DNA.

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DNA.


(Dean POV)
Ero tornato a casa stanco più del solito e il giorno prima non avevo neanche lavorato, forse stavo recuperando il sonno perduto delle notti precedenti o forse la primavera mi stava dicendo di mollare tutto e andare in letargo, un letargo alternativo siccome di solito si va d'inverno nel sonno profondo. Comunque lasciai la tracolla sulla sedia, affianco alla mia chitarra, quella che mi faceva sempre sorridere per colpa di Castiel: Ormai ascoltare Sweet Home Alabama non era più lo stesso.
Mangiai qualcosa, mi stesi sul letto e presi Il Fu Mattia Pascal di Pirandello, il mio scrittore preferito, era così vero e nelle sue novelle descriveva il mondo e le maschere sociali in un maniera assolutamente magnifica. Voglio dire, tutti portiamo una maschera, anche se non ce ne accorgiamo, e io ne sono l'esempio vivente.
Rilessi quelle righe in continuazione e ripensai a come Castiel mi aveva cambiato la vita, mi aveva reso un uomo migliore ed ora ci pensavo due volte prima di far qualcosa. Mi aveva fatto capire cosa significasse stare seriamente con qualcuno, a come ti logora e come ti riempie, di come sia pericolosa la nostra relazione. Pensare poi che io all'inizio volevo solo scoparmelo mi faceva ridere.
Ieri pomeriggio mi scrisse un messaggio, sembravamo una coppietta di ragazzini per le cose che ci dicevamo, ma non riuscivo a smettere di sorridere e Jody mi guardava felice, dopo tanti giorni di preoccupazione, tanto che sospirò un "Ah, Castiel ha fatto miracoli con Dean" in presenza di Sam e mi partì un colpo. Fortuna che anche lui era alle prese con dei messaggi e non ci dava retta.
Presi il cellulare:
-"Hai mai pensato di andare via e non tornare mai più? Scappare e far perdere ogni tua traccia, per andare in un posto lontano e ricominciare a vivere, vivere una vita nuova, solo tua, vivere davvero? Ci hai mai pensato?" ... Ti porterò lontano, un giorno, con la mia bimba.
Rispose dopo qualche minuto:
-Sei proprio Romeo quando scrivi queste cose! IL MIO.
Guardai quel messaggio e sorrisi, poi chiusi tutto e mi aggomitolai per dormire. Uno di questi giorni doveva venire a dormire da me, ho bisogno del suo profumo tra le lenzuola.
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Mi alzai dopo un paio di ore e iniziai a studiare le materie con cui ero dietro, pian piano stavo ritornando alla mia vita, un pò diversa dal solito siccome mi ritrovavo le robe che puzzavano di latte e un padre come fidanzato. Ripresi con i miei massimi voti, tranne con chimica, e con Abaddon che praticamente mi odiava per il mio carattere: ogni volta che entrava in aula sbottavo un "friendzone" tra la tosse e Kevin ed altri intorno a me ridevano, poi Cas mi sgridava in un messaggio o in privato, ma ne valeva la pena.
Dopo qualche ora vibrò il cellulare, Cas mi stava chiamando, avevo appena finito di fare un riassunto sul libro della sua materia!
"Giulietta!"
-Ho i risultati da due ore più o meno
La sua voce sembrava tremare tra una parola e l'altra e io avevo paura che la causa fosse qualcosa di positivo, chiusi il libro e cercai di calmarmi perchè ora il mio cuore stava esplodendo letteralmente. Ci son stati minuti di silenzio, lo sentivo singhiozzare e io non sapevo cosa dire, misi i libri sulla scrivania e tirai un respiro profondo.
"Dimmi cosa dice" sussurrai piano, iniziai a camminare avanti e indietro. Mi accorsi come fosse assurda quella situazione, assomigliava a quella volta in cui Lisa aveva fatto il test di gravidanza perché aveva dei ritardi ed io ero quasi svenuto nell'attesa.
-Non l'ho aperta. Non... Vieni Dean, ti prego!
Gli dissi di star arrivando, quando già avevo le chiavi della piccola in mano, salutai velocemente e misi in moto, avrei quasi preso mia figlia pur dir arrivare presto. Arrivai da lui 10 minuti dopo e tremavo come un pazzo: se fosse stato suo, io avrei dovuto accettarlo e fare il giusto patrigno. Non mi son mai visto come padre e non volevo. Potevo essere al massimo il suo amico, il suo giovane zio, quello simpatico che gli insegnava le brutte abitudini. Non sarei mai stato abbastanza responsabile per Jack. D'altronde, però, se non fosse stato suo questo sarebbe stato solo un brutto sogno.
Bussai e lui aprì subito, sembrava mi aspettasse alla porta, presi la busta gialla che aveva tra le mani senza dir nulla e camminai verso la cucina. Cacciai dei fogli cercando di sembrare calmo e concentrato sulle parole, ma ogni cosa che leggevo erano delle coltellate.
Girai pagina e vidi Castiel sedersi e mettersi una mano sugli occhi, piangeva senza tregua, così mi avrebbe fatto crollare anche a me, comunque iniziai a leggere:
Le analisi svolte al Grace Medical Center di Lubbock da parte del signor Novak Castiel per la verificazione del rapporto paterno con il secondo campione di DNA sono andate a buon fine. Qui riportiamo la tabella...
