinse a me con un braccio, mi diceva che andava tutto bene e che saremmo stati bene un giorno, che loro erano in un posto migliore e che era dispiaciuto che Sam non li avrebbe mai conosciuti. Rivolse a me domande che un bambino piccolo non sapeva come rispondere e ora che sono più grande, ora che ho 25 anni, non riesco ancora a trovare una risposta.
Ripresi a camminare, fino ad un albero ormai spoglio e quell'orrore un po' più in lato.
Era un angelo piangente sulla lapide, ricoperto di muschio e piante rampicanti, tutto sembrava abbandonato e trasmetteva ancora più tristezza e di getto mi venne l'istinto di pulire ogni cosa. Iniziai a strappare le piante rampicanti, anche se le spine mi pungevano la pelle lasciandola sanguinare e gli occhi non riuscivano più a vedere cosa stessero strappando, subito dopo inizio a scrostare il muschio dai nomi dei miei genitori.
Winchester.
Mary & John.
Genitori, amici e fratelli.
"Ciao mamma, ciao papà" feci sobbalzando dai singhiozzi. Mi inginocchiai e accarezzai le lettere con la punta delle dita. "Scusatemi se non sono più venuto e solo che... In questi anni... Non so da dove iniziare."
Assurdo come possa crollare la mia intera corazza, ci ho messo anni a perfezionarla e ora sto singhiozzando.
"Mi mancate e ho bisogno di voi, ora più che mai... Papà, mi chiedo seriamente come ti sei sentito quando hai conosciuto mamma, come gli hai parlato, come gli sei andavo vicino e l'hai baciata. Mi chiedo come si ama. Papà ho passato la vita ha cercare la persona giusta, ma mi sembra tutto così inutile."
Strinsi i pugni e le gocce iniziarono a cadere come fosse acqua in un fiume.
"Ha detto che gli piacciono i tuoi libri... Mamma, vorrei che tu fossi qui per consigliarmi qualche libro, per iniziare a mettere la testa a posto, uscire dal giro e farmi una famiglia. Vorrei che tu mi abbracciassi come quando da piccolo vedevo i mostri nell'armadio e poi papà mi diceva che c'erano cose ben peggiori. Vorrei che tu fossi qui, ora... Mi mancate... Vorrei solo potervi dire quanto vi voglio bene..."
Mi sedetti a terra con le gambe incrociate, di fronte a quella lapide e tolsi gli occhiali, singhiozzavo così forte che mi veniva da vomitare e le lenti degli occhiali diventavano opache. Li posai sulle mie gambe e cercai di dire qualcosa, di calmarmi o di far qualcosa, ma tutto era inutile.
L'unica cosa che mi passava per la mente era Castiel.
Presi il cellulare e arrivai alla sua chat su whats app:
-Ho detto a papà che ti piacciono i suoi gusti letterali.
STAI LEGGENDO
Teach me.
FanfictionCastiel dopo la fine della sua relazione con Meg si trasferisce alla Texas Tech University ad insegnare lettere, li incontra Dean Winchester, studente intelligente ma ribelle. Tra di loro nasce subito uno strano rapporto, a Dean interessa solo il se...