Girai pagina e ancora una volta non sentì il cuore battere, poi continuai a leggere ad alta voce.
"I campioni di DNA da Lei portati hanno il risultato..." lasciai cadere i fogli e scoppiai in una sonora risata. Castiel mi guardò e si alzò cercando di capire cosa fosse successo, prese i fogli girando compulsivamente, ma senza capire. "Negativi! Sono negativi e tu non sei il padre!"
Castiel mi venne vicino e mi baciò sorridendo e abbracciandomi, un gran peso dalle nostre spalle era scivolato come acqua nel lago, ed ora rimanevano solo noi, così tesi e vogliosi di tornare quelli di prima.
Durante questi giorni ci eravamo trascurati, a stenti ci baciavamo e quando c'era il bambino non riuscivo neanche a guardarlo in faccia. Sapevo quanto quel comportamento fosse stato infantile e sapevo come faceva male a lui, eppure appena incrociavo per sbaglio i suoi occhi una lama ghiacciata mi attraversava il petto e qualcuno, forse un pensiero nel profondo della mia mente, mi sussurrava che Jack era nato da loro due, perchè ai tempi si amavano, ma ora, dio, ora avevo solo voglia di baciarlo e dirgli che era mio.
Gli presi i fianchi e lo portai contro il muro, come la nostra prima volta iniziai a baciarlo sul collo e sulle labbra, succhiando la sua pelle, mentre lui mi stringeva e sussurrava di amarmi, di volermi ogni giorno della sua vita.
Mi prese per il polso e mi trascinò in camera da letto, quando si buttò sul letto e mi trascinò con lui starnutì e vidi Oscar soffiare infastidito e andarsene nell'altra stanza, era come se dicesse "voi due scopate sempre quando io dormo!" e questo fece ridere entrambi e starnutire me di nuovo.
Ripresi a baciarlo di nuovo, portando la sua mano tra le sue gambe e muovendola in continuazione. Dio, mi stavo eccitando solo a sentirlo ansimare, gli tolsi la maglia e cominciai a baciarlo, scendendo sempre più in basso fino ai suoi adorati fianchi dove lasciai qualche succhiotto e morso. Gemeva come un pazzo quando ci passavo la punta della lingua e gli baciavo le costole. Iniziai a stuzzicargli i capezzoli, prima con le mani e poi le labbra, mentre accarezzavo e graffiavo la sua schiena.
"Dean!" chiamò e si alzò a sedere. Lo guardai accigliato, ma lui sorrideva e non sembrava per niente preoccupato di qualcosa. Mi avvicinò a lui tirandomi con due dita dai pantaloni, poi mentre mi guardava e si mordeva le labbra, iniziò a spogliarmi completamente, lasciandomi nudo di fronte a lui. Si stese di nuovo e mi guardò per qualche secondo, devo confessare che lasciarmi guardare da lui mi eccitava parecchio. "Ti voglio dentro..." sussurrò poi.
"Sbaglio o ero io quello che diceva volgarità al cinema?" sorrisi gettando i suoi pantaloni e i boxer ai piedi del letto.
Lo preparai velocemente, mentre lo baciavo e lui continuava a chiamarmi in modo osceno, non pensavo che questo rendeva così vulnerabile il mio caro professore. Gli entrai dentro appena inarcò la schiena e mi venne incontro gemendo, poi iniziai a muovermi, piano, fissando ogni sua reazione.
Non capivo perchè lui mi faceva sentire così strano, è solo che ogni volta che lo guardavo mi sentivo nel posto giusto e al momento giusto e questo non succedeva con nessuno. Mi faceva sentire utile, come se tutto quello che facessi andava bene, poteva realizzarsi, e dannazione avrei realizzato tutto per lui: i miei sogni, noi due lontano dai problemi. Volevo baciarlo per strada e portarlo al parco, litigare per colpa di Oscar, ridere di quando ci stuzzicavamo in aula e stare alla TV a guardare film fino all'alba, che poi lui si addormentava sempre presto con gli occhiali, una penna tra le mani e il foglio.
Strinsi la sua mano, mentre l'altra con i polpastrelli premeva la schiena e scendeva a incitarmi ad andargli dentro. Sfiorai le sue labbra senza baciarlo e chiusi gli occhi: sentivo il suo fiato ansimare, la sua voce, i suoi occhi guardarmi dolcemente e chiudersi appena spingevo dentro di lui.
Strinsi il lenzuolo al fianco del suo viso, gemendo senza un minimo di dignità.
"Cas, io ti-" sussurrai sulle sue labbra. Iniziai a baciarlo in continuazione, mi sentivo al limite, ma volevo che godesse ancora e che sentisse quanto lo amassi.
Lui aveva aperto di colpo gli occhi a quelle parole, ma venne distratto dai miei baci. Arrivammo all'apice del piacere insieme e dopo averlo baciato sorridendo e accarezzandogli il volto con il pollice, mi spostai.
Avvicinai un cuscino ad entrambi, ma lui preferì la mia spalla.
"Cosa mi stavi dicendo?" sussurrò, intrecciando la mano nella mia.
"Quando?" feci indifferente. Sapevo bene a che si riferisse, ma sarebbe stato sforzato dirglielo ora, non vero, e io volevo dirglielo al momento giusto. Quando saremmo stati davvero bene.
"Sei un idiota" fece dolcemente. "Comunque dobbiamo parlare di Jack, Romeo."    

